Lessico

sf. [sec. XVI; latino volg. lampăda, che risale al greco lampás-ádos, da lámpō, splendere].

1) Sorgente luminosa artificiale alimentata da corrente elettrica o, per usi particolari o in assenza di questa, da combustibili solidi, liquidi, gassosi. Per estensione, l'apparecchio in cui è inserito tale strumento di illuminazione: lampada a gas, a petrolio; lampada elettrica; lampada da tavolo;lampada (o lampadina) tascabile, complesso portatile costituito da una piccola lampada a incandescenza, un astuccio con interruttore a mano e una pila contenuta nell'astuccio.

2) In particolare, lume a olio o anche elettrico, per lo più pensile, che si tiene acceso davanti a un altare, a un'immagine sacra, su una tomba, ecc.

3) Per estensione, non comune, apparecchio di riscaldamento mediante combustione: lampada a benzina, a spirito.

Cenni storici

Il tipo più antico di lampada, a semplice coppa o scodella fittile aperta, fu quello a combustibile grasso liquido, ossia la lucerna, di cui si trovano testimonianze già presso remote civiltà. Nata probabilmente in Egitto, presente in Palestina già nel sec. XV a. C., fu poi ampiamente diffusa nel Mediterraneo da Fenici e Greci (nella civiltà cretese-micenea e in Grecia non mancarono esempi di lampada su piede) con variazioni nella forma del bacino e del beccuccio, come pure nel materiale impiegato (oltre alla terracotta, il bronzo, il rame e l'ottone). In età ellenistica comparvero le lucerne chiuse con motivi a rilievo sulla spalla ingrandita. Decorate e di varie forme erano le lampade romane; oltre alle più comuni, di tipo chiuso con figurazioni nel tondello superiore, e a quelle col nome del fabbricante (le cosiddette Firmalampen), numerose erano quelle a forma di navicella, di animali, di coppa sostenuta da una colonnina che si prolunga in alto terminando in un anello da infilare in un gancio di sostegno. Molti esemplari di lampade fittili decorate con motivi simbolici o biblici sono stati rinvenuti nelle catacombe. Nel Medioevo, però, le lampade di terracotta cedettero il posto a quelle pensili di bronzo o d'argento, a conca o a vaso, delle chiese cristiane, accanto alle quali vanno ricordate le grandi lampade in ottone, niellate e ornate di smalti, e quelle in vetro dipinto tipiche dell'arte islamica. Veri capolavori di cesello sono le lampade pensili di bronzo, d'argento e d'oro dei sec. XVI-XVIII, importanti elementi di decorazione di chiese e palazzi, dalle svariatissime forme. Con l'introduzione del petrolio si diffuse nell'Ottocento la lampada di porcellana, la cui forma caratteristica, dal serbatoio tondeggiante, fu poi ripetuta da quelle a gas ed elettriche.

Le lampade a fiamma

Possono essere del tipo a incandescenza o a fiamma libera. Le prime utilizzano per l'illuminazione la luce emessa da una reticella di fibra tessile, ricoperta generalmente di ossidi di torio, portata all'incandescenza dalla fiamma prodotta da un gas (gas di città o gas di petrolio liquefatto): di questo tipo è la lampada Auer. Le lampade a fiamma libera utilizzano direttamente la luce prodotta dalla combustione di una sostanza infiammabile come petrolio o acetilene. Per usi minerari sono adoperate lampade di sicurezza, nelle quali viene impedita la propagazione della fiamma nell'ambiente circostante: la più nota è la lampada Davy, del tipo a fiamma libera, in cui la fiamma è circondata da una o più reticelle metalliche che la raffreddano, così che la temperatura all'esterno abbia valori sufficientemente bassi per impedire la combustione dei gas contenuti nell'ambiente. Nelle miniere vengono più di sovente usate lampade alimentate da accumulatori elettrici, che possono essere portate a mano o fissate al copricapo. Particolari lampade a fiamma sono quelle usate in fisica per impieghi di laboratorio come sorgenti di luce monocromatica: in esse si produce la combustione, con emissione di luce di lunghezza d'onda ben definita, di determinati sali (di sodio per la luce gialla, di lunghezza d'onda λ=0,5893 μm, di litio per la luce rossa, di λ=0,6708 μm, di tallio per la luce verde, di λ=0,5351 μm). In fotometria si usano lampade campioni di grandezze fotometriche, in particolare campioni primari di intensità luminosa; come campioni secondari si usano lampade a incandescenza nel vuoto, alimentate da corrente continua di valore determina. Lampada a fiamma per saldare: tipo di saldatore (detto anche saldatore per idraulici e saldatore a fiamma) costituito da un bruciatore portatile per combustibile liquido o gassoso, che produce una fiamma libera regolabile. Serve per effettuare semplici operazioni di saldatura con impiego di materiale d'apporto a basso punto di fusione (a base di stagno).

Le lampade elettriche: generalità

La lampada elettrica è una sorgente di luce alimentata da energia elettrica. Le principali grandezze che la caratterizzano sono la tensione di alimentazione, la potenza assorbita, lo spettro della luce emessa (che ne definisce il colore) e l'efficienza, ossia il flusso luminoso irradiato per unità di potenza assorbita. L'intensità luminosa viene espressa mediante un diagramma polare, avente origine al centro della lampada; L'intersezione del diagramma polare con vari piani fornisce le curve fotometriche della lampada stessa, relative a tali piani. In base al principio di funzionamento si distinguono: lampade a incandescenza, a fluorescenza, a scarica nei gas e ad arco. Con il passare degli anni si sono intensificate le ricerche per lo sviluppo di lampade a bassi consumi con principi diversi da quello a incandescenza. Si è registrata una notevole diffusione delle lampade fluorescenti compatte che a parità di lux emessi consumano il 60-70% in meno di quelle a incandescenza. Si stima che la sostituzione di una lampada tradizionale con una fluorescente compatta eviti l'immissione nell'atmosfera di 267 kg di ossidi di carbonio e di 7,5 kg di anidride solforosa. Altra lampada innovativa, realizzata negli USA, è la cosiddetta E-lamp, dotata di componenti elettronici che utilizzano l'energia elettrica di rete per generare corrente ad alta frequenza, utilizzata per l'emissione di luce ultravioletta la quale, a sua volta, eccita un rivestimento di fosforo che produce luce visibile. Una E-lamp consuma due terzi in meno di energia elettrica delle lampade tradizionali e ha una durata dieci volte superiore (pari a 10 000 ore). È stata inoltre realizzata una lampada a fusione di zolfo, costituita da una sfera grande quanto una palla da golf che contiene un gas inerte e un piccolo quantitativo di zolfo. Questo tipo di lampada genera microonde che colpiscono lo zolfo, il quale emette luce visibile con uno spettro vicino a quello della luce solare. In alcune applicazioni (semafori, luci di posizione delle auto), infine, si è andato diffondendo l'impiego di Led, al posto delle tradizionali lampade a incandescenza.

Le lampade elettriche a incandescenza

Nelle lampade a incandescenza l'emissione luminosa è dovuta al riscaldamento, per effetto Joule, di un filamento percorso dalla corrente elettrica. Tale filamento, in un primo tempo (1841) di platino, poi (Th. A. Edison) di cotone carbonizzato, è costituito da un filo sottilissimo di tungsteno avvolto a spirale, che consente il funzionamento della lampada per oltre 1000 ore di vita media, alla temperatura di 2500-3000 K. Il filamento, sorretto da un tubetto in vetro che porta i fili di alimentazione ed eventuali sostegni, è posto entro un bulbo, pure in vetro e ad esso saldato, nel quale viene fatto il vuoto per impedire l'ossidazione del filamento stesso: talvolta nel bulbo viene immesso un gas inerte (azoto, argo o cripto) per rallentare la volatilizzazione del filamento, prolungandone la durata. Il collegamento della lampada al circuito di alimentazione viene effettuato mediante l'attacco, che può essere a vite (virola) o a baionetta. Nel primo tipo, detto Edison, con dimensioni E10, E14, E27, E40 in relazione alla potenza assorbita (dove il numero indica il diametro esterno del filetto), il bulbo è fissato con mastice a uno zoccolo metallico filettato, che porta al centro un dischetto isolato: zoccolo e dischetto, quando la lampada è avvitata nel portalampada, sono posti a contatto con la rete di alimentazione. L'innesto a baionetta (con zoccolo cilindrico che reca due alette di fissaggio) è usato per le lampade soggette a vibrazioni (per esempio su autoveicoli) che potrebbero provocare l'allentamento di un attacco a vite. Il bulbo in vetro, che può avere diverse forme (a sfera, cilindrico, a tortiglione, ecc.) può essere trasparente, oppure smerigliato o opalino per ridurre l'abbagliamento; talvolta è colorato, per modificare lo spettro di emissione. Particolari lampade a incandescenza sono le lampade a raggi infrarossi, fabbricate in modo che il filamento raggiunga temperature non superiori a 2200 ºC, ed emetta perciò quasi esclusivamente radiazioni calorifiche. Sono usate in medicina per scopi terapeutici (cura di reumatismi, dolori muscolari, ecc.), nell'industria, per l'essiccazione di vernici e per trattamenti termici, e nell'allevamento di animali.

Le lampade elettriche per la fotografia

Per l'illuminazione fotografica in studio sono ancora utilizzate lampade a incandescenza survoltate, in modo che il filamento raggiunga una temperatura di 3200 o 3400 K; esse tendono a essere sostituite da lampeggiatori elettronici, sia perché hanno una vita media di poche ore, sia per la notevole quantità di calore che emanano. Il bulbo, di forma speciale, è all'interno parzialmente argentato, per realizzare un riflettore che concentra il fascio luminoso: anche le lampade a raggi infrarossi e alcune lampade per illuminazione sono dotate di riflettore interno.

Le lampade elettriche alogene

Sono un tipo particolare di lampade a incandescenza, che evita la deposizione, sulla parete interna del bulbo, del tungsteno volatilizzato dal filamento, che la annerisce riducendo l'efficienza della lampada. Ai gas di riempimento (azoto, argo, ecc.) vengono aggiunti degli alogeni (iodio, bromo) che si combinano col tungsteno che si volatilizza; il composto (ioduro o bromuro di tungsteno) è gassoso e trasparente, e non si deposita sulle pareti del bulbo, ma tende, per effetto dei moti convettivi, a tornare nelle vicinanze del filamento, dove, per la più alta temperatura, si scinde nuovamente in alogeno e tungsteno. Il tungsteno si deposita sul filamento, mentre l'alogeno è disponibile per un successivo processo ciclico. Eliminata in tal modo la causa dell'annerimento del bulbo, questo può essere di dimensioni assai ridotte (di quarzo perché raggiunge temperature più elevate); la pressione dei gas al suo interno e la temperatura del filamento possono essere aumentate, incrementando così sia la durata sia l'efficienza della lampada; quest'ultima sale, dai 10-15 lumen/watt delle normali lampade a incandescenza, ai 15-25 lumen/watt per le lampade alogene normali, fino a oltre 200 lumen/watt per quelle a fascio concentrato, dotate di riflettore interno.

Le lampade elettriche a fluorescenza

Le lampade fluorescenti, diffuse soprattutto, fino agli anni Ottanta, sotto forma di tubo, sfruttando la proprietà di alcune sostanze chimiche, che, quando sono eccitate da radiazioni ultraviolette non visibili dall'occhio umano, emettono radiazioni di lunghezza d'onda maggiore, percepibili sotto forma di luce. Una moderna lampada fluorescente è costituita da un tubo di vetro, con due elettrodi saldati alle estremità, contenente vapore di mercurio a bassissima pressione (6-10 millesimi di mm di Hg), e una piccola quantità di argo, che serve a facilitare l'accensione. Quando la lampada viene connessa a una adatta sorgente di energia elettrica, tra i due elettrodi scocca un arco che, attraversando i vapori di mercurio genera (oltre ad alcune radiazioni visibili) una grande quantità di radiazioni ultraviolette invisibili di 253,7 nm di lunghezza d'onda. Queste radiazioni colpiscono i prodotti fluorescenti depositati sulla parete interna del tubo, che le convertono in radiazioni luminose. Lo spettro della luce emessa, cioè, in pratica, il suo colore, è determinato dal tipo della sostanza fluorescente, generalmente costituita da una miscela di vari composti (silicati, fosfati, borati e tungstati di vari elementi, dette fosfori); dal 1950 non viene più usato il fosfato di berillio, che provocava infiammazioni croniche nelle ferite causate da schegge di vetro rivestite con tale prodotto. Le lampade fluorescenti hanno un'elevata efficienza: il 2% dell'energia elettrica assorbita viene convertita direttamente in luce visibile, il 38% in calore e il 60% in radiazione ultravioletta eccitatrice. Di questa, però, solo il 18% viene convertito, dai fosfori, in luce visibile: il restante 42% genera infatti radiazioni infrarosse, cioè ancora calore. L'efficienza totale si riduce perciò al 20% (60 lumen/watt, che si riducono a 54 lumen/watt se si considerano anche le perdite negli alimentatori), che è pur sempre almeno 4 volte maggiore dell'efficienza media delle comuni lampade a incandescenza. Le lampade fluorescenti possono essere a catodo caldo o a catodo freddo. Nelle prime, che sono quelle più comunemente usate, gli elettrodi saldati alle due estremità sono costituiti da un filamento di tungsteno rivestito da ossidi di metalli alcalino-terrosi, che viene riscaldato a circa 950 ºC, facendolo percorrere dalla corrente, per innescare l'accensione della lampada. Gli elettroni emessi dal filamento che funziona da catodo sono attratti dall'elettrodo opposto, che funziona da anodo, e la corrente fluisce attravero i vapori di mercurio (in corrente alternata ogni elettrodo funziona alternativamente da catodo e da anodo). Durante il normale funzionamento gli elettrodi si mantengono caldi per effetto del bombardamento ionico. Nelle lampade a catodo freddo gli elettrodi sono costituiti da cilindri che funzionano a circa 150 ºC, e richiedono tensioni di innesco di 600-800 V: per ottenere una buona efficienza i tubi devono essere molto lunghi. Per l'accensione, le lampade fluorescenti richiedono un apposito dispositivo (vedi starter) e per il normale funzionamento un alimentatore che serve a mantenere costante la corrente: normalmente è un'impedenza stabilizzatrice (o reattore) ma, con il passare degli anni, sono stati sviluppati alimentatori elettronici che, oltre a garantire un'accensione immediata senza sfarfallii, eliminano anche il caratteristico effetto stroboscopico perché la lampada viene alimentata a 30.000 Hz. Le lampade fluorescenti, oltre ad avere un'efficienza più alta delle lampade a incandescenza, hanno anche una luminanza molto minore: circa 1 candela/cm² contro le 20 cd/cm² di una lampada a bulbo smerigliato. Ciò rende possibile evitare l'abbagliamento senza dover ricorrere a superfici diffondenti o schermanti. Le lampade fluorescenti compatte sono costituite da uno o più tubi di piccolo diametro (12 mm invece di 26 mm) piegati a U e fissati a uno zoccolo che porta anche i contatti; alcune di esse, contengono nello zoccolo lo starter e il circuito elettronico di alimentazione, e sono dotate di attacco E 27, che consente di sostituirle alle normali lampade a incandescenza senza alcuna modifica. Pur avendo un costo elevato, alla loro maggiore efficienza (a pari luminosità assorbono il 20% di quelle a incandescenza) e la loro maggiore durata (8 volte di più) ne giustificano ampiamente l'uso negli impianti domestici.

Le lampade elettriche a scarica nei gas

Derivate dalle lampade a vapori di mercurio, emettono radiazioni luminose generate da una scarica elettrica in una miscela di vapori di mercurio e di alogenuri di sodio, tallio, litio, indio e terre rare, contenuta in un tubo di quarzo. Nella zona centrale del tubo la scarica interessa praticamente solo il mercurio; nella zona circostante gli alogenuri si decompongono in alogeno e metallo, il quale emette la sua radiazione caratteristica (verde per il tallio, gialla per il sodio, rossa per il litio, blu per l'indio e con varie linee dello spettro per le terre rare). Nella zona esterna, a contatto con le pareti di quarzo, i metalli si ricombinano con l'alogeno. Queste lampade hanno un'elevatissima efficienza (quelle a vapori di sodio ad alta pressione arrivano a 150 lumen/watt), lunga durata e buona resa dei colori: sono impiegate per illuminazione stradale. Le lampade a vapori di sodio a bassa pressione emettono invece luce monocromatica giallo-arancione (che non consente la percezione dei colori), con un'efficienza che arriva a 180 lumen/ watt: sono usate per l'illuminazione stradale in zone nebbiose o in galleria.

Le lampade speciali

Vi sono infine vari tipi di lampade speciali: a luce nera, o di Wood, che emettono radiazioni ultraviolette di elevata lunghezza d'onda, che eccita la fluorescenza. Sono impiegate per illuminazioni di effetto in teatri e locali notturni, per prove di materiali ed esami speciali. Le lampade solari, che emettono luce ultravioletta media, e sono usate per l'abbronzatura artificiale; le lampade germicide, che emettono raggi UV-C a breve lunghezza d'onda con effetto battericida, sono impiegate per sterilizzazione sia dell'aria sia dell'acqua. Le lampade ad arco, ormai obsolete, consistono in due asticelle di materiale grafitico, tra le quali viene fatto scoccare un arco elettrico; in un sistema per mantenere costante la distanza tra le asticelle, che si consumano durante il funzionamento, e in un riflettore; danno luce molto intensa, e sviluppano molto calore e vapori nitrosi tossici. Nel secolo XXI si sta diffondendo progressivamente, l'utilizzo di lampade LED che offrono la tecnologia LED abbinata alle forme tradizionali della lampada garantiscono lunga durata, affidabilità ed efficienza, basso consumo energetico. Le lampade da scrivania OLED (Organic Light Emitting Diode), presentano originali modelli di design che consentono una illuminazione funzionale. La tecnologia OLED permette infatti di realizzare display a colori con la capacità di emettere luce propria, che richiedono minore energia per il funzionamento.

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