lìngua (linguistica)

Indice

Descrizione generale

Strumento di comunicazione che rende possibile la mutua comprensione tra i membri di una stessa comunità. È quindi un'istituzione sociale che suppone da una parte l'attività del parlante che traduce in simboli fonici il concetto che vuole esprimere, e dall'altra l'attività di chi ascolta che dalla percezione acustica ricrea il concetto trasmesso. La lingua appare così un sistema di segni, intendendo per segno linguistico la combinazione di un concetto (significato) e dell'immagine acustica che lo rappresenta (significante); questo segno per la sua stessa natura è arbitrario, cioè immotivato in rapporto al significato. Le correnti linguistiche moderne hanno soprattutto approfondito il concetto di lingua come sistema e i problemi della sua funzionalità: “la lingua è un sistema in cui tutti i termini sono solidali tra loro, e il valore dell'uno non risulta se non dalla presenza simultanea degli altri” (F. de Saussure). Ogni lingua può essere studiata secondo l'asse orizzontale della simultaneità (sincronia) e secondo quello verticale della successione cronologica (diacronia), in quanto essa funziona sincronicamente ma si costituisce diacronicamente. Una stessa lingua può presentare vari aspetti in relazione ai diversi bisogni espressivi che si vogliono soddisfare: si realizza così una lingua usuale di cui ci si serve per la quotidiana comunicazione con la gente media della propria collettività, una lingua espressiva solitamente riservata alla più ristretta cerchia dell'ambiente familiare, una lingua letteraria per comunicare con ambienti sociali più elevati, una lingua tecnica più spersonalizzata e universale per particolari e specifiche attività. In ogni lingua, e in ciascuno dei suoi aspetti, ci sono elementi, soprattutto fonetici e morfologici, più irrigiditi e fissi, e altri, specialmente sintattici e lessicali, che ammettono una maggiore flessibilità e libertà di uso, dando luogo a scelte stilistiche in cui si può meglio esprimere la soggettività del parlante. § Di tutte le lingue del mondo solo una parte si può raccogliere in famiglie linguistiche genealogicamente ben definite: indeuropea, camitica, semitica, uralo-altaica, dravidica, bantu, boscimana, ottentotta. Ci sono poi gruppi di lingue per le quali non è ancora sicura la parentela genealogica: mediterranee, caucasiche, paleoasiatiche, indocinesi, papuane, munda, polinesiane, australiane, sudanesi, amerindie. Non si può inoltre fare a meno di ricordare che ci sono lingue di cui non è stata ancora sufficientemente chiarita la posizione e i cui rapporti di parentela con altre lingue sono tuttora oggetto di aperta discussione: basco, coreano, giapponese, andamanese, tasmaniano. § Fin da epoca antica ci sono state lingue che, per varie ragioni di carattere storico e culturale, si sono imposte come mezzo di comunicazione fra popoli diversi assumendo il ruolo di lingue plurinazionali se non proprio internazionali in senso assoluto. Nell'antichità tale funzione ebbero nel bacino orientale del Mediterraneo il greco e in quello occidentale il latino, che continuò a svolgere questa sua funzione non solo durante tutto il periodo medievale ma anche, limitatamente al campo scientifico, fino al secolo XIX; in epoca moderna hanno assolto più o meno parzialmente questo compito l'italiano nei sec. XV e XVI, lo spagnolo nei sec. XVI e XVII, il francese nei sec. XVIII e XIX, l'inglese nei sec. XIX e XX. Limitatamente internazionali si possono considerare anche le varie lingue “franche” e “creole”. Per raggiungere lo scopo di fornire all'umanità uno strumento di comunicazione linguistica veramente internazionale si fece anche ricorso alla creazione di lingue artificiali che si possono distinguere in due gruppi: lingue artificiali a priori, costruite non sulla base di lingue naturali esistenti, ma strutturate secondo un'aprioristica classificazione logica delle idee e basate non solo su lettere alfabetiche ma anche su numeri e simboli matematici, o sulla combinazione di lettere e numeri, e persino sulle note musicali (tentativi in questo senso furono fatti da Bacone, Cartesio, G. Dalgarno, J. Wilkins, Leibniz, J. F. Sudre); lingue artificiali a posteriori, fondate su una o più lingue moderne (Basic English, esperanto, interlingua o Latino sine flexione,volapük). A eccezione dell'esperanto, tutte queste lingue artificiali internazionali (se ne possono ormai contare circa mezzo migliaio) hanno avuto uno scarso ed effimero successo.

Aspetti giuridici

L'intervento del legislatore nel campo specifico dell'uso di una lingua proviene direttamente dalla funzione sociale a cui essa adempie come mezzo di comunicazione del pensiero di una persona ad altri, che con lei convivono nella stessa comunità nazionale. Cadono sotto la disciplina giuridica: la terminologia ufficiale, la toponomastica, ogni limite posto alla scelta dei nomi di persona, l'unificazione di norme ortografiche, vertenze o conflitti fra lingue concorrenti, ecc. In Italia la Costituzione vigente tutela la lingua italiana come lingua nazionale e l'impiego di essa in tutti gli atti civili. In linea generale si può affermare che, all'interno dell'ordinamento giuridico italiano, è prescritto l'uso della lingua italiana per tutti gli atti di giuridica rilevanza, salvo, talora, l'ammissione di atti in lingua straniera, ma con allegata la traduzione in lingua italiana. Gli statuti speciali regionali della Valle d'Aosta, del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia tutelano rispettivamente l'uso della lingua francese, tedesca e slovena. § La lingua usata nelle relazioni internazionali si chiama lingua diplomatica; essa acquista particolare importanza nella stesura dei documenti che regolano i rapporti fra Stato e Stato. In questo caso le missioni diplomatiche accreditate presso lo Stato ospite devono uniformarsi all'uso della lingua diplomatica; se invece lo Stato ospite usa come diplomatica la propria lingua, tali missioni non sono tenute a far uso della stessa. Negli organismi e conferenze internazionali sono lingue diplomatiche quelle ufficialmente riconosciute da essi. Negli atti bilaterali o multilaterali la lingua o le lingue ufficiali sono stabilite di comune accordo. Nella storia della diplomazia la prima lingua diplomatica fu il latino, in quanto di uso universale per l'area già sottoposta all'Impero romano: il trattato di pace firmato a Belgrado nel 1739 era ancora scritto in latino. Nel sec. XVI, lingua diplomatica per l'area d'influenza spagnola fu il castigliano; in età moderna tale prerogativa fu riconosciuta al francese. All'inizio del sec. XIX, per iniziativa della Gran Bretagna, prevalse l'inglese. Oggi l'attributo di lingua ufficiale è riconosciuto anche allo spagnolo, al russo e al cinese, ma nei rapporti bilaterali prevale piuttosto la lingua nazionale dello Stato che riceve le missioni diplomatiche.

L. Rosiello, Struttura, uso e funzioni della lingua, Firenze, 1965; A. Martinet, Elementi di linguistica generale, Bari, 1967; P. Liebermann, L'origine delle parole, Torino, 1980; M. De Grève, La linguistica e l'insegnamento delle lingue straniere, Roma, 1982; E. Arcaini, Analisi linguistica e traduzione, Bologna, 1986; L. Hjelmslev, Saggi linguistici, Milano, 1988.

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