laicismo

sm. [da laico]. Corrente di pensiero di derivazione illuministica. Affermatosi durante il secolo XIX, sostiene la netta separazione della sfera religiosa da quella civile e, conseguentemente, l'aconfessionalità dello Stato e la sua completa indipendenza nei confronti di qualsiasi ingerenza da parte della gerarchia nelle questioni politiche e sociali. Il laicismo, affermatosi ormai in tutti gli ordinamenti costituzionali moderni, postula inoltre la piena eguaglianza di tutte le confessioni religiose dinanzi allo Stato, sostenendo la completa libertà di coscienza e di culto. Per le sue implicazioni filosofiche e politiche e per l'atteggiamento di alcune correnti radicali, per le quali il laicismo è diventato sinonimo di anticlericalismo, è stato ripetutamente condannato nelle encicliche pontificie (Mirari vos, 1832; Quanta cura, 1864; Pascendi, 1907; Quas primas, 1925) e in varie lettere pastorali dei vescovi, per timore che l'affermarsi di questa teoria si risolvesse in una perdita di controllo e di potere da parte della Chiesa stessa. Secondo la definizione di N. Abbagnano: “Con questo termine si intende il principio dell'autonomia delle attività umane, cioè l'esigenza che tali attività si svolgano secondo regole proprie, che non siano ad esse imposte dall'esterno, per fini o interessi diversi da quelli cui esse si ispirano” (Dizionario di filosofia, 1993). Per il filosofo questo principio è universale e non può essere inteso soltanto come la rivendicazione dell'autonomia dello Stato di fronte alla Chiesa o al clero poiché è servito anche alla difesa dell'attività religiosa contro quella politica ed è utile attualmente in molti Paesi per questo scopo. Il laicismo consente inoltre di sottrarre la scienza e il sapere alle influenze deformanti delle ideologie politiche, dei pregiudizi di classe e di razza. Nel dibattito sul laicismo e la sua crisi nel secolo XXI si inseriscono gli interventi del filosofo e sociologo R. G. Dahrendorf, principale rappresentante della cultura laica europea. Dopo la celebrazione della fine delle ideologie negli anni Novanta - secondo Dahrendorf - sarebbe stato auspicabile l'avvento di una politica improntata alla ragione e al senso critico; non era possibile prevedere un riemergere tanto impetuoso delle religioni in politica.

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