lavanda (botanica)

sf. [sec. XVI; da lavanda (medicina, liturgia e altro) perché usata per abluzioni]. Nome comune usato per indicare le piante del genere Lavandula della famiglia Labiate con ca. 30 specie delle regioni mediterranee, dell'India e dell'Abissinia. Sono arbusti o suffrutici con foglie opposte, intere o suddivise, e fiori piccoli, riuniti in infiorescenze terminali (spicastri). La specie più nota in Italia è Lavandula officinalis, con foglie allungate, sessili, vellutate, color verde-grigiastro, e fiori irregolari, azzurro-violacei, profumati; i frutti sono acheni oblunghi, bruni e lucidi; sovente viene coltivata per ornamento. Specie congeneri sono Lavandula latifolia, detta anche spigo, che si distingue dalla precedente per le foglie più larghe e spatolate, e Lavandula stoechas, con la spiga fiorale sormontata da un ciuffo di brattee sterili di colore violetto. Distillando in corrente di vapore fiori freschi di lavanda si ottiene un olio essenziale (essenza di lavanda), che contiene geraniolo, limonene, butirrato e propionato di linalile e viene adoperato soprattutto in profumeria e per la preparazione dei saponi.

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