Definizione

sm. [sec. XX; da Lenin]. Insieme delle teorie economiche, politiche e filosofiche sviluppate da Vladimir Ilič Uljanov (Lenin) come interpretazione e continuazione del pensiero e del programma di K. Marx e F. Engels.

Cenni storici: continuità tra marxismo e leninismo

Benché i contributi innovatori apportati da Lenin al marxismo siano numerosi e originali (così che, parlando di marxismo, molto spesso si intende più precisamente fare riferimento ai principi dei marxismo-leninismo), la storiografia ufficiale sovietica ha teso soprattutto a sottolineare il valore della continuità-identità tra leninismo e marxismo ortodosso. Già Stalin nel 1924, in I principi del leninismo, definì il leninismo “applicazione del marxismo alle condizioni particolari della situazione russa... rigenerazione degli elementi rivoluzionari del marxismo degli anni 1840-50... marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria... teoria e tattica della rivoluzione proletaria”. In effetti, Lenin difese il pensiero marxiano sia contro le “deviazioni del revisionismo di stampo bernsteiniano, che tendeva a ridurre le teorie del Manifesto e del Capitale a un mero canone interpretativo della storia, sia – con l'opera Materialismo ed empiriocriticismo (1909) – contro le “astuzie” di tipo idealistico della “filosofia reazionaria” di Mach e Avenarius; d'altro canto, rifiutandosi di accogliere il marxismo come un'ideologia chiusa e cristallizzata, fu pronto a recepire nel suo Imperialismo, fase suprema del capitalismo (1916), tutte le indicazioni del cosiddetto “neomarxismo” tedesco (R. Hilferding, R. Luxemburg, F. Sternberg), piegandole però a sostegno della necessità di una lotta rivoluzionaria da ingaggiare, approfittando delle favorevoli congiunture internazionali prodotte dalla I guerra mondiale.

Politica: il dibattito

Il complesso di principi ideologici e di obiettivi strategici che hanno costituito il patrimonio di Lenin ha alimentato, almeno sino al crollo dell'URSS (1991), un vivace dibattito fra quanti si sono dichiarati suoi legittimi eredi e continuatori. Se durante il periodo dello stalinismo si era assistito a una specie di “mummificazione” dell'opera di Lenin, con la pretesa di rendere “vera” solo la linea “interpretativa” incarnata da Stalin e dagli uomini del Cremlino, il successivo processo di destalinizzazione e l'affermarsi del cosiddetto principio del policentrismo hanno avuto sensibili riflessi in tutto il movimento comunista internazionale. Si possono distinguere tre correnti che pure si sono richiamate alla comune matrice. Una, che si autoproclamava l'unica ortodossa e faceva capo a Mosca, ha utilizzato le tesi di Lenin per giustificare il ruolo egemonico del partito, malgrado le degenerazioni burocratiche. Una seconda, la cosiddetta “via cinese” affermatasi durante la leadership di Mao Tse-tung (1966-76), ha teso a dare il massimo valore al rapporto dialettico fra le masse e il partito, facendo di quest'ultimo organismo il momento di sintesi e di direzione della strategia rivoluzionaria. Infine, una terza corrente, molto eterogenea, alla quale si sono richiamati numerosi partiti dell'Europa occidentale, ha insistito sul carattere “creativo” delle tesi leniniane, per adattarne la piattaforma programmatica alla realtà dei singoli Paesi e sostenere, sulla base del “memoriale di Yalta” di P. Togliatti, l'esigenza delle diverse “vie nazionali”, che nel caso specifico dell'Europa avrebbero dovuto significare altrettante “vie parlamentari” per la conquista del potere, da gestire anche attraverso formule di governi di coalizione democratica.

Bibliografia

G. Meyer, Il leninismo, Milano, 1965; L. Laloy, Le socialisme de Lénine, Parigi, 1967; R. Daniels, The Conscience of Revolution, New York, 1968; Autori Vari, Leninismo e rivoluzione socialista, Bari, 1970; A. Carlo, Lenin sul partito, Bari, 1970; R. Garaudy, Lenin e il leninismo, Roma, 1970; A. Colombo, Lenin e la rivoluzione, Firenze, 1974; M. Liebman, Le léninisme sous Lénine, Parigi, 1974.

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