Definizione

sm. (pl. -i) [sec. XIX; da linfa+-oma]. Neoplasia maligna del sistema linfatico che interessa preminentemente i linfociti. Si manifesta dapprima con ingrandimento localizzato dei singoli organi linfatici (soprattuto linfonodi) e, successivamente, invadendo gli altri organi e il sangue, comportandosi nelle fasi terminali come una leucemia. I linfomi, che sono il risultato della trasformazione neoplastica dei linfociti, si distinguono in due grandi gruppi: linfomi di Hodgkin (vedi linfogranuloma) e linfomi non-Hodgkin;questi ultimi sono a loro volta suddivisi in due categorie, quella dei linfomi a cellule B. e quella dei linfomi a cellule T.

Sintomatologia

Dal punto di vista clinico i linfomi possono essere più o meno aggressivi. Il sintomo tipico di esordio è l'ingrossamento non dolente di linfonodi superficiali e profondi. Nelle forme meno aggressive esso dura parecchi mesi e viene seguito dall'ingrandimento progressivo di altri linfonodi, pur sentendosi il paziente sostanzialmente bene. Tale decorso può durare anche qualche anno, dopodiché compaiono i segni di diffusione della malattia, cioè l'interessamento di altri organi, come fegato, milza e midollo osseo; si hanno febbre, dimagrimento, sudorazione, e, nel sangue, una massiccia immissione di cellule neoplastiche. Le forme di linfomi B più aggressive si manifestano in genere con la comparsa di una massa neoplastica (addominale o mediastinica) che si accresce rapidamente, dando precocemente segni di diffusione e di compressione od ostruzione delle strutture anatomiche vicine. I linfomi a cellule T sono spesso tumori a partenza cutanea, si manifestano cioè come eruzioni cutanee che diventano in seguito tumori della pelle e secondariamente (spesso dopo anni) forme di tumore disseminato.

Terapia

La terapia dei linfomi maligni si fonda sulla radioterapia nelle forme iniziali e circoscritte, mentre in quelle avanzate e diffuse il trattamento richiesto è la chemioterapia con farmaci antitumorali (polichemioterapia). Le forme refrattarie alla chemioterapia possono essere trattate con un trapianto di midollo osseo da donatore compatibile o da consanguineo compatibile. E' possibile anche, in alcuni casi, ricorrere all'autotrapianto, in cui il midollo osseo del paziente stesso viene prelevato, ripulito dalle cellule maligne e quindi reimpiantato nel malato. Il tasso di riuscita dei trapianti nelle forme chemioresistenti arriva al 50 per cento dei soggetti. Nuove prospettive terapeutiche si aprono con la ricerca delle cellule staminali, in particolare attraverso il sangue dal cordone ombelicale. Il sangue cordonale è già stato utilizzato con successo in casi di cui il trapianto classico ha avuto difficoltà di attecchimento.

Trovi questo termine anche in:

Quiz

Mettiti alla prova!

Testa la tua conoscenza e quella dei tuoi amici.

Fai il quiz ora