mandala

s. sanscrito (cerchio). Rappresentazione simbolica del cosmo (o cosmogramma) nella tradizione religiosa dell'India e del Tibet. Consta di un cerchio, che definisce la totalità, e di un quadrato inscritto, che la ripartisce. All'interno del mandala, orientate dal quadrato, e in base ai quattro punti cardinali, si hanno quattro sezioni, suddivise a loro volta in altre sezioni. Il senso di un mandala è tutto contenuto nella sua capacità di esprimere la “totalità”. La ricerca di questa “totalità” e il suo raggiungimento corrispondono a un processo di reintegrazione, la cui necessità è avvertita in momenti critici. Donde la pratica del mandala come rito reintegratore o purificatore. Il mandala, al cui centro risiede una divinità suprema, circondata dalle immagini, o da formule che ne esprimano l'essenza (mantra), di diverse altre divinità, di concezione emanazionistica, disposte negli spazi intermedi, può essere dipinto su stoffa (famosi sono quelli che caratterizzano quasi tutta la pittura tibetana; vedi tankha), tracciato in rilievo per terra con grani o sassolini colorati (serve come itinerario spirituale di iniziazione del discepolo), dipinto sulle pareti dei santuari (quale supporto di meditazione per evocare la divinità), inciso su pietra o su metallo. Il concetto del mandala, nel suo preciso schema geometrico e nei suoi diversi significati spirituali e cosmogonici manifestati dalla simbologia compositiva di cerchi e di quadrati, viene assunto quale “forma” di misura architettonica. § Nella psicologia analitica dello psicanalista svizzero C. G. Jung, i mandala sono espressioni simboliche dell'inconscio collettivo, che si presentano come figurazioni geometriche i cui elementi si dispongono in vario modo attorno a un centro (a ruota, a croce, ecc.).

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