manomissióne

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(lett. manumissióne), sf. [sec. XIV; da manomettere, sul modello del latino manumissío-ōnis].

1) Atto ed effetto del manomettere, anche fig.: manomissione di un plico sigillato; manomissione della legalità.

2) Nel diritto greco e in quello romano, atto di liberazione dello schiavo. § Normalmente lo schiavo, che aveva in Grecia molte possibilità di farsi un proprio peculio, comprava dal padrone la sua libertà, ma poteva anche essere affrancato per atto di liberalità dello stesso padrone o di un terzo. Le manomissioni volontarie potevano essere compiute mediante atto di natura sacrale (consacrazione a una divinità) o di natura civile (con dichiarazione del padrone in presenza di testimoni o davanti al tribunale; per disposizione testamentaria ecc.). Le manomissioni necessarie potevano avvenire in virtù di una legge sacrale (per maltrattamenti) o per decreto della città. Il manomesso non diventava automaticamente cittadino, ma si trovava nella condizione dei meteci, conservando una serie di doveri nei confronti del manumittente, cui spettava il patrimonio dell'affrancato morto senza lasciare discendenti. Nel diritto romano la manomissione avveniva mediante forme solenni o non solenni; per il primo caso si aveva un finto processo di libertà (vindicta), l'iscrizione nelle liste del censo (censu) e una disposizione testamentaria (testamento). Con essa il manomesso acquistava automaticamente anche la cittadinanza romana. Per il secondo caso era sufficiente una dichiarazione orale del padrone dello schiavo fatta in presenza di alcuni testimoni o anche per lettera. In questo caso il manomesso godeva della libertà di fatto e questa gli era tutelata dal pretore. Giustiniano riformò la materia a vantaggio dei liberti.

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