Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino matrix-īcis, utero, da mater, madre].

1) Lett., utero. Fig., fonte a cui si fanno risalire le origini o le caratteristiche fondamentali di un autore, di un movimento, ecc.: il romanticismo è la matrice di tutte le correnti spirituali dell'Ottocento.

2) In anatomia, matrice del follicolo pilifero o germinale del pelo, parte della radice del pelo, costituita da un raggruppamento di cellule che provvede alla formazione e all'accrescimento del pelo stesso; matrice dell'unghia, insieme di cellule epiteliali, situate in corrispondenza alla lunula e alla radice dell'unghia, che forma il segmento più profondo del solco ungueale; è dalla proliferazione e dalla successiva differenziazione di tali cellule che deriva la lamina ungueale e quindi ha origine l'unghia.

3) In citologia, la sostanza formativa di un organello cellulare.

4) In petrografia, la frazione di particelle più fini, distribuite negli interstizi dei granuli di un aggregato clastico. La deposizione della matrice avviene contemporaneamente o quasi a quella dei componenti clastici maggiori, prima della fase di cementazione.

5) Nell'industria mineraria, lo stesso che ganga.

6) Nella stampa, ogni forma o modello utilizzato in fasi intermedie per l'allestimento di forme di stampa. In particolare indica: la forma per la colata dei caratteri mobili da stampa; il controstampo incavato per impressioni a secco su carta e cartone; l'impronta ottenuta da una forma rilievografica utilizzata nei procedimenti di duplicazione, stereotipia, galvanotipia, plastotipia (vedi flano); il blocchetto d'ottone con inciso il segno alfabetico usato nella composizione meccanica linotipica; il particolare foglio, detto anche cliché, usato per incidervi un testo, mediante battitura su macchina per scrivere, da riprodurre con il ciclostile.

7) In metallurgia, elemento attraverso il quale si esercita su una lamiera o su un pezzo una pressione sufficiente a produrne la deformazione. Ha il profilo esattamente corrispondente al pezzo da ottenere e può essere usata per tranciatura, foratura, sbavatura, ecc. Anche la struttura principale di un materiale metallico rilevabile con l'osservazione microscopica.

8) In matematica, si definisce matricedi tipo (m, n) una tabella di m·n numeri (reali o complessi) disposti su m linee orizzontali (dette righe) e n linee verticali dette colonne.

9) In informatica, l'estensione del concetto di matrice a n dimensioni (array in inglese: n>1) è alla base della programmazione delle strutture dei dati. Il caso a due dimensioni coincide con la matrice ordinaria. Quando un programma deve operare su gruppi di dati omogenei risulta utile trattare il gruppo stesso come un unico dato, una matrice multidimensionale. All'interno del gruppo ogni dato è identificato mediante uno o più numeri: gli indici dell'array. Per esempio un array a tre dimensioni (18×20×30) di numeri interi è definito nella sezione iniziale di un programma in linguaggio Pascal come segue: “ARRAY” (1..18, 1..20, 1..30) of integer. Con altro significato il termine matrice (array) viene impiegato per circuiti elettronici ripetitivi a struttura bidimensionale quali il reticolo di punti (pixel) che si possono illuminare per rappresentare un carattere alfanumerico, un'immagine nei display e il comando di una stampante a matrice di punti. Il termine matrice (array) serve anche a identificare una categoria di elaboratori, gli array processors, costituiti da più unità centrali di elaborazione, in genere su chip, tutte uguali fra loro. Realizzati in una o due dimensioni sono in genere finalizzati a calcoli matematici complessi.

10) In logica matematica, nella logica degli enunciati, la tavola di verità di una formula; nel calcolo dei predicati, la parte logico-enunciativa di una formula in forma normale prenessa.

11) In registri o blocchi a doppio modulo, lo stesso che madre (opposto a figlia).

12) In televisione, circuito di matrice, circuito impiegato nella ripresa di scene televisive a colori, mediante il quale i segnali provenienti dai tre tubi della telecamera vengono mescolati tra loro secondo opportune proporzioni. Questo proporzionamento, detto anche matricizzazione, è dettato da considerazioni pratiche relative alla risposta ai tre colori dei fosfori dei tubi di ripresa e di riproduzione, dell'occhio umano, ecc.

13) In psicologia,matrici progressive, test di efficienza intellettiva, rivolto particolarmente alla misura dell'intelligenza generale, elaborato nel 1936 dagli psicologi inglesi L. S. Penrose e I. C. Raven. Esso consiste in una serie di figure a cui manca una parte, che va scelta tra altre presentate in alternativa. Ne esiste una forma per adulti (PM 38) e una semplificata che può essere applicata anche a bambini (PM 47).

Matematica: tipi di matrice

Un esempio di matrice di tipo (2, 3) è dato da:

Il numero 2 si trova sulla prima riga e sulla prima colonna della matrice; si dice allora che 2 è l'elemento di posto (1, 1). In generale, il numero che si trova nella i-sima riga e nella j-sima colonna di una matrice si dice elemento di posto (i,j) della matrice. Per esempio, il numero 3 è l'elemento di posto (1, 3) della matrice data sopra. Di solito le matrici vengono indicate con lettere maiuscole. In una matrice A di tipo (m, n) l'elemento di posto (i,j) viene indicato con il simbolo a. Quindi una matrice di tipo (m, n) viene indicata nel modo seguente:

Spesso, per ragioni tipografiche, le parentesi tonde sono sostituite da parentesi quadre. D'ora in poi noi useremo parentesi quadre. Per indicare brevemente che una matrice A ha come termine di posto (i, j) il numero a, si usa il simbolismo A=[a]. Un elemento a si dice di posto pari o dispari se i+j è un numero pari o dispari. Una matrice avente un numero di righe diverso dal numero di colonne si dice rettangolare. Una matrice avente un numero di righe uguale al numero di colonne si dice quadrata. Il numero di righe (o di colonne) di una matrice quadrata si dice ordine della matrice. Un esempio di matrice quadrata di ordine 3 è dato da:

In una matrice quadrata A=[a] di ordine n gli elementi a11, a22,..., a si dicono elementi della diagonale principale di A, mentre si dicono elementi della diagonale secondaria gli elementi a1n, a2-1,..., a1. Nella matrice quadrata di ordine 3 data sopra, i numeri 2, 6 e 8 formano la diagonale principale mentre i numeri 0, 6 e 7 formano la diagonale secondaria. Una matrice quadrata A=[a] si dice triangolare superiore se tutti gli elementi che si trovano sotto la diagonale principale sono uguali a 0, cioè se, per ogni ij, si ha a=0. Una matrice quadrata si dice simmetrica se gli elementi simmetrici rispetto alla diagonale principale sono uguali, cioè se si ha a=a per ogni i e j. La matrice di ordine 3 data sopra non è simmetrica perché si ha, per esempio, a12=1≠3=a21. Una matrice si dice antisimmetrica o emisimmetrica se si ha a=-a. Gli elementi della diagonale principale di una matrice antisimmetrica sono tutti nulli. La trasposta di una matrice A di tipo (m, n) è la matrice A di tipo (n, m) che si ottiene da A scambiandone le righe con le colonne. Per esempio la trasposta della matrice di ordine 3 vista sopra è:

Una matrice quadrata A è simmetrica se e solo se A=A. Si ha che la trasposta della trasposta di una matrice è la matrice stessa. La matrice coniugata Ā di una matrice A è la matrice avente come elementi i coniugati degli elementi di A. Per esempio, si ha:

Se la matrice A ha tutti gli elementi reali allora A=Ā. Una matrice si dice hermitiana se si ha per ogni i e j. In una matrice hermitiana gli elementi della diagonale principale sono numeri reali. Una matrice A si dice antihermitiana se si ha per ogni i e j. Gli elementi della diagonale principale di una matrice antihermitiana sono numeri immaginari puri. Data una matrice A di tipo (m, n), possiano scegliere p righe e q colonne di A con pm e qn. Gli elementi di A che si trovano sia sulle righe sia sulle colonne scelte formano una matrice di tipo (p, q) detta minore di A. Per esempio, scegliendo nella matrice A di ordine 3 data sopra la prima e la terza riga e la prima e la seconda colonna, otteniamo il minore di A di ordine 2

una matrice A di tipo (m, n) e un suo minore di tipo (p, q), si dice minore complementare di B il minore di A ottenuto scegliendo le righe e le colonne che non servono a formare il minore B. Consideriamo, per esempio, la matrice quadrata A di ordine 3 data sopra e scegliamo in essa la seconda riga e la terza colonna: otteniamo un minore B di ordine 1, cioè una matrice formata da un solo elemento. Si ha B=[5]. Il minore di A complementare di B è il minore formato dalla prima e dalla terza riga e dalla prima e dalla seconda colonna. Otteniamo cioè il minore di ordine 2 visto sopra.

Matematica: il determinante

A ogni matrice quadrata A si associa un numero detto determinante di A. Si indica con il simbolo det A, oppure si scrive tutta la matrice A e si sostituiscono le parentesi tonde (o quadre) con barre verticali. Si definisce il determinante di una matrice quadrata A=[a] di ordine n nel seguente modo:

nella quale la somma è estesa a tutte le permutazioni (k1, k2,..., k) degli interi (1, 2,..., n) e k è il numero delle inversioni che la permutazione (k1, k2,..., k) presentano rispetto a quella fondamentale (1, 2,..., n). § Regole per il calcolo del determinante: se A=[a11] è una matrice di ordine 1 si ha det A=a11. Se A è una matrice di ordine 2 si ha:

A è una matrice di ordine 3 si ha:

formula appena data può essere facilmente ricordata utilizzando la seguente regola di Sarrus, consistente nel riscrivere le prime due colonne della matrice e nel considerare la somma dei prodotti degli elementi delle tre diagonali parallele alla diagonale principale e sottraendo a essa la somma dei prodotti degli elementi delle tre diagonali parallele alla diagonale secondaria:

Per il calcolo dei determinanti di matrici di ordine superiore viene in aiuto la regola di Laplace. Considerato un elemento a di una matrice quadrata A, si chiama complemento algebrico di a il determinante del minore complementare di a o il suo opposto secondo che l'elemento a sia di posto pari o dispari. La regola di Laplace afferma che il determinante di una matrice quadrata è uguale alla somma dei prodotti degli elementi di una qualunque riga (o colonna) moltiplicati per i rispettivi complementi algebrici. In tal caso diciamo che abbiamo calcolato il determinante della matrice sviluppandolo secondo la riga (o colonna) scelta. Data, per esempio, la matrice

calcolare il suo determinante sviluppandolo secondo la seconda riga. Otteniamo:

La regola di Laplace permette quindi di ridurre il calcolo del determinante di una matrice di ordine n al calcolo dei determinanti di n matrici di ordine n-1. Riapplicando la regola di Laplace al calcolo dei determinanti di tali matrici ci si riduce al calcolo di determinanti di matrici di ordine (n-2) e così via, fino a ridursi al calcolo di determinanti di matrici di ordine 3. In effetti, per matrici di ordine alto, questo procedimento di calcolo del determinante richiede troppo tempo. Basti pensare che con il calcolatore più veloce attualmente esistente il calcolo del determinante di una matrice di ordine 20 fatto utilizzando la regola di Laplace richiederebbe alcuni anni. Il calcolo del determinante per matrici di ordine alto viene perciò svolto notando che, con l'applicazione del metodo di Gauss, ogni matrice quadrata A può essere trasformata, con pochi calcoli e quindi molto velocemente, in una matrice B triangolare superiore avente lo stesso determinante di A e osservando che il determinante di una matrice triangolare superiore è uguale al prodotto degli elementi della sua diagonale principale. Si ha quindi:

Si enunciano infra i più importanti teoremi sui determinanti. Il determinante di una matrice è uguale al determinante della matrice trasposta. Se una matrice ha tutti gli elementi di una riga (o di una colonna) uguali a 0, allora il suo determinante è uguale a 0. Se in una matrice si scambiano tra loro due righe (o due colonne) il determinante viene mutato nel suo opposto. Il determinante di una matrice avente due righe (o colonne) uguali è uguale a 0. Il determinante di una matrice non cambia se a una sua riga (o colonna) viene sommata una combinazione lineare delle righe (o colonne) rimanenti. Il determinante di una matrice avente le righe (o colonne) linearmente dipendenti è uguale a 0. Un altro teorema di Laplace afferma che è sempre nulla la somma dei prodotti degli elementi di una qualunque riga (o colonna) per i complementi algebrici corrispondenti a un'altra riga (o colonna).

Matematica: il rango di una matrice

Data una matrice di tipo (m, n), si dice che essa ha rango (o caratteristica) uguale a p se esiste almeno un suo minore di ordine p avente determinante non nullo e tutti i suoi minori di ordine maggiore di p hanno determinante nullo. Il rango di una matrice A è uguale al massimo numero di righe (o colonne) di A linearmente indipendenti. La conoscenza del rango di una matrice è importante nella ricerca delle soluzioni di un sistema di m equazioni lineari in n incognite. Dato infatti un sistema di n equazioni lineari in m incognite, si ha che esso ammette soluzioni se e solo se il rango della matrice dei coefficienti è uguale al rango della matrice dei coefficienti a cui sia stata aggiunta la colonna dei termini noti del sistema. Nel caso in cui i ranghi delle due matrici siano uguali a p, allora le soluzioni del sistema dipendono da m-p parametri.

Matematica: calcolo matriciale

Somma di due matrici A e B dello stesso tipo (m, n) è la matrice A+B dello stesso tipo (m, n) tale che ogni suo elemento è somma degli elementi di ugual posto di A e di B; questa somma gode delle proprietà commutative e associative. Prodotto di un numero k, reale o complesso, per la matrice A=[a] è la matrice i cui elementi sono ottenuti da quelli di A moltiplicandoli per k. Risultano così definite la matrice -A e la differenza A-B=A+(-B). Il prodotto di due matrici A=[a] di tipo (m, n) e B=[b] di tipo (n, p) è la matrice A·B di tipo (m, p) nella quale l'elemento generico di posto (i, j) è , ottenuto moltiplicando gli elementi della riga i-esima di A, cioè a1, a2,..., a, rispettivamente per gli elementi della colonna j-esima di B cioè b1, b2,..., b ed eseguendo poi la somma dei prodotti ottenuti. Per esempio, nel caso di due matrici quadrate di tipo (2, 2):

Questo prodotto di matrici è del tipo righe per colonne (il numero di colonne della prima matrice deve essere uguale al numero di righe della seconda matrice), ma esistono anche i prodotti righe per righe, colonne per colonne e colonne per righe, che si definiscono nello stesso modo. Il prodotto di matrici gode della proprietà distributiva e associativa, ma in generale non gode della proprietà commutativa. Se per due matrici A e B è A·B=B·A le due matrici sono permutabili. Se una matrice ha determinante D non nullo, si dice matrice inversa di A, la matrice

nella quale , e A è il complemento algebrico di a. Si dice matrice identica, o identità, la matrice quadrata

di ordine n; per ogni matrice quadrata di ordine n risulta A·I=I·A=A. Vale che A·A-1=I. Si dice matrice nulla la matrice i cui elementi sono tutti nulli.

Matematica: determinante circolante e continuante

Hanno particolare interesse il determinante circolante e il determinante continuante; il primo è del tipo

cui ciascuna riga è ottenuta dalla precedente con una sostituzione circolare. Il suo valore è dato da

dove ε1, ε2,..., ε sono le radici n-esime dell'unità e f(x)=a0+a1x+...+a-1x-1. Il secondo è del tipo

È utilizzato nello studio delle frazioni continue finite (da ciò deriva il nome) in quanto il rapporto tra esso e quello di ordine n-1 dà il valore della frazione continua finita

Se gli a sono tutti uguali a 1 il continuante, per n=1, 2,..., fornisce una successione di numeri interi, detta successione di Fibonacci. Per altri determinanti di interesse generale, per esempio hessiano, di Jacobi (o funzionale), secolare, di Vandermonde, wronskiano, ecc., si vedano le singole voci.

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