Lessico

sf. [sec. XIII; latino volg. *med(i)alia, mezzo denaro, da medíus, mèzzo]. Disco di metallo per lo più pregiato, più o meno grande, con iscrizione e figura, coniato a ricordo di un fatto o di un personaggio: medaglia commemorativa della grande guerra. In particolare, quella con immagini sacre che si porta come oggetto di devozione: aveva al collo una medaglia della Madonna; il rovescio della medaglia, il lato opposto al diritto dove è l'immagine principale; fig., l'opposto di ciò che appare o di cui si tratta; l'aspetto negativo, meno bello di una cosa o persona. Per estensione, distintivo che si conferisce come premio o come riconoscimento di particolari atti di valore: per il primo classificato c'è una medaglia d'oro; medaglia di valor militare, al valor civile; le medaglie d'oro, i combattenti insigniti di medaglie d'oro al valor militare.

Cenni storici: Italia

Nel Medioevo medaglia era il mezzo danaro od obolo e solo più tardi passò a indicare genericamente una moneta non più in circolazione e per estensione qualunque moneta antica o pezzo monetiforme non destinato all'uso monetario. La medaglia, infatti, si distingue dalla moneta, con la quale ha tuttavia molti caratteri in comune, per la mancanza di potere di scambio, per la possibilità di essere emessa con il nome e l'effigie di privati cittadini. La prima vera medaglia è quella fusa dal Pisanello a Ferrara nel 1438 per Giovanni VIII Paleologo. Prima di questa si conoscono pezzi monetiformi di carattere commemorativo, che rimasero però esempi isolati, ancora legati al mondo prerinascimentale, quali per esempio le medaglie fatte coniare nel 1390 da Francesco II da Carrara per la riconquista di Padova. Nella storia della medaglia il capitolo che conta maggiormente è quello del Rinascimento italiano. L'esempio del Pisanello (che ritrasse in splendide medaglie i personaggi più famosi del suo tempo) fu seguito da numerosi altri artisti e presto la medaglia si diffuse in tutta Italia. I principali centri di attività furono Mantova e Ferrara, poi Roma e Firenze. Ottimi medaglisti furono Matteo de' Pasti e Sperandio Savelli, i mantovani Jacopo Alari Bonacolsi detto l'Antico, Gian Cristoforo Romano, Bartolomeo Melioli; i veneziani Giovanni Boldò, Marco Guidiziani e il Camelio; i fiorentini Bertoldo di Giovanni e Niccolò Spinelli; a Roma lavorarono Andrea Guazzalotti e Cristoforo di Geremia e agli inizi del Cinquecento il Caradosso. Col sec. XVI iniziò per la medaglia una fase di lenta decadenza artistica, dovuta anche all'adozione della tecnica della coniazione al posto della fusione. I centri più importanti divennero Firenze, Roma, Milano. A Firenze furono attivi Benvenuto Cellini, Gian Paolo e Domenico Poggini, Pietro Paolo Galeotti, Pastorino da Siena; a Roma Giovanni dei Bernardi, Domenico Poggini, Alessandro Cesati; a Milano Leone Leoni (attivo anche a Roma), Jacopo Nizzola da Trezzo e Antonio Abondio, attivo però soprattutto all'estero. Nell'Italia settentrionale fiorì anche la scuola veneziana con Andrea Spinelli da Parma e quella padovana col vicentino Valerio Belli e Antonio da Cavino. Nel secolo successivo l'arte della medaglia ebbe come maggiori esponenti Gaspare Mola e suo nipote Gaspare Morone Mola. Tra il sec. XVII e il XVIII lavorarono come medaglisti, soprattutto a Firenze, Massimiliano Soldani Benzi e Antonio Selvi, suo allievo. Dalla fine del sec. XVIII e nel successivo la medaglia, che aveva risentito anch'essa dell'esuberante fastosità barocca, si adeguò al gusto neoclassico; le opere mostrano una grande perfezione tecnica, accompagnata però da una certa freddezza. Il più famoso medaglista italiano nei primi decenni del sec. XIX fu il romano Benedetto Pistrucci, che svolse però quasi tutta la sua attività a Londra; si distinsero anche Amedeo Lavy, Luigi Manfredini e più tardi Pietro e Giuseppe Girometti, Tommaso Mercandetti e Giuseppe Cerbara. Un rinnovamento dell'arte medaglistica italiana si ebbe solo nei primi anni del sec. XX a opera di Egidio Boninsegna, Domenico Trentacoste, Davide Calandra. Tra le due guerre e subito dopo la seconda si distinsero tra gli altri Giuseppe Romagnoli, Aurelio Mistruzzi, Publio Morbiducci. Si dedicano alla medaglistica numerosi artisti, con varietà di stili e di tendenze, da quelli tradizionali a quelli più moderni e d'avanguardia.

Cenni storici: Europa

Fuori d'Italia la medaglia si diffuse nella seconda metà del Quattrocento, spesso a opera di artisti italiani. In Germania si costituirono presto due scuole: una ad Augusta, dove prevalse la tecnica della fusione, l'altra a Norimberga, dove fu usata prevalentemente la coniazione. Tra i principali artisti del sec. XVI sono da annoverare H. Schwarz, H. Daucher, F. Hagenauer della prima scuola; L. Krug, M. Gebel, H. Reinhart della seconda. Nel secolo successivo scomparve quasi del tutto la medaglia fusa e tra gli artisti si distinsero S. Dadler, J. Höhn, P. Heinrich Müller. In Francia le prime medaglie furono dei pezzi d'oro, sottili ed espansi, fatti coniare da Carlo VII per la fine della guerra dei Cento anni. Artisti italiani come Francesco Laurana e Pietro da Milano eseguirono medaglie fuse alla corte di Renato d'Angiò. Tra gli artisti francesi si distinsero Jean Goujon e più tardi Guillaume Dupré e Jean Varin, il migliore degli artisti francesi del Seicento, la cui influenza si risentì anche in Italia. Con Luigi XIV si ebbe una serie di medaglie (Histoire Métallique) intesa a illustrare gli avvenimenti più notevoli del regno. Vi lavorarono Ch. J. François Cheron, Jean Manger, Joseph Roettier. Importanti pure le medaglie commemorative dei grandi avvenimenti della Rivoluzione e dell'impero napoleonico. Oggi la medaglistica francese è tra le più interessanti. In Olanda nel sec. XVI sono da segnalare Metsys, J. Second e più tardi J. Jonghelinck; il migliore di tutti fu Stefano d'Olanda. Nel sec. XVII lavorarono A. Waterloos e J. de Montfort. In Spagna non esistette una medaglistica nazionale fino al sec. XVIII. ln Inghilterra l'arte della medaglia nacque solo nel sec. XVI. Fra i medaglisti inglesi si debbono ricordare nel sec. XVII Th. Rawlin e A. e Th. Simon e nel tardo Settecento Th. Perigo.

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