melanòma

sm. (pl. -i) [sec. XIX; da melano-+-oma]. Neoplasia maligna dei melanociti che costituisce il 2% ca. di tutti i tumori maligni; fra tutte le malattie a insorgenza cutanea è quella che presenta il più alto rischio di recidiva e di morte. Oltre alla cute può interessare il cavo orale, l'esofago, le leptomeningi, la congiuntiva e l'occhio, il canale anale, la vagina. Sicuri precursori del melanoma maligno sono da considerarsi il nevo displastico e alcuni nevi nevocellulari. Per la diagnosi clinica gli aspetti fondamentali da prendere in esame sono il colore dei nevi sui quali compaiono aree di colore rosso, bianco o blu, oltre al bruno e al nero; i bordi, che sono irregolari con sfrangiature quali protrusioni e introflessioni; l'asimmetria della lesione; la dimensione e l'evoluzione. In altre parole vanno considerate le caratteristiche cliniche tipiche della fase iniziale del melanoma. La diagnosi precoce del melanoma è importantissima, poiché consente di effettuare la rimozione chirurgica prima che si abbia un'invasione in profondità. I dati più importanti, al fine di stabilire la sopravvivenza, vengono forniti dall'esame istologico e sono rappresentati dal livello di invasione secondo la classificazione di Clark (si va dal I livello in cui il tumore è circoscritto all'epidermide, al V in cui il tumore invade il tessuto sottocutaneo); dallo spessore verticale del tumore misurato in millimetri (se inferiore a 0,85 la prognosi è favorevole, se superiore a 3,65 vi è un elevato rischio di recidiva e di morte); dal tipo istologico. La terapia prevede l'exeresi chirurgica della lesione primitiva, con o senza l'asportazione profilattica dei linfonodi regionali, in quanto non è noto se la linfoadenectomia influenzi il decorso della malattia.

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