menopàusa

sf. [sec. XIX; da meno-+greco pâusis, cessazione]. La menopausa è un evento biologico naturale che si manifesta con la cessazione delle mestruazioni per l'esaurimento della attività follicolare ovarica, e si accompagna a marcate modificazioni ormonali (riduzione degli estrogeni, aumento delle gonadotropine LH e FSH). L'età della sua comparsa è in media di circa 50 anni, e dipende da fattori individuali, familiari, genetici. La menopausa è conseguenza dell'incapacità dei follicoli ovarici di maturare e ovulare e di alterazioni della stimolazione bioritmica diencefalo-ipofisaria. Può manifestarsi in modo brusco e inaspettato o essere preceduta da un periodo di irregolarità mestruali (cicli brevi alternati a periodi di amenorrea). In rapporto con la menopausa può comparire una sintomatologia assai varia costituita da fenomeni vasomotori (vampate di calore, cardiopalmo), neuropsichici (facile irritabilità, modificazioni del carattere, stati ansiosi, cefalee) e da manifestazioni artropatiche e osteoporotiche. La menopausa può verificarsi precocemente in seguito a gravi malattie o artificialmente con la rimozione chirurgica degli organi sessuali o in seguito a radiazioni; in questi casi, e quando le manifestazioni assumono carattere patologico, si deve ricorrere a farmaci in grado di alleviare il singolo sintomo o a un'idonea terapia ormonale sostitutiva. Quest'ultima reintroduce nell'organismo gli ormoni sessuali che la donna in menopausa non produce più e ha la finalità di contrastare i sintomi legati al climaterio e di esercitare una funzione profilattica sul metabolismo e sui distretti organici più facilmente compromessi dalla sindrome menopausale, quali il sistema cardiovascolare e l'apparato osseo. Le terapie sono a base di un estroprogestinico somministrato a dosaggio sempre più basso e sempre più biodisponibile per l'organismo. La presenza del progesterone nel trattamento ha lo scopo di proteggere l'endometrio dallo stimolo proliferativo indotto dall'estrogeno e ridurre quindi il rischio di carcinoma uterino. Le candidate ideali a una terapia ormonale sostitutiva di breve-media durata (meno di 5 anni) sono le donne che lamentano disturbi soggettivi ma che non presentano fattori di rischio per osteoporosi. In questi casi i sintomi vengono alleviati con un rischio trascurabile di sviluppare un tumore della mammella. Nelle donne che invece hanno evidenti fattori di rischio a carico dello scheletro va presa in considerazione una terapia di lungo periodo (10 anni circa) che può però comportare un modesto aumento del rischio di avere un tumore al seno. Per quantificare quest'ultimo si può ricorrere al seguente esempio. Tra le donne di 50 anni che non fanno uso della terapia ormonale sostitutiva, circa 45 su 1000 avranno nei prossimi 20 anni un carcinoma alla mammella; tale cifra aumenta di 2 casi per 1000 in caso di terapia sostitutiva della durata di 5 anni, e di 6 casi su 1000 se il trattamento dura 10 anni. Una promettente alternativa alla terapia ormonale sostitutiva sono i fitoestrogeni, sostanze biologicamente attive che interagiscono con i recettori estrogenici beta, prevalenti nella corteccia cerebrale, nei polmoni, nell'intestino, nei reni e nella vescica. A essi si attribuiscono funzioni antiossidative, antinfiammatorie e antipertensive, capaci di ridurre le vampate dovute alla menoapusa, di normalizzare il profilo lipidico e di promuovere un controllo della vasomobilità. L'attenzione su questi principi attivi è stata posta in base a considerazioni epidemiologiche, notando come nelle popolazioni orientali, la cui dieta è ricca di fitoestrogeni, soffrano di minori disturbi in menopausa.

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