Chimica

sf. [sec. XIX; dal francese morphine, tratto dal nome di Morfeo]. Alcaloide che costituisce il più importante principio attivo dell'oppio, a cui conferisce le peculiari proprietà narcotiche e analgesiche. La struttura della morfina presenta un nucleo fenantrenico nel quale è inserito un anello isochinolinico.

I due ossidrili –OH presenti nella molecola hanno grande importanza per l'attività farmacologica. La loro trasformazione in gruppi etere o estere, oppure la sostituzione con radicali alchilici, producono consistenti modificazioni dell'attività, non solo in senso quantitativo ma anche qualitativo. Per esempio, il prodotto di metilazione dell'ossidrile fenolico della morfina, cioè la codeina, ha modeste proprietà analgesiche, ma possiede una potente azione antitosse; un altro alcaloide naturale dell'oppio, la tebaina, che ha ambedue gli ossidrili metilati, è praticamente sprovvisto di effetti analgesici, mentre possiede effetti convulsivanti già a piccole dosi.

Farmacologia: azione ed effetti collaterali

La morfina, che si ricava solo dall'oppio, ha una complessa fisionomia farmacologica: l'azione più importante è quella di esercitare potenti effetti analgesici a carico del sistema nervoso centrale. L'abolizione della sensibilità dolorifica ha carattere altamente specifico, poiché non implica alcuna interferenza con altri meccanismi sensoriali (visivo, uditivo, tattile, ecc.). Un altro aspetto importante dell'azione morfinica è quello di abolire il dolore “inteso come sofferenza”, cioè l'insieme delle risposte reattive emozionali che il dolore evoca, una volta percepito come sensazione specifica: ansia, insoddisfazione, depressione, paura, ecc. Il soggetto sofferente trattato con morfina riferisce spesso di percepire ugualmente la sensazione dolorosa, ma nel contempo non ha più difficoltà a tollerarla. A dosi appena superiori a quelle analgesiche (10-15 mg) la morfina provoca apatia, ottundimento mentale, difficoltà di ideazione, iporiflessia e quindi il sonno, che è generalmente caratterizzato da una intensa attività onirica. A dosi di 25-30 mg compaiono effetti deprimenti sui centri respiratori, che provocano la diminuzione della frequenza e dell'ampiezza del respiro e l'inibizione dell'automatismo respiratorio. Altri effetti collaterali a carico del sistema nervoso centrale sono l'inibizione del riflesso della tosse, la miosi, la stimolazione dei recettori dell'area postrema del bulbo, che può produrre nausea e vomito. A livello periferico la morfina provoca la disorganizzazione della peristalsi intestinale, da cui stipsi, diminuzione delle secrezioni biliari e pancreatiche, vasodilatazione, aumento del tono della muscolatura liscia delle vie biliari, degli ureteri e della vescica.

Farmacologia: applicazioni terapeutiche

Per la complessa fisionomia farmacologica della morfina, il limitato margine esistente tra dosi terapeutiche e dosi tossiche e la facilità con cui il farmaco provoca l'assuefazione e la tossicomania (vedi morfinomania), gli studiosi hanno tentato da molti anni di modificare la struttura della morfina allo scopo di ottenere derivati di sintesi ugualmente efficaci ma sprovvisti di effetti secondari. I numerosi derivati morfinici sono dotati di apprezzabile azione analgesica, ma nessuno si è rivelato clinicamente migliore della morfina, cosicché ancora oggi l'alcaloide naturale è da considerarsi l'analgesico di efficacia insuperata. L'uso della morfina per gli effetti succitati è riservato a casi ben precisi: in chirurgia, per la preparazione preanestetica all'intervento operatorio, negli interventi diagnostici (broncoscopia, cistoscopia), nelle manovre ortopediche; nel trattamento dei dolori intensi di origine traumatica, nelle scottature estese; in campo medico: nelle coliche renali, per i dolori da occlusione acuta dei vasi periferici, nell'infarto del miocardio, nell'edema polmonare acuto, per i dolori pleurici e pericardici. La morfina è spesso un farmaco insostituibile nel trattamento dei dolori neoplastici in fase terminale. La morfina è controindicata nell'infanzia, per la scarsa capacità del bambino di metabolizzare il farmaco, nei soggetti con ridotta efficienza respiratoria (asma, enfisema), nei traumatizzati cranici e in seguito a emorragie profuse. Nella patologia addominale l'uso della morfina richiede grande cautela data l'azione del farmaco sull'intestino e sulle vie biliari.

F. G. Wood-Smith, M. D. Vickers, H. C. Stewart, Drugs in Anaesthetic Practice, Londra, 1973; G. Kuschinsky, H. Lüllman, Farmacologia, Padova, 1974; V. Andreoli, F. Mattei, G. Tamburino, Il ciclo della droga. Morfina, eroina, metadone, Milano, 1982.

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