Lessico

sm [sec. XX; da multiculturale].

1) L'appartenenza o la partecipazione a più tipi di culture.

2) Politica che mira alla tutela dell'identità culturale dei diversi gruppi etnici di uno Stato.

Sociologia: generalità

La nozione di multiculturalismo va definita a partire dal concetto di cui essa è diretta filiazione: quello di cultura. A sua volta, il concetto di cultura può comprendere diversi significati e accezioni, tutti isolabili proficuamente ma, in questo contesto, di relativa utilità. Due suoi significati sono fondamentali per meglio mettere a fuoco il fenomeno del multiculturalismo e per procedere a ulteriori approssimazioni: essi sono quello di culturain senso sociologico e di quello di culturain senso etno-antropologico. Questi due tipi si distinguono dagli altri perché rappresentano dei modelli d'integrazione simbolica ampia: ossia, una condivisione di simboli e significati tra gli individui che appartengono a un raggruppamento umano. Il concetto sociologicodi cultura è dato dall'insieme di valori, norme, modelli di comportamento e definizioni della situazione che influisce sull'agire dei soggetti appartenenti a un dato sistema sociale. Per quanto riguarda il concetto etno-antropologico di cultura, esso si basa su un altro modello di integrazione simbolica, fondato sulle tradizioni, le credenze, le rappresentazioni, i costumi che influiscono sull'approccio alla vita quotidiana da parte dei componenti di un sistema sociale e li rendono immediatamente distinguibili da quelli provenienti da altri sistemi sociali.

Sociologia: accettazione e riconoscimento

Spostando l'asse del discorso dalla definizione dei molteplici aspetti legati al concetto di cultura all'analisi del multiculturalismo, si assume implicitamente la compresenza di diverse culture, dal cui incontro e confronto sorgono necessità di mediazione e integrazione. Il concetto di multiculturalismo parte proprio dalla constatazione di una realtà formata dall'esistenza di culture diverse, distanti per contenuti e forme simboliche e perciò poste in situazione di difficile comunicazione reciproca. In realtà, la condizione di coesistenza fra culture non è una novità dell'epoca odierna; la vera svolta nel dibattito filosofico, giuridico e sociologico, tale da portare al centro dell'attenzione il tema del multiculturalismo, è stata quella che ha spinto a ragionare sulla pari dignità fra culture diverse, allontanando la pretesa di egemonismi di alcune culture sulle altre a partire da motivazioni legate a un maggiore sviluppo economico, tecnologico e sociale. Dovendo quindi definire il concetto di multiculturalismo, si può dire che esso si manifesta essenzialmente in un atteggiamento di accettazione e riconoscimento tenuto unilateralmente da una cultura nei confronti di un'altra, o di riconoscimento reciproco fra due culture che entrino in contatto per qualsivoglia motivo. L'aspetto che più degli altri risalta è quello che fa riferimento al multiculturalismo come a un atteggiamento: esso, infatti, è prima di tutto, una predisposizione di uno o più individui nei confronti di realtà culturalmente diverse rispetto a quella di riferimento. L'accettazione e il riconoscimento si presentano come le strategie di azione da parte di chi si fa portatore di un atteggiamento di apertura nei confronti delle culture altre: accettazione è una condotta di non preconcetta negazione nei confronti delle diversità; riconoscimento è l'assegnazione di pari dignità ai contenuti della diversità (le pratiche religiose, i modelli di famiglia, le abitudini alimentari). Questo atteggiamento può essere tenuto unilateralmente dai membri di un sistema sociale verso quelli provenienti da un altro o, reciprocamente, da membri di sistemi sociali e culturali diversi. La differenza fra i due casi (un sistema che effettua un'azione di riconoscimento di singoli individui o gruppi, o due sistemi che si riconoscono reciprocamente) è di grande importanza. Dal punto di vista dei principi filosofici e sociologici, infatti, il caso del reciproco riconoscimento fra culture diverse è quello di maggiore importanza, sul quale si anima il dibattito e si raccolgono i contributi di maggior valore teorico. Viceversa, sul piano delle politiche pratiche, il caso più frequente (e di più difficile soluzione) è quello del singolo sistema sociale (e culturale) che si trovi nelle condizioni di dover riconoscere gruppi di individui provenienti da culture altre.

Sociologia: migranti e minoranze

I problemi di integrazione dei nuovi arrivati non sono equiparabili a quelli affrontati per i rapporti con le cosiddette minoranze,che hanno costituito per la gran parte degli Stati-nazione esistenti un tema di non facile gestione. Le minoranze, infatti, sono costituite da gruppi di popolazione interni a un sistema sociale ma caratterizzati da forme di appartenenza (nazionale, religiosa, linguistica) differenti da quelle assegnate dal sistema stesso. La differenza fra le minoranzee i gruppi di migranti è data dal fatto che le prime sono generalmente integrate nella cultura del sistema sociale in cui trovano cittadinanza: vi si trovano integrate simbolicamente, ne hanno accettato i sistemi di valori e le norme; vi sono integrate politicamente, poiché godono dei diritti elettorali attivi e passivi; e, infine, vi sono integrate socialmente, dato che godono dei medesimi diritti, doveri e status che vengono assegnati a tutti gli altri cittadini del sistema sociale in questione. Viceversa, i migranti sono portatori di una cultura in molti casi estremamente distante da quella del sistema sociale di accoglienza e ciò comporta gravi problemi di gestione simbolica delle tensioni. Ciò significa che le tensioni fra la società di accoglienza e i gruppi di migranti possono sorgere non soltanto sul tema dell'assegnazione dei diritti e degli status, ma anche su quello dei valori culturali e dei modelli di comportamento di cui i nuovi arrivati sono portatori e il cui impatto con la nuova realtà può provocare gravi attriti.

Sociologia: interazione e integrazione culturale

L'incontro fra diverse culture presenta dunque una serie di problemi di non facile risoluzione. Quello che appare maggiormente rilevante, e al quale si è già fatto cenno, riguarda il diverso peso specifico che devono avere la cultura in senso sociologico e la cultura in senso etno-antropologico. Il sistema sociale di accoglienza, nell'operare le sue strategie di inclusione, si trova a imporre in modo più o meno marcato il proprio modello di cultura ai migranti. Quello che così si realizza viene definito processo di acculturazione; esso consiste nella trasmissione/imposizione del modello di cultura che caratterizza un sistema sociale a tutti coloro che giungano in esso dall'esterno. Il modello dell'acculturazione è stato quello finora dominante nei rapporti fra i sistemi sociali di accoglienza e i migranti. La crescente spinta verso il multiculturalismo come soluzione ai problemi nei rapporti fra culture diverse pone le premesse per il superamento di questo modello di soluzione del problema, ma non lo cancella in assoluto. I sistemi sociali di accoglienza manifesteranno comunque una tendenza a imporre il loro modello culturale e ad attenuare l'incidenza di quelli provenienti dall'esterno. Il tipo di acculturazionecui un sistema sociale sottopone i nuovi arrivati si risolve nel diverso mix di cultura in senso sociologico e cultura in senso etno-antropologico. Il sistema sociale di accoglienza, infatti, tenderà in ogni caso a imporre i propri valori e le proprie norme (cioè la propria cultura in senso sociologico), ma avrà un atteggiamento variabile nei riguardi dei costumi, rappresentazioni, credenze, tradizioni (cioè della cultura in senso etno-antropologico). Un esempio può essere portato facendo riferimento ai lavoratori provenienti da Paesi africani o asiatici che giungono nei Paesi economicamente sviluppati. I sistemi sociali che li accolgono, nell'attuare il loro modello di inclusione, procederanno innanzi tutto a trasmettere la loro cultura in senso sociologico: imporranno quindi i loro valori e le loro norme. Il lavoratore immigrato si vedrà trasmettere il valore del profitto, del lavoro retribuito, della prestazione utile; apprenderà una cultura dei diritti (sindacalizzazione, orario fisso, previdenza) che per lui potrebbe costituire una novità. Imparerà infine a comportarsi in modo consequenziale a tutto ciò che apprende (cioè interiorizzerà le norme del sistema sociale di accoglienza). Diverso il discorso per ciò che riguarda la cultura in senso etno-antropologico: il lavoratore immigrato, infatti, continuerà a mantenere le credenze, le rappresentazioni della realtà, i costumi che si porta dietro dal sistema sociale d'origine. Un esempio molto dibattuto di chiusura etno-antropologica da parte di un sistema sociale è quello che si è verificato in alcune società occidentali riguardo all'uso del chador da parte delle ragazze di fede islamica nelle scuole pubbliche. L'uso di coprire il capo delle donne col velo quando queste si trovino in pubblico risponde a un radicato precetto delle culture islamiche e ne costituisce un valore inderogabile soprattutto per ciò che riguarda l'equilibrio dei rapporti uomo/donna; trasportato all'interno di una società occidentale, questo uso si trasforma in un disvalore: esso infatti viola il principio della laicità della scuola pubblica, urta una sensibilità diffusa legata a un rapporto più equilibrato fra sessi e, in generale, viene vissuto come un'imposizione alla donna che lo indossa e quindi essenzialmente come una violazione della libertà personale.

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