mutilazióne

Indice

Lessico

sf. [sec. XVII; dal latino tardo mutilatío-ōnis]. Atto ed effetto del mutilare: mutilazione di un braccio. In particolare, in medicina, perdita anatomica di un arto o di un suo segmento, di un organo o di parti importanti dell'organismo per amputazione o distruzione traumatica. Per la mutilazione procurata, in diritto, vedi autolesionismo; per il diritto militare, vedi infermità. Anche fig.: il tempo ha inflitto gravi mutilazioni al monumento.

Etnologia: mutilazioni rituali

Espressione che, nella religione di vari popoli, comprende le mutilazioni vere e proprie (circoncisione, clitoridectomia, avulsioni di denti, ecc.), ma anche le deformazioni del corpo (deformazione del cranio, atrofizzazione di un braccio, ecc.) o l'impressione in esso di segni permanenti (cicatrici, tatuaggi, ecc.). Comune a tutte queste pratiche è il fine di sottrarre l'uomo al suo stato naturale per introdurlo in uno stato culturale. Si tratta sempre di una manomissione del corpo umano intesa come manomissione della natura. Pertanto tale atto è sempre ritualizzato e contenuto nella sfera del religioso. I riti in cui si realizzano le mutilazioni sono chiaramente riti di passaggio, e più specificamente riti di iniziazione tribale, celebrati per l'inserimento del giovane nella società degli adulti. Le mutilazioni rituali, a volte sostituite da atti puramente simbolici, come il taglio di capelli e la tonsura, si trovano a ogni livello culturale e sono variamente inserite nei contesti religiosi dei singoli popoli.

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