ocèllo

sm. [sec. XIX; dal latino ocellus, dim. di ocŭlus, occhio]. Organulo fotorecettore proprio degli Invertebrati (alcuni dei quali hanno veri occhi) di struttura più semplice di quella dell'occhio ma tuttavia variabile fra quella di una semplice macchia di cellule pigmentate sensibili alla luce (macchie oculari) e quella di un organo composto, oltre che da un tappeto di cellule fotosensibili (retinula), da un elemento diottrico periferico, da uno strato corneale esterno ed eventualmente da uno strato riflettente interno. Negli Artropodi la cornea può anche avere funzione diottrica. Parimenti, l'organizzazione del sistema nervoso dell'ocello è di complessità variabile. Gli ocelli sono in genere sensibili alla direzione della luce, alle variazioni della sua intensità e al movimento della sorgente luminosa, permettendo agli animali un orientamento fototropico, ma, al contrario dei veri occhi, non producono immagini dettagliate dell'ambiente. Ocelli estremamente semplici, talvolta denominati stigmi, compaiono già in alcuni Protozoi (Flagellati), nei quali sono costituiti da una masserella di pigmento rosso-bruno a cui spesso si unisce uno strato di sostanza amiloide di forma lenticolare; singoli elementi cellulari sensibili alla luce o ocelli pluricellulari di varia complessità sono presenti in tutti gli invertebrati a vita libera, tra i quali le forme più complesse si trovano negli Anellidi, nei Molluschi e negli Artropodi; negli Insetti gli ocelli sono tipicamente tre. Mancano di ocelli (e di occhi) gli stadi parassiti e le specie che vivono in ambienti non illuminati (cavernicolo, interstiziale, ecc.).

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