Lessico

agg. e sm. [sec. XIX; da orbita].

1) Agg., proprio dell'orbita; in particolare, in astronautica, volo orbitale, quello effettuato entro satelliti artificiali posti in orbita; in fisica atomica, momento orbitale, il momento della quantità di moto di un elettrone rispetto al nucleo (vedi atomo).

2) Relativo alle orbite oculari; orbitario: cavità orbitale, lo stesso che orbita; fascia orbitale, lo stesso che capsula di Tenone; regione orbitale, il complesso costituito dall'orbita e dalle parti molli che si trovano in essa o attorno a essa. In particolare, in antropologia, indice morfologico orbitale, dato, rilevato sul cranio, ottenuto dal rapporto percentuale fra l'altezza dell'orbita e la sua larghezza. In base al valore assunto dall'indice, si ha cameconchia (indice minore di 75,9), mesoconchia (fra 80 e 85), ipsiconchia (maggiore di 85).

3) Sm., in chimica fisica, funzione d'onda associata a un elettrone in un atomo (orbitale atomico) o in una molecola (orbitale molecolare); il quadrato del modulo di tale funzione indica la probabilità che ha l'elettrone di essere presente in un qualsiasi punto di coordinate x, y, z dello spazio.

Fisica

Gli orbitali atomici indicano la distribuzione spaziale della densità di carica associata a un elettrone: un orbitale atomico può essere occupato solamente da uno o da due elettroni purché i loro spin siano antiparalleli. Nella descrizione degli atomi in termini di orbitali atomici risulta che quando si passa dall'atomo più semplice costituito da un nucleo e da un solo elettrone, l'idrogeno, ad atomi con struttura plurielettronica, la distribuzione degli elettroni nello spazio intorno al nucleo può essere descritta da funzioni dette funzioni d'onda nelle tre coordinate spaziali x, y, z che contengono i valori dell'energia E dei singoli elettroni. Le stesse funzioni d'onda permettono di descrivere la probabilità di trovare un elettrone nello spazio intorno al nucleo e di rappresentare e visualizzare tale distribuzione con rappresentazioni grafiche con le quali si possono contrassegnare gli orbitali con le lettere s, p, d, e con particolari forme geometriche nello spazio riprodotte in figure corrispondenti alle diverse energie degli elettroni che occupano gli orbitali atomici. In particolare gli orbitali s hanno forma sferica, quelli p forma a doppio manubrio, orientabili lungo i tre assi cartesiani e di conseguenza sono tre px, py e pz, orbitali d che, con considerazioni analoghe a quelle precedenti, risultano 5 ecc. Per lo studio della struttura elettronica delle molecole si ricorre a metodi di calcolo approssimati dell'energia del sistema molecolare come quello detto degli orbitali di valenza (o metodo VB, da Valence Bond) o quello degli orbitali molecolari (o metodo LCAO, da Linear Combination of Atomic Orbitals, indicato più semplicemente come metodo MO, da Molecular Orbitals). Il metodo MO per le minori difficoltà matematiche presentate è attualmente il più seguito. Gli orbitali molecolari consentono di descrivere la distribuzione elettronica nella molecola; l'orbitale molecolare è inteso come una combinazione lineare di orbitali atomici centrati sugli atomi costituenti la molecola. Gli orbitali atomici per poter concorrere alla formazione di un orbitale molecolare devono presentare determinate condizioni: il valore energetico a essi associato deve essere all'incirca uguale; gli orbitali devono avere le stesse proprietà di simmetria e devono sovrapporsi il più possibile. Due orbitali atomici infatti danno luogo a un orbitale molecolare tanto più stabile quanto maggiore è la loro sovrapposizione. Un orbitale molecolare può ospitare al massimo due elettroni a spin antiparallelo. La compenetrazione e interazione reciproca di orbitali atomici parzialmente occupati porta alla condivisione di elettroni tra atomi ossia alla formazione di legami covalenti.

Fisica: orbitali ibridi

Spesso capita che orbitale s e p interagiscano con formazione di orbitali ibridi. Il carbonio offre al riguardo un esempio evidente; nello stato fondamentale i suoi sei elettroni sono così distribuiti: 1s², 2s², 2p¹x, 2p¹y. Ci si dovrebbe attendere la formazione di due soli legami mentre di regola il carbonio ne presenta quattro, come risulta evidente per esempio nel composto CH4, il metano; si ammette che, data la piccola differenza energetica tra gli s e p del secondo livello, un elettrone 2s possa passare in 2pz. Dei quattro legami adesso possibili solo tre dovrebbero risultare equivalenti, mentre in realtà tutti i legami risultano identici. L'equivalenza dei legami è giustificata se si postula appunto un'ibridazione tra gli orbitali s e p. Gli orbitali ibridi risultanti dalla combinazione di un orbitale s e tre orbitali p sono indicati come sp3; sono quattro, identici e orientati nello spazio come i vertici di un tetraedro regolare avente al centro il nucleo del carbonio. Considerando la molecola del metano ognuno degli orbitali sp3 si combina con l'orbitale s di uno degli idrogeni formando un legame detto δ. Il legame δ risulta dall'accoppiamento di due orbitali che si sovrappongono lungo l'asse congiungente i nuclei dei due atomi interessati: gli elettroni circolanti in questi orbitali vengono quindi a trovarsi prevalentemente nella regione intermedia tra i due nuclei. Quando almeno uno dei due orbitali interagenti è del tipo s, il legame che ne deriva è δ: infatti gli orbitali s, privi di orientamento proprio perché sferici, si presentano rispetto all'altro orbitale in modo che la sovrapposizione in pratica si realizza lungo l'asse che congiunge i due nuclei. Il legame semplice tra atomi di carbonio dovuto appunto alla sovrapposizione longitudinale di due orbitali sp3 è un tipico legame δ. Quando invece si presenta un doppio legame si deve ammettere per ciascuno dei due atomi di carbonio la formazione di tre soli orbitali ibridi mentre il quarto orbitale rimane un p non ibridato: quindi un orbitale s e due p interagiscono realizzando tre orbitali detti sp², disposti a 120º l'uno dall'altro nel piano perpendicolare all'orbitale p non coinvolto. Avvicinando due atomi di carbonio fino a consentire la sovrapposizione di due orbitali sp², si realizza un legame del tipo δ, e, inoltre, per la compenetrazione dei due orbitali p, si origina un altro legame consistente in due nubi elettroniche diffuse disposte ai lati dell'asse congiungente i due nuclei di carbonio. Questo legame è detto π perché risulta dalla combinazione di due orbitali p; poiché questi risultano disposti perpendicolarmente all'asse congiungente i due nuclei e presentano forma di due lobi accoppiati (8) ne consegue l'improbabilità di trovare loro elettroni tra i nuclei degli atomi legati. Il legame π risulta molto meno forte di quello δ. Da quanto detto risulta che la messa in comune di elettroni s porta sempre alla formazione di legami δ mentre se si tratta di elettroni p si possono ottenere sia legami δ per combinazione con orbitali s o tra due orbitali py, perché disposti lungo l'asse internucleare, sia legami π se invece la combinazione avviene tra orbitali p non disposti lungo la congiungente i due nuclei interessati. È possibile infine la formazione di ibridi sp quando un orbitale s e un solo orbitale p si combinano, mentre restano inalterati i rimanenti due orbitali p. I due orbitali sp giacciono sullo stesso piano e sono disposti lungo lo stesso asse, mentre quelli p giacciono su un piano perpendicolare al precedente e sono tra loro perpendicolari. Per interazione di due atomi di carbonio in tali condizioni si formeranno un legame δ dovuto alla sovrapposizione dei due orbitali sp e due legami π dovuti alla sovrapposizione degli orbitali p non ibridati. In pratica si forma una nuvola elettronica cilindrica dovuta ai legami π attorno all'asse congiungente i due nuclei di carbonio lungo il quale agisce il legame δ.

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