Lessico

sf. [sec. XIII; latino poena].

1) Danno che si infligge per punizione a chi ha commesso il male o a chi ne è ritenuto colpevole: infliggere una pena; scontare una pena. Pena di morte, vedi morte. Anche castigo, temporaneo o perpetuo, dell'anima per i peccati commessi: le pene del Purgatorio; nel linguaggio comune, anima in pena, di persona spiritualmente tormentata, che non si dà pace.

2) Per estensione, sofferenza fisica o morale: soffrire le pene dell'amore; sopportare pene terribili; dispiacere, dolore, preoccupazione, ansia: essere in pena per qualcuno o per qualche cosa; non stare in pena per me; provare pena per le condizioni altrui, provare compassione; anche fatica, difficoltà, stento: lo vidi salire con gran pena la lunga scalinata; nelle loc.: a mala pena, con difficoltà; non valere la pena di, non metter conto di; far pena, far compassione, spesso con valore spregiativo: scrive in modo che fa pena.

Diritto: storia

Nel diritto e nel processo privato, il termine si riferisce ad azioni tendenti ad arrecare un danno ai beni o alla persona (in misura non grave): la vittima è legittimata a vendicarsi. La vendetta, dapprima limitata (legge del taglione), venne tradotta in una prestazione pecuniaria (prima volontaria, poi imposta) proporzionata all'entità dell'illecito. Per le singole fattispecie, vedi delitto. La nozione di pena venne applicata anche nel processo pubblico, come sanzione di un illecito, di carattere sia patrimoniale sia personale (morte o esilio). Nel sec. I a. C., la poena legis indicava la sanzione, fissata per le singole quaestiones che il magistrato presidente doveva applicare, una volta che i giurati avevano accertato la colpevolezza dell'accusato. Dato il suo carattere, non poteva essere commisurata alla gravità del fatto, come, in seguito, nel sistema della cognitio extra ordinem, dove le pene furono graduate secondo la gravità del fatto, delle circostanze, delle condizioni dell'accusato (honestior, humilior). Oltre alla pena capitale (morte applicata in varie forme) erano comminati l'esilio, la confisca dei beni, la privazione di dignità, i lavori forzati.

Diritto: generalità

Nel diritto italiano moderno la pena si definisce come la sanzione prevista per l'infrazione a una norma penale. Fra le varie teorie elaborate sulla sua funzione, la più aderente al nostro Codice Penale e in accordo con l'art. 27 della Costituzione sembra essere quella che fissa lo scopo della pena nella prevenzione e repressione generale di reati, quindi nel mantenimento dell'ordine giuridico e nella protezione della società di fronte al crimine. Accanto a questa funzione primaria, l'art. 27 della Costituzione, stabilendo che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono invece tendere alla rieducazione del condannato, ha introdotto un'ulteriore funzione della pena, senza però che decada il carattere di primarietà della precedente, a eccezione dei minorenni, per i quali il trattamento negli istituti di reclusione dovrebbe avere come fine primario quello pedagogico. A questo scopo, pur essendo il nostro attuale sistema ben lungi dal consentire la riabilitazione del condannato, anche se questo è minore, si sono previsti per i delinquenti minori degli anni 18 speciali istituti di rieducazione. Secondo l'ordinamento vigente, caratteri fondamentali della pena sono la personalità (art. 27 Costituzione: “La responsabilità penale è personale”) e la legalità (art. 1 Codice Penale: “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”). Le pene possono essere: principali o accessorie. Sono principali le pene inflitte dal giudice con sentenza di condanna; tali pene possono essere limitative della libertà personale (ergastolo, reclusione, arresto), o pecuniarie (multa, ammenda); sono accessorie le pene che conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa (interdizione dai pubblici uffici o da una professione o arte, interdizione legale, interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, perdita o la sospensione dell'esercizio della potestà dei genitori). La pena viene inflitta in seguito a processo, con sentenza del giudice che la applica “discrezionalmente”; in altre parole, la norma penale indica un minimo e un massimo di pena per ciascun reato; il giudice stabilisce l'entità concreta della pena entro questi limiti, secondo la gravità del reato desunta da vari elementi, sia di natura oggettiva (modalità dell'azione criminale, gravità del danno o pericolo procurato alla persona offesa, ecc.), sia di natura soggettiva (“capacità a delinquere” del colpevole, ecc.). Le pene che comportano limitazione della libertà personale si scontano in stabilimenti speciali per ciascuna categoria di criminali. L'esecuzione delle pene detentive avviene sotto la vigilanza del giudice (art. 144 Codice Penale). Quando la pena detentiva inflitta ha una durata non superiore a due anni, il giudice ha la facoltà di ordinarne la sospensione condizionale per un periodo di cinque anni. Trascorso questo termine, se il condannato non ha commesso un altro delitto o contravvenzione della stessa indole, e adempie agli obblighi imposti, il reato si estingue; altrimenti la sospensione viene revocata. Per i minori di anni 18 e per chi ha compiuto i 70 anni, la sospensione condizionale è estesa ai delitti per i quali sia inflitta una pena non superiore ai tre anni. La sospensione condizionale della pena ha come presupposto che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. La pena si estingue: per morte del condannato (art. 171 Codice Penale); per decorso del tempo, se il condannato si è sottratto volontariamente all'esecuzione della condanna, quando, nel caso di pena per reclusione, sia trascorso un tempo doppio rispetto a quello della pena inflitta, non superiore a trenta anni, né inferiore a dieci (art. 172 Codice Penale). L'arresto e l'ammenda si estinguono in cinque anni, la multa in dieci anni. Anche l'indulto e la grazia estinguono la pena principale, ma non, generalmente, quelle accessorie.

Diritto: il processo penale

Nel diritto processuale penale, l'imputato e il Pubblico Ministero possono chiedere al giudice l'applicazione della pena su loro richiesta quando questa non supera due anni di reclusione o di arresto soli o congiunti a pena pecuniaria (art. 444 e seguente Codice Procedura Penale). La richiesta può essere effettuata fino alla presentazione delle conclusioni nell'udienza preliminare e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se vi è il consenso delle parti, il giudice dispone con sentenza l'applicazione della pena. La sentenza non comporta la condanna al pagamento delle spese del processo (salvo per la parte civile) né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza.

Diritto canonico

Secondo il diritto canonico privazione di un bene, disposta dalla legittima autorità ecclesiastica per la correzione del delinquente e per l'espiazione del delitto. Nello spirito del diritto canonico si deve ricorrere alla pena solo dopo aver esperito tutti i mezzi di persuasione. La pena è medicinale, se ha per scopo principale l'emendazione del colpevole; vendicativa, quando tende anzitutto all'espiazione del delitto.

Diritto militare

Il reato militare è punito con pene ogni qualvolta la condanna non comporti la perdita, da parte del condannato, della qualità di militare (in tal caso vengono applicate le normali pene dell'ergastolo o della reclusione). Pena militare principale è la reclusione militare. È stata definitivamente espunta la pena di morte a seguito della legge 13 ottobre 1994, n. 589. Pene militari accessorie sono: la degradazione, la rimozione, la sospensione dall'impiego, la sospensione dal grado, la pubblicazione della sentenza di condanna.

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