Descrizione generale

sm. [sec. XIX; dal latino pollen -ínis, propr. fior di farina]. Insieme di microspore, o spore maschili, che si sviluppano nelle antere dei fiori delle Angiosperme o nelle sacche polliniche delle Gimnosperme. Può avere aspetto polverulento ed essere costituito da granuli di dimensioni variabili da 2,5 μ fino a.0,2 mm liberi fra loro, oppure agglomerati a tetradi, come nelle Ericacee, o in masse agglutinate, come nelle Orchidacee. Ogni granulo è costituito da una parete bistratificata, costituita da un'esina (il cui componente prevalente è la sporopollenina) e da un'endina (in cui predomina la pectina). La forma esterna è variabile da specie a specie ed è in parte in relazione con le modalità di trasporto dei granuli nel processo di impollinazione. Anche la colorazione è variabile secondo la specie: bianca, gialla, arancio-rossastra, bruna o azzurrognola. Il granulo pollinico maturo può risultare costituito da 2 o 3 cellule o nuclei nelle Angiosperme e da 3 a molte cellule nelle Gimnosperme, nelle quali la quantità di polline emesso può essere anche notevole, dando luogo a quella che viene chiamata anche 'pioggia di zolfo'. A contatto con l'ovulo (nelle Gimnosperme) o con lo stimma (nelle Angiosperme) i granuli pollinici germinano emettendo il budello pollinico, che penetra nei tessuti sottostanti e compie il trasporto dei nuclei spermatici all'oosfera, assicurando la fecondazione. La vitalità del polline, cioè la sua capacità di germinare e di emettere il budello pollinico, varia da poche ore, come in certe Graminacee, ad alcuni mesi, come in Phoenix dactylifera. A contatto soprattutto con le mucose umane il polline può provocare gravi fenomeni allergici (pollinosi).

Paleobotanica

Le strutture dell'esina, molto resistenti, si conservano molto a lungo, permettendo lo studio stratigrafico del terreno (palinologia): con questo metodo si possono conoscere gli ambienti e le condizioni climatiche dei periodi precedenti all'era attuale. Lo studio del polline fossile risale ai primi del Novecento, all'inizio su depositi pleistocenici recenti, poi su resti pollinici sempre più antichi. I granuli pollinici più antichi, rinvenuti fino ad oggi, risalgono al Paleozoico (Carbonifero), dimostrando quindi fin da questo periodo la presenza di piante superiori (Gimnosperme) altrimenti non rappresentate da altre parti anatomiche. Soprattutto per quanto riguarda i pollini fossili più antichi, non sempre è possibile la loro attribuzione a una pianta già nota. Spesso quindi è necessario ricorrere alla paratassonomia. Nonostante ciò, i pollini fossili rimangono degli ottimi strumenti per le ricostruzioni stratigrafiche.

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