parròcchia

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sf. [sec. XIV; dal latino ecclesiastico parochía, dal greco paroikía, propr. gruppo di abitazioni vicine, da pará, presso +oikêō, abitare].

1) Circoscrizione territoriale compresa in una diocesi, con una data chiesa e un certo numero di fedeli, sulla quale è costituito un ufficio ecclesiastico con funzione esclusiva della cura d'anime. Il titolare è il parroco, che può essere una persona fisica (parrocchia attuale) o un ente morale (parrocchia abituale): quest'ultimo dovrà provvedere alla cura delle anime con un suo vicario. L'ente parrocchia consta di tre elementi: la chiesa, considerata come istituto religioso al quale si riferiscono tutti i diritti spirituali e temporali dell'ente; il beneficio, costituito dalle rendite dei beni appartenenti alla chiesa, da assegnarsi al sacerdote a essa addetto come compenso per l'ufficio che egli esercita; la fabbriceria, ossia la fondazione destinata alla conservazione e manutenzione dell'edificio sacro e alle spese di culto. Il diritto d'istituire parrocchie spetta al pontefice, in virtù del suo primato di giurisdizione. Ma, salve norme di diritto speciale o comune, per le quali il pontefice si sia riservate alcune parrocchie, l'ordinario collatore degli uffici parrocchiali nella diocesi è il vescovo.

2) Fig., gruppo di persone strettamente legate fra loro da comunanza di interessi economici, culturali, politici (spesso con valore limitativo): si occupa solo della sua parrocchia; non esce dalla sua parrocchia.

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