partitocrazìa

sf. [sec. XX; partito nel senso 5+-crazia]. Nel vocabolario politico del secondo dopoguerra, il termine designò, con sottinteso polemico, il crescente potere d'intervento e di decisione dei partiti e dei loro apparati a scapito del corretto esercizio della sovranità parlamentare. Il termine partitocrazia indica altresì il fenomeno della cosiddetta “espropriazione” delle strutture rappresentative e il conseguente rischio di un processo degenerativo del sistema politico che, soprattutto in assenza di una precisa regolamentazione del ruolo costituzionale delle forze politiche, può anche risolversi in una pericolosa sclerosi dell'ordinamento democratico pur mantenendone formalmente intatti i meccanismi. In Italia, una battaglia contro la partitocrazia, degenerazione del parlamentarismo, era stata condotta negli anni Cinquanta soprattutto da don Luigi Sturzo. Con il tempo, però, l'invadenza dei partiti si è andata estendendo in ogni campo. Un nuovo impulso alla lotta contro la partitocrazia è stato dato dalle inchieste giudiziarie iniziate nel 1992 che hanno evidenziato un esteso sistema di concussione/corruzione messo in opera da vari partiti, o da singoli loro esponenti, a danno, ma anche con la complicità, di imprese economiche private e pubbliche.

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