pellìccia

Indice

Lessico

sf. (pl. -ce) [sec. XIII; latino tardo pellicía, f. sostantivato dell'agg. pellicíus, di pelle].

1) Mantello pilifero dei Mammiferi che serve a termoregolare la temperatura corporea dell'animale. In particolare, la pelle conciata in modo da conservare il pelo e usata per la confezione di vari capi di abbigliamento, per fodere e per guarnizioni: animali da pelliccia; anche l'indumento (cappotto, giacca, stola, ecc.) realizzato con tali pelli: pelliccia di visone; fodera di pelliccia. Per estensione, anche pelliccia sintetica.

2) In araldica si usano due pellicce: l'ermellino (armellino1) e il vaio, che possono stare sia sul metallo sia sul colore e perciò sono dette anche “anfibie”.

3) Strato superficiale di un terreno erboso; cotica.

Zoologia

La pelliccia, a seconda delle specie, è di colore, lunghezza e densità variabili, in genere formata da peli più lunghi e folti negli animali che vivono in climi freddi. In alcune specie, come gli elefanti, gli ippopotami, i rinoceronti e gli armadilli, è estremamente diradata; in altre (Cetacei) è praticamente assente e in altre ancora (riccio, echidna, istrice, ecc.) presenta peli molto induriti, trasformati in veri e propri aculei. Normalmente i peli della pelliccia sono di due tipi principali: lanuginosi, sottili, morbidi e folti quelli a più stretto contatto con la pelle, intorno alla quale formano uno strato isolante detto borra o sottopelo, difficilmente penetrabile perfino dall'acqua; lunghi, grossi e setolosi quelli che, andando a ricoprire i primi, formano uno strato esterno, detto giarra. I peli tattili (vibrisse) propri del muso non fanno parte, in senso stretto, della pelliccia. I peli possono essere riuniti in mazzetti o in gruppi di pochi; inoltre possono essere piegati in una determinata direzione, oppure distribuiti in correnti opposte o in vortici. La pelliccia si modifica nella consistenza e nel colore dal giovane all'adulto e in questo si rinnova periodicamente tramite la muta, presentandosi, nei mammiferi delle regioni temperate, più lunga e folta d'inverno e più corta e rada d'estate. Con la muta può variare anche il colore della pelliccia, che in alcune specie settentrionali (Mustelidi, Leporidi) si fa bianca d'inverno, nel periodo innevato, e riacquista il colore normale d'estate, rendendo i possessori critptici in tutte le stagioni. Le colorazioni della pelliccia sono svariate e sebbene vi dominino il grigio e il bruno, con varie gradazioni, non sono infrequenti il giallo, il nero e il bianco, spesso con disposizioni a strisce o a macchie che da un lato contribuiscono al criptismo degli animali, dall'altro possono avere funzioni nel riconoscimento intraspecifico.

Moda

Il valore commerciale di ogni pelliccia dipende dalla rarità o meno dell'animale, dalla qualità del pelo (morbidezza, lucentezza, resistenza) e, in modo sensibile, dall'indirizzo della moda. L'industria mette a disposizione della clientela anche pellicce sintetiche, cioè confezionate con fibre artificiali, che hanno eccezionali qualità di solidità e convenienza.

Storia

Le pelli di animali, rudimentalmente cucite, furono tra i primi indumenti indossati dagli uomini primitivi. Pelli di pecora o capra furono comunemente usate da molti popoli antichi soprattutto per ripararsi dalle intemperie, pelli più pregiate (leopardo) erano riservate a determinate caste (per esempio sacerdoti). Nel costume la pelliccia entrò tuttavia solo al tempo di Carlo Magno, che l'adottò per bordare o foderare gli ampi mantelli, scegliendo pelli di ermellino, vaio e volpe. L'innovazione incontrò il favore dei nobili e l'uso della pelliccia si diffuse, portando alla realizzazione di fiorenti industrie di concia e tintura per tutta l'Europa: a Parigi alla fine del sec. XIII si contavano 215 pellicciai. Nel costume laico la pelliccia fu usata anche in particolari indumenti indossati da persone che ricoprivano cariche, mentre nel costume ecclesiastico un editto aveva fissato l'uso per il clero solo di pelliccia di gatto. Tuttavia anche durante il Rinascimento la pelliccia venne utilizzata soprattutto come fodera o bordura e nei copricapi, e restò prerogativa delle classi sociali elevate o di determinate professioni. Volpe, castoro, lupo erano tra le pellicce più ricercate, più comuni erano coniglio e gatto selvatico; più tardi la gamma si arricchì comprendendo lince, martora, zibellino, cervo. Scomparso per il breve periodo della Rivoluzione, l'uso della pelliccia fu ripristinato da Napoleone negli abiti e nelle uniformi di rappresentanza. Verso la metà dell'Ottocento del sec. XX la moda della pelliccia era praticamente ridotta alle mantelline e ai manicotti femminili, e solo verso la fine del secolo comparvero le prime pellicce col pelo all'esterno,che durante la belle époque diventarono tra le protagoniste della moda elegante. Le pellicce più ricercate erano zibellino, ermellino, cincillà, cui subentrarono il visone e le volpi da portare sulle spalle. La completa affermazione della pelliccia risale tuttavia agli anni dopo la seconda guerra mondiale. La pelliccia, più o meno pregiata, diventa un'aspirazione della donna moderna, nelle infinite versioni proposte dalla moda, e viene, con moderazione, adottata anche dagli uomini.

Ecologia

Si sono resi necessari provvedimenti che limitassero l'uccisione di animali minacciati di estinzione, mentre, a partire dagli anni Settanta, con l'intensificarsi dell'interesse per le tematiche ambientalistiche, le imitazioni sintetiche delle pellicce (cosiddette pellicce ecologiche) si sono affermate quali valide alternative a quelle autentiche. Le fibre di cui sono costituite includono spesso mischie di acrilico e poliestere.

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