pergamèna

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sf. [sec. XIV; dal latino tardo Pergamēna (charta), (carta) di Pergamo].

1) Materia scrittoria, detta anche cartapecora, ottenuta da pelli animali, prevalentemente di ovini o di vitelli (la più pregiata, il vélin, è di feti di vitelli), perfettamente scarnite e rasate, conciate alla calce e allisciate con pomice. § Nel sec. II a. C. ne fu centro di produzione e di diffusione particolarmente importante la città di Pergamo, ma l'uso della pergamena è però assai più remoto, essendo ricordato come antico già da Erodoto (sec. V a. C.). Entrata nell'uso librario, soppiantò in età romana il papiro quando, per le sue qualità (vi si poteva scrivere agevolmente su ambo le facce, era possibile produrla dappertutto con relativa facilità, si poteva raschiare e utilizzare di nuovo), consentì il passaggio del libro dalla forma a rotolo a quella di quaderno. Con il sec. IV la pergamena prevalse nettamente su ogni altro materiale scrittorio: appartengono appunto a questo secolo i codici più antichi a noi pervenuti. Fu, poi, la materia scrittoria medievale per eccellenza; usata nei conventi e nelle abbazie dagli amanuensi e dai miniatori per la preparazione degli splendidi codici che è dato ammirare nelle principali biblioteche del mondo, mantenne l'assoluto predominio nel campo librario fino al sec. XIII quando la carta ne prese il posto. La pergamena continua a essere usata per le legature.

2) Per estensione, diploma, documento redatto su tale materia.

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