pluralismo

Indice

Lessico

sm. [sec. XIX; da plurale].

1) In senso metafisico, la pluralità di sostanze e di coscienze individuali che esigono una spiegazione del mondo come diversità di forme e di relazioni: si richiamano a questa definizione Leibniz, la scuola spiritualista a lui ispirata, il pragmatismo di W. James e il personalismo di E. Mounier. Nella metodologia il pluralismo è l'ammissione che un problema non ha necessariamente un'unica soluzione, perché dipende dai diversi punti di vista sotto i quali lo si studia.

2) Nell'ambito dell'analisi sociologica, i principi politici e sociologici del pluralismo sono rinvenuti dagli studiosi nel processo di formazione della moderna società civile.

Sociologia

Il pluralismo – criterio giuridico e istituzionale che riconosce come valore essenziale la diversità delle opzioni ideali – presuppone una cultura della laicità e valorizza la funzione dei cosiddetti corpi intermedi. Una società pluralista è composta da più gruppi di interesse e centri di potere la cui competizione è regolata da principi legalmente vincolanti e non soggetti a discrezionalità. Già in Ch. L. de Montesquieu i corpi intermedi – nobiltà, clero, ordini privilegiati caratteristici del regime monarchico – sono concepiti come strumento essenziale della bilancia dei poteri. A. de Tocqueville, a metà del sec. XIX, indicherà nel ruolo sociale da essi esercitato l'espressione e lo strumento essenziale della democrazia americana. Nella sociologia politica contemporanea ha adottato la dizione di pluralismo un gruppo di studiosi, prevalentemente di area anglosassone – da H. Laski a R. Dahl, sino a G. Lehmbruch e C. Crouch, teorici del neocorporativismodemocratico – che negano la crescente concentrazione del potere nelle società complesse (sostenuta da neomarxisti ed élitisti) e segnalano la necessità di una sempre più ricca articolazione della democrazia. Dalla loro prospettiva, pluralismo significa perciò principalmente democrazia dei cittadini costituiti in libere associazioni d'interesse, con una non nascosta diffidenza nei confronti delle grandi organizzazioni di gestione e mobilitazione del consenso (a cominciare dallo Stato e dai partiti politici).

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