poètica

Indice

Lessico

sf. [sec. XVI; dal latino poëtíca (ars), dal greco poiētikḗ (téchnē), (arte) del poeta].

1) Arte del far poesia; anche trattato sull'arte del poetare.

2) Il programma teorico cui più o meno consapevolmente risponde l'opera creativa di uno scrittore, di un artista in genere, di una scuola o di un'epoca.

Filosofia

Il termine, che indica in generale l'arte del fare, a partire dal titolo di una celebre opera di Aristotele (La Poetica, appunto) è stato inteso a designare la riflessione su quella particolare arte che è la poesia e, per estensione, sul complesso delle arti belle. Ad Aristotele si rifecero la tradizione antica, di cui documento esemplare fu l'epistola oraziana Ars poetica, e quella rinascimentale, che vide il fiorire di trattati sull'arte e sui generi artistici per opera di autori come Fracastoro, Castelvetro, Robertelli e Patrizi: dei quali costituisce una sorta di coronamento l'Art poétique di Boileau. Ma solo con il romanticismo sarebbe venuta in luce, anche se non ancora esplicitamente formulata, la distinzione tra estetica e poetica, onde quest'ultima, ponendosi come teoria della prassi artistica storicamente determinata, piuttosto che delle condizioni in generale e in un certo senso a priori dell'arte, avrebbe precisato i propri confini. Così, accanto all'ineguagliata stagione che l'estetica conobbe sia con la riflessione sistematica di Kant o di Hegel o di Schelling, sia con la ricerca di Goethe, bisogna ricordare il tentativo tipicamente romantico di definire il compito dell'artista e di estendere le funzioni dell'arte a domini conoscitivi e pratici prima d'allora riservati ad altre attività: ecco dunque l'artista secondo Schlegel assumere gli attributi che in altre epoche si sarebbero riservati al sacerdote, o, secondo Hölderlin, diventare profeta, o ancora, secondo Novalis, farsi mago. Ed è precisamente questo il retaggio che il romanticismo ha lasciato alle poetiche contemporanee. Le quali, veri e propri programmi d'arte o semplici ripensamenti di un'esperienza personale, hanno conosciuto una fortuna straordinaria e soprattutto hanno via via accentuato il loro carattere che può a ragione essere definito “apocalittico”: ciò, sia che si tratti per esempio della rivelazione d'un nuovo modo d'essere, sia invece dell'annuncio d'una rivoluzione politica. Bastino alcuni esempi: i “manifesti” dell'avanguardia, innanzitutto, dei quali i primi furono senz'altro quelli che, pur provenendo da scuole ed esperienze diversissime tra loro, si raccolsero sotto il comune denominatore di espressionismo. Col che si volle indicare la ricerca d'una fonte d'ispirazione consegnata ai più segreti e inesplorati labirinti dello spirito piuttosto che alle forme naturali riproducibili figurativamente. Ma se con l'espressionismo, e particolarmente con i due gruppi più rilevanti che a esso si richiamarono – cioè Die Brücke (Il Ponte) e Der Blaue Reiter (Il Cavaliere Azzurro), cui aderirono artisti quali Kirchner, Sabaneev e Kandinskij –, si trattò pur sempre della contrapposizione di un determinato programma d'arte a un altro o a tutti gli altri, con il dadaismo è l'arte stessa a essere messa in questione come realizzazione di valori fittizi, creazione di un mondo staccato dalla vita. Precisamente di questa problematica si sarebbe fatto portatore il surrealismo fin dal 1924, l'anno che segnò il suo atto di nascita per merito di Breton (anche se rilevantissimo sarebbe stato l'apporto di autori come Aragon, Artaud, Éluard, Soupault, ecc.): dove soprattutto è in gioco la possibilità di superare l'esperienza artistica in una esperienza più comprensiva e totale, sia essa a carattere politico o religioso. Ci fu nel frattempo chi, come Moles o più recentemente Jakobson, andò elaborando – nei diversi campi della linguistica e della semiotica – un concetto di poetica che implicitamente tendeva a risolversi in quello di estetica. Infatti secondo tali autori poetica sarebbe la stessa ricerca della “struttura del messaggio artistico”, e dunque una vera e propria teoria dell'arte. Ma è particolarmente nelle personali riflessioni degli artisti che si possono trovare i più stimolanti e suggestivi temi riconducibili all'ambito di una poetica. Basti qui citare la tensione con cui Rilke ha rivendicato per l'artista il compito di custodire la vocazione stessa dell'uomo, quella per cui il mondo è reso capace di rinascere a se stesso; o la passione con cui Brecht ha fatto dell'arte una scuola, indicando nello “straniamento didattico” e cioè nella presentazione critica di una situazione o di un personaggio, uno dei modi della presa di coscienza sociale; o la penetrazione con cui Valéry ha indagato i più sottili elementi dell'atto creativo. Un discorso, questo, che non potrebbe trascurare i nomi di Broch o di Pound, di Pirandello o di Joyce, di Eliot o di Hesse: cioè gli autori ai quali sono maggiormente debitrici le poetiche più recenti.

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