Lessico

sf. [sec. XIV; dal latino poēsis, che risale al greco póiēsis, da poiéō, fare, comporre, creare].

1) In senso astratto e sostanziale, capacità di esprimere un contenuto di idee e sentimenti in modo atto a commuovere, a suscitare emozioni, a eccitare la fantasia: “Tutti gli uomini... hanno nel fondo dell'anima una tendenza alla poesia” (Berchet). In senso pratico e materiale, arte e tecnica di esprimersi in versi, cioè in parole disposte secondo un ritmo ottenuto seguendo determinate regole metriche: le forme tradizionali, il linguaggio della poesia;poesia dialettale; poesia visiva.

2) Carattere di tutto ciò che suscita emozioni e suggestioni di natura estetica, che colpisce particolarmente l'immaginazione e il sentimento: musica, pittura piena di poesia; la poesia di un paesaggio. Per estensione, incanto, suggestione estatica (anche scherzoso): un'atmosfera di poesia; il lago al tramonto è incantevole, ma le zanzare fanno perdere la poesia. In senso limitativo, dimensione astratta, illusione, sogno: un ragazzo sentimentale che vive solo di poesia.

3) Il modo di comporre versi proprio di un autore, di una scuola, di un'epoca, di una nazione; il complesso delle loro opere in versi: la poesia del Petrarca; la poesia romantica; la poesia del Seicento; la poesia francese.

4) Il singolo componimento poetico; breve opera in versi, per lo più di carattere lirico: una poesia di Ungaretti; recitare, studiare una poesia.

Letteratura: l'evoluzione della poesia

Il più antico e più illustre concetto di poesia è quello greco di mimesi, cioè di imitazione del reale. Platone condanna la poesia e, in genere, ogni forma di attività artistica perché l'arte, imitando la natura, che a sua volta è copia del mondo delle idee, si riduce all'imitazione di un'imitazione. Con Aristotele, invece, il concetto di mimesi si estende dalla natura al mondo psicologico e oggetto della poesia diviene il verosimile, cioè il vero universale, a differenza della storia, che ha per oggetto la verità particolare. Altrettanto vetusta e illustre è la concezione edonistica della poesia, che risale al concetto pitagorico-aristotelico di catarsi e assegna all'arte la funzione di dilettare, mentre all'opposto, secondo la concezione pedagogica, lo scopo della creazione artistica è quello di istruire ed educare: l'esempio più alto di quest'ultima concezione della poesia è la Commedia di Dante, ideata per tracciare alla cristianità la via della salvezza. Analoga al pedagogismo estetico è l'oratoria, che consiste nell'arte di persuadere gli altri con la sapiente scelta degli argomenti e con il fascino dello stile: nasce da essa la figura del poeta-vate, che anticipa con i suoi scritti le sorti future di una nazione. Millenaria è anche la tradizione dell'estetica intellettualistica, che attribuisce alla poesia la funzione di rappresentare l'elemento universale disseminato nel particolare e nel contingente, identificandola con la stessa filosofia (tendenza aristotelico-filosofica, cui si ricollegano le correnti del Rinascimento neoaristotelico, del razionalismo di derivazione cartesiana e del neoclassicismo) ovvero trasferisce l'esperienza artistica dal piano naturale a quello mistico-religioso (tendenza platonico-teologica, cui si riconducono i movimenti del neoplatonismo e dello spiritualismo). Contro il livellamento dell'estetica intellettualistica e le sue pretese di oggettività gli empiristi del Sei-Settecento ripudiano il pregiudizio classicistico di un'unica forma di bellezza e rivendicano la liceità di ogni espressione poetica sulla base esclusiva della discrezionalità del gusto. Presupposto comune ai razionalisti e agli empiristi, al di là delle loro divergenze, è il principio secondo cui conoscere significa rispecchiare nella mente una realtà già costituita e ordinata in sé. Per Kant, invece, sono le cose che si modellano sugli schemi costitutivi della ragione: pertanto, la bellezza della natura non è più oggettiva ma soggettiva e il sentimento non ha carattere conoscitivo. La sensibilità romantica, che affonda le sue radici nell'estetica kantiana, fa propria la concezione soggettiva del bello ed esalta il genio e l'autonomia creatrice del poeta. In Italia, le caratteristiche della sensibilità romantica si delineano con Vico, secondo il quale la poesia è una creazione individuale, fantastica e prelogica, e con De Sanctis, che, sulle orme di Hegel, considera l'arte come sintesi di forma e di contenuto e ne rivendica l'autonomia dalla ragione. Al soggettivismo romantico reagisce la dottrina positivistica e sociologica, che dà luogo alle tendenze del naturalismo e del verismo e alle loro pretese di trasferire nel campo della poesia il metodo della scienza. All'età positivistica risale anche il tentativo di un'indagine del fatto poetico condotta sulla base scientifica della psicologia, che si fonda sul presupposto secondo cui la bellezza esiste nelle cose solo in quanto sono percepite dal soggetto, e della psicanalisi, che considera l'opera d'arte come la sublimazione della libido che caratterizza l'inconscio del singolo artista. Al filone idealistico-romantico si ricollega invece B. Croce, che definisce l'arte come intuizione pura, forma aurorale del conoscere, e distingue la poesia (sintesi a priori di contenuto e forma) dalla “non-poesia” o “letteratura”, in cui la forma, intesa come una veste decorosa, si distingue dal contenuto, che vale di per sé. La crisi etico-intellettuale seguita alla prima guerra mondiale dà luogo alle nuove correnti filosofiche della fenomenologia e dell'esistenzialismo: la fenomenologia cerca di restituire fiducia alla ragione, ridimensionandone i poteri al di qua della metafisica, e nega pertanto l'utilità di ogni domanda sull'essenza dell'arte; l'esistenzialismo è invece espressione diretta della crisi e considera la poesia come fondazione dell'essere (Heidegger) o come un impegno per chiarire la problematicità della condizione umana (Sartre). Si esaspera intanto la concezione dell'autonomia dell'arte, che, attraverso le poetiche dell'“arte per l'arte” dei parnassiani e dell'“arte pura” dei simbolisti e degli ermetici, giunge alla poetica del formalismo (dai formalisti russi al New Criticism americano), secondo cui il valore dell'esperienza poetica non consiste nell'espressione di un contenuto, ma solo in una struttura di parole e di ritmi considerati nella loro fisicità. L'estetica marxista, viceversa, privilegia il contenuto ideologico dell'opera di poesia e ritiene che ci sia vera arte ogni volta che siano osservati, nel rispecchiamento estetico del reale, i presupposti della tendenza (cioè dell'intuizione del dinamismo della storia) e della tipicità (cioè della riproduzione fedele dei caratteri e delle circostanze). Le successive tendenze dell'estetica sono dominate dalla semiotica e dallo strutturalismo, che, applicato alla critica letteraria, tende a tralasciare ogni considerazione sulla psicologia dell'autore e sul condizionamento sociale del suo tempo per affrontare e descrivere l'opera di poesia in sé, come organismo autonomo.

A. F. Pottle, The Idiom of Poetry, Ithaca, 1941; A. Tate, The Language of Poetry, Princeton, 1942; D. Stauffer, The Nature of Poetry, New York, 1946; J.-P. Sartre, Qu'est-ce que la littérature?, in “Situations”, II, Parigi, 1948; E. Sewell, The Structure of Poetry, New York, 1952; M. Blanchot, L'Espace littéraire, Parigi, 1955; J. Press, The Fire and the Fountain. An Essay on Poetry, Londra, 1955; N. Frye, Anatomy of Criticism, Princeton, 1957; W. Binni, Poetica, critica e storia letteraria, Bari, 1964; M. Corti, C. Segré, I metodi attuali della critica in Italia, Torino, 1970; P. P. Dallari, Che cos'è la poesia, Milano, 1990.

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