Lessico

sf. [sec. XIV; da porcella, f. di porcello, forse per la somiglianza con la vulva di tale animale; nel senso 2 per la lucentezza della superficie simile a quella della conchiglia].

1) Altro nome delle cipree; per estensione, la loro caratteristica conchiglia lucida.

2) Impasto ceramico traslucido a piccoli spessori altamente vetrificato tanto da possedere una caratteristica sonorità alla percussione.

3) Oggetto, per lo più di un certo pregio, costituito da tale sostanza: una porcellana di Capodimonte.

4) Razza di piccioni dal colore grigio e le ali variegate in nero e in bianco.

Arte: caratteristiche

Si distinguono porcellane dure, le vere e proprie porcellane con temperatura di cottura superiore a 1300 ºC, di colore perfettamente bianco, porosità quasi nulla, durezza superficiale tanto elevata da non essere scalfita dall'acciaio, e porcellane tenere, con temperatura di cottura inferiore a 1300 ºC, meno dure e meno sonore. Le caratteristiche meccaniche sono conferite alla porcellana dalla sua struttura formata da cristalli di mullite e la composizione classica è 50% caolino, 25% quarzo e 25% feldspato con le varianti della porcellana cinese e della porcellana di Sèvres, rispettivamente più povera e più ricca di caolino. Tra le varie porcellane in commercio vi sono la porcellana opaca, detta biscuit, ottenuta per cottura direttamente del foggiato a 1400 ºC, senza coperta; la porcellana per impieghi chimici, in grado di resistere a forti sbalzi di temperatura, ottenuta diminuendo la percentuale di silice e aumentando l'allumina; la porcellana per impieghi elettrotecnici, quali isolatori, con impasti simili a quelli della porcellana per stoviglie ma con la sostituzione del caolino con argilla e, per impieghi ad altissime frequenze, con aggiunta di talco (silicato idrato di magnesio). La porcellana tenera ha scarsa resistenza per cui viene foggiata in oggetti a spessore rilevante per aumentarne la resistenza meccanica; ha come pregio di poter usare decori a colori più vari data la minor temperatura di cottura. Nella porcellana tenera inglese (bone china) si sostituisce il feldspato con cenere d'ossa contenente fosfato di calcio, allo scopo di avere la vetrificazione della pasta sotto i 1300 ºC.

Arte: centri di produzione

La porcellana a pasta dura è originaria della Cina. Già durante la dinastia Han (206 a. C.-220 d. C.) gli artigiani cinesi fabbricarono ceramiche smaltate (protoporcellane) che presentano alcune caratteristiche delle vere e proprie porcellane. Nelle epoche successive ne venne gradualmente elaborata la composizione sino a raggiungere la tipica pasta formata di caolino, quarzo e feldspato. Le prime vere porcellane sono quelle bianche del periodo T'ang (618-907); al periodo della dinastia Sung (960-1279) appartengono manufatti la cui bellezza consiste sia nell'essenzialità delle forme e nella sobria eleganza delle leggere decorazioni a rilievo, sia nello splendore dello smalto di coperta. Con la dinastia mongola degli Yüan (1280-1368) vennero introdotti in Cina i minerali di cobalto usati per la colorazione blu della porcellana , tipica di questo periodo. Il primo degli imperatori Ming diede un impulso decisivo all'arte della porcellana fondando la celebre manifattura di Ching-tê-Chên, la cui produzione, mantenendo la qualità elevatissima della porcellana Sung e la caratteristica decorazione bianca e blu del periodo precedente, raggiunse un'eccezionale perfezione tecnica con le porcellane smaltate a vari colori, le cosiddette “famiglie” (verde, nera, più tardi rosa). La decorazione consisteva per lo più in fantasiose volute di fiori e foglie, con uccelli o figure umane inseriti in un contesto paesaggistico. Importanti manifatture di porcellana sorsero anche in Corea, in Persia e, fin dal sec. XVII, in Giappone, dove si distinsero la porcellana bianca e blu di Arita, quella colorata di Imari, la splendida porcellana Kakiemon, bianco-latte, smaltata in vari colori (rosso-arancione, verde erba, blu-lilla, giallo giunchiglia, oro), con eleganti ornati e una delicata pittura che occupa solo una parte dello sfondo bianco. In Europa la prima notizia di una manifattura di porcellana (attiva nel centro di Tingui) venne data da Marco Polo nel suo Milione. Dopo di lui, molti altri navigatori e missionari europei descrissero diffusamente il prodotto senza, peraltro, riuscire a scoprire il segreto della sua composizione. A iniziare dal sec. XIII incominciarono a essere importati i primi vasellami; nei secoli successivi i manufatti di porcellana trasportati per le vie dell'Oriente divennero sempre più numerosi, e sempre più vivo si fece il desiderio di imitarli. Verso la fine del sec. XV, studi per comprendere quale fosse la struttura della porcellana a pasta dura e tentativi per imitarla furono condotti a Venezia e alle corti di Lodi, Torino, Ferrara, Pesaro, ma rimasero senza esito. Le manifatture si limitarono pertanto a imitare l'aspetto esteriore delle porcellane orientali trasferendone le decorazioni sulle maioliche. I primi risultati positivi si ebbero presso la manifattura fiorentina fondata da Francesco I de' Medici dove, nel 1575, Bernardo Buontalenti e Flaminio Fontana elaborarono una ricetta base di cristallo di rocca, sabbia e terra di Vicenza ricca di caolino con cui si ottenne una pseudoporcellana, detta “porcellana medicea”. Con questa pasta furono foggiate coppe, piatti e bottiglie decorati a motivi floreali di gusto orientale in blu cobalto o manganese, poi ricoperti da una vernice piombifera. Anche in Francia venivano condotte nel frattempo febbrili ricerche, ma i primi risultati si ottennero un secolo dopo: le prime porcellane a pasta tenera (pâte tendre) di Louis Poterat di Rouen sono, infatti, databili intorno al 1673. Di questa manifattura, tuttavia, ci è pervenuto un solo esemplare attribuibile con sicurezza: un portamostarda legato in argento e decorato con uno stemma in blu cobalto. La porcellana a pasta tenera, formata da un impasto di argilla bianca e materiale vetroso, si differenzia da quella di pasta dura cinese, oltre che per la composizione, anche per il diverso procedimento di cottura: mentre i Cinesi, dopo averli spruzzati di vernice, cuocevano i loro pezzi una sola volta a temperature molto alte, i Francesi usavano una cottura preliminare a bassa temperatura e successivamente applicavano la vetrina liquida sul biscotto, fissandola con una seconda cottura a fuoco ancor più basso. Tale tecnica, anche se non poteva dare come risultato una pasta resistente alla punta d'acciaio, consentiva tuttavia una decorazione con colori delicati che non avrebbero sopportato temperature più elevate. Nella prima metà del sec. XVIII sorsero su tutto il suolo francese numerose fabbriche che si specializzarono nella produzione della porcellana a pasta tenera, quali Mennecy, Saint-Cloud, Chantilly e Vincennes. Il segreto della porcellana dura venne finalmente scoperto in Sassonia da Johann Friedrich Böttger, famoso alchimista al servizio dell'elettore Augusto II il Forte, che in collaborazione col fisico e matematico E. W. von Tschirnhaus riuscì a produrre un grès rosso, duro e lucente, a base di argilla e feldspato cotto ad alta temperatura. Böttger intuì che era sufficiente sostituire l'argilla rossa con altra bianca contenente caolino per ottenere la tanto ricercata porcellana dura. I primi forni furono impiantati nel castello di Albrechtsburg a Meissen nel 1710, ma dovettero trascorrere amcora parecchi anni di esperimenti prima di poter mettere in commercio prodotti pregevoli dal punto di vista tecnico e artistico. La manifattura di Meissen ricevette in un primo tempo un notevole impulso da J. G. Herold, che creò uno stile pittorico originale, e successivamente dal modellatore J. J. Kändler che trasfuse nelle statuette la sua grande sensibilità plastica. Le altre manifatture tedesche cercarono di carpire il segreto della formula corrompendo gli artigiani di Meissen; vi riuscì per primo Du Paquier, direttore della fabbrica di Vienna, e di qui il segreto emigrò poi in tutta Europa. Durante un suo viaggio in Germania, l'orefice veneziano Francesco Vezzi convinse l'arcanista (così erano chiamati gli artigiani che conoscevano l'“arcano”, ossia il segreto, della fabbricazione della porcellana ) Hunger ad abbandonare la manifattura di Du Paquier e a seguirlo a Venezia, dove nel 1720 aprirono la prima fabbrica di porcellana italiana; il caolino veniva trafugato dalla Sassonia come amido per i pizzi, ma presto venne scoperto l'inganno e proibita l'importazione. A ciò si aggiunsero i dissesti finanziari che costrinsero alla chiusura i forni dopo soli sette anni di attività. Dopo la metà del secolo i coniugi Hewelcke, provenienti da Meissen, fondarono a Venezia una manifattura che utilizzava caolino tratto dalla terra di Vicenza. Successivamente il banchiere Geminiano Cozzi ottenne il privilegio per l'apertura di una sua impresa che divenne molto fiorente, nonostante fosse in concorrenza con la produzione di Pasquale Antonibon di Nove (Bassano). Nell'Italia settentrionale, a Vinovo (presso Torino), fu attiva una manifattura che impiegò maestranze provenienti da Strasburgo. A Torino, nella fabbrica dei Rossetti che godette della protezione di Carlo Emanuele III, a iniziare dal 1743 si produssero buoni esemplari in porcellana oltre a quelli in maiolica. A Napoli, Ferdinando IV di Borbone fondò la Real Manifattura di Portici che produsse porcellana tenera sino ai primi anni del sec. XIX. A Doccia, il marchese Carlo Ginori impiantò quella che più tardi divenne la Richard-Ginori, società ceramica ancor oggi attiva. In Francia la porcellana dura fu prodotta soltanto nella seconda metà del sec. XVIII nei laboratori di Strasburgo; successivamente venne fabbricata a Niderviller, Limoges, Parigi e Sèvres. Quest'ultima, grazie all'interessamento di Madame Pompadour, divenne manifattura reale e prosperò sino ai giorni nostri. Anche in Germania si moltiplicarono le manifatture, ciascuna cercando di accaparrarsi la protezione di nobili e principi elettori. Carlo Teodoro del Palatinato, per esempio, appoggiava l'attività di Frankenthal; l'arcivescovo di Magonza era il protettore di Höchst; sotto il patrocinio del principe Massimiliano III di Baviera sorse la fabbrica di Nymphenburg e sotto quello di Carlo I di Brunswick fu fondata la manifattura di Fürstenberg; infine, Federico il Grande proteggeva la fabbrica reale di Berlino. In Inghilterra, a eccezione di due fabbriche, quella di Plymouth e quella di Bristol che producevano porcellana dura, tutte le altre imprese (Bow, Chelsea, Derby, Worcester, Liverpool, Swansea, ecc.) si dedicarono alla porcellana a pasta tenera. Manifatture per la produzione della porcellana sorsero anche in Svizzera (a Nyon e a Zurigo), in Belgio (a Tournai), in Olanda (a Weesp e all'Aia); in Russia godettero di una certa fama la Manifattura Imperiale di Pietroburgo, quella di Mosca e quella di Arkhangelskoie. Nella foggia e nei temi decorativi la porcellana prodotta nel Settecento nei più famosi centri europei rispecchiò, sia pure con stili diversi, il gusto dell'epoca, tutto improntato alla grazia e all'eleganza delle forme rococò. I numerosi pezzi dei servizi da tavola sono per lo più ornati con motivi floreali, insetti, paesaggi arcadici, scene pastorali, soggetti esotici, damine e cavalieri, che con i loro scintillanti colori rendono ancor più preziosa la raffinata materia. Verso la fine del secolo, il severo gusto neoclassico preferì le decorazioni tratte dal repertorio greco e romano: palmette, rosette, foglie d'olivo si alternarono a temi guerreschi, quali battaglie, trofei d'armi, cavalli, uniformi, ecc. L'espressione più tipica della produzione in porcellana si manifestò però nella plastica; nelle varie manifatture abili scultori modellarono statuette isolate e gruppi di più figure (ballerine, pastorelle, dame in crinolina e parrucca accompagnate da galanti cavalieri) ispirati ai modelli pittorici di Boucher, Watteau, Chardin, e notevoli per il movimento, la grazia capricciosa, la brillante cromia che creava effetti di squisita delicatezza sul fondo bianco e lucente della pasta. Nelle maschere della Commedia dell'Arte, come in certe serie di ritratti caricaturali, nelle figure di musicisti, mendicanti, contadini e nei più svariati personaggi del folclore nazionale, una fantasia sbrigliata e felice si espresse sovente attraverso caratterizzazioni inconfondibili. Le opere di J. J. Kändler, attivo a Meissen, non possono per esempio essere confuse con quelle di Anton Grassi di Vienna, e le figure di Johann Peter Melchior di Höchst con le creazioni, veramente insuperabili, di F. A. Bustelli, che operò a Nymphenburg, o con quelle di Giuseppe Gricci, modellate prima a Capodimonte e poi al Buen Retiro. La passione per la porcellana dilagò al punto tale da fare costruire intere stanze con questo raffinato materiale: celebre quella realizzata per la reggia di Portici (Napoli, Museo di Capodimonte).

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