pràcrito

agg. e sm. [sec. XIX; dal sanscrito prākṛta, naturale, volgare]. Le parlate indoarie medio-indiane sono state designate col termine pracrito, che significa “naturale, non elaborato”, per distinguerle dalla lingua che in quanto “perfetta, elaborata (grammaticalmente)” fu detta sanscrito. La loro più antica attestazione è costituita dal cosiddetto pracrito epigrafico in cui sono redatte le iscrizioni del re Aśoka (sec. III a. C.); altri dialetti pracriti che assursero a dignità letteraria furono il pāli(una delle lingue in cui è scritto il canone buddhistico indiano) e la māhārāṣṭrī (lingua ufficiale del giainismo); dialetti pracriti sono parlati da personaggi di rango sociale inferiore nei drammi sanscriti; in epoca più recente è testimoniato l'apabhraṃsa, un tipo di pracrito evoluto che segna la fase di trapasso al neo-indiano. Per quanto riguarda le loro caratteristiche linguistiche generali si può dire che i dialetti pracriti stanno al sanscrito più o meno come il latino volgare sta al latino classico.

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