Descrizione generale

sf. [proto-+stella]. Stella nella prima fase della sua evoluzione, consistente in una contrazione da una nube di gas e polveri interstellari di densità sufficientemente alta. Tale contrazione – che ha uno svolgimento strettamente condizionato dall'entità della massa, e che si svolge comunque in tempi relativamente brevi – giunge a conferire luminosità alla condensazione celeste per effetto del riscaldamento interno. Essa si arresta allorché il nucleo della protostella raggiunge livelli termici adeguati (ca. 106 K) all'innesco delle reazioni di fusione protone-protone, capaci di sintetizzare l'idrogeno in elio. Tale evento segna l'ingresso della protostella in fase stellare poiché ne garantisce la stabilità gravitazionale per tutta la durata di disponibilità del combustibile nucleare.

Genesi di una stella

Benché i processi di accrezione nella protostella non siano ancora chiari in tutti i particolari (per esempio non esiste una modellistica esauriente sulle modalità di generazione delle correnti gassose e sul trasferimento del momento angolare interno), le teorie più accreditate ammettono che il materiale protostellare sia, già dall'inizio, ionizzato almeno in modo parziale, tanto da generare – con i suoi movimenti – un campo magnetico che, a sua volta, imprigiona il plasma gassoso costringendolo a spiralizzare lungo le linee di forza e ad acquistare energia meccanica e radiativa. La pressione radiativa contrasta temporaneamente il richiamo autogravitazionale; ma infine il campo magnetico si diffonde e il processo di concentrazione comincia, consentendo al materiale diffuso di convergere verso il centro attrattivo mediante un generale movimento rotatorio a spirale (disco di accrezione). Il nuovo assetto dinamico si mostra suscettibile di intensificare un campo assiale di dipolo, lungo il quale una parte del plasma – accelerato dalla caduta alla volta della condensazione centrale – viene respinto in due getti contrapposti. In tale situazione, l'esistenza della protostella è riscontrabile esclusivamente attraverso l'indagine in infrarosso sulla radiazione termica emessa dalla nube circostante nella quale, peraltro, possono a volte venir percepiti gli orifizi aperti dai getti di plasma interni (sorgenti Herbig-Haro, Hoag). Allorché la protostella si accende, l'ondata violenta del flusso radiativo che se ne sprigiona si trova a possedere energia bastante per espellere il materiale residuo circostante, dando con ciò luogo al cosiddetto “vento T Tauri”: i getti, non più alimentati, si estinguono e lo spazio circostante diviene abbastanza trasparente da consentire la visibilità del nuovo astro. L'emissione infrarossa si riduce, eventualmente, alla sola dissipazione termica da parte del disco di accrezione il quale – se non già completamente assorbito – potrà fungere da centro genetico per un sistema planetario. Le ragioni per le quali almeno metà delle protostelle in formazione daranno luogo a sistemi binari non sono conosciute. Presenze di protostelle sono state accertate più o meno ovunque siano nebulose gassose, oscure o in emissione (nel Cigno, in Orione, nel Liocorno, ecc.), sotto l'aspetto di globuli oscuri (detti di Bok) o di sorgenti fortemente infrarosse. FU Orionis, nella nebulosa M 42 di Orione, è un esempio noto di protostella osservata nella fase di contrazione rapida. Con l'entrata in funzione di tecnologie particolarmente finalizzate a questo tipo di ricerca (sia al suolo sia nello spazio) il campionario di protostelle accertate è aumentato in modo notevole.

La fase di evoluzione

Quando in qualche punto di una nube molecolare – se ne conoscono in Orione, in Ofiuco, in Scudo, Toro, Auriga – si verifica un addensamento di materia superiore di milioni di volte rispetto al mezzo circostante, si innesca un'instabilità gravitazionale sulla quale la materia della nube tende ad accumularsi e a condensarsi, a dispetto delle forze disgregatrici dell'agitazione termica. L'instabilità nasce qualora nella nube – a causa della compressione esercitata dai gas caldi di una regione HII limitrofa (idrogeno ionizzato), oppure dal fronte d'urto propagato da un evento di supernova – si verifichi l'isolamento di una sua parte che contenga una massa superiore a Mj = q–2x (P/G) 3/2 detta massa di Jeans (P=pressione gassosa, q=densità, G=costante gravitazionale). Un centro tipico siffatto è ampio alcuni mesi luce e possiede temperature interne di solo qualche decina di K; si tratta perciò di strutture fredde e opache, con Mj pari ad alcune decine di Mo (masse solari), la cui presenza è tradita generalmente dall'emissione in radiofrequenza dei composti molecolari che ne fanno parte (per esempio, il CO), oppure dalla silhouette, più o meno regolare (globuli di Bok) che si staglia oscura sul fondo retrostante. La cessione, per urto, dell'energia cinetica E posseduta dalle particelle affluenti riscalda il centro d'aggregazione; ma i livelli termici vengono alimentati anche dal processo di contrazione, in virtù del teorema del viriale E + W/2 = 0, il quale afferma che il decremento dell'energia gravitazionale W, per conversione in energia potenziale, si traduce per metà in energia cinetica E delle particelle (quindi in un incremento di temperatura), mentre l'altra metà va a compensare la dissipazione per irraggiamento. La potenza media con la quale – in fase protostellare – l'energia viene liberata sotto forma di radiazione è quindi W/2t, dove t indica la durata della fase stessa. Il calcolo dimostra che i tempi di accumulazione dipendono dalle masse finali, decrescendo rapidamente con esse, tanto che, se non sono sufficienti 100 milioni di anni a formare una protostella di 0,5 Mo, ne bastano 30 per una di 1 Mo, e appena 25 mila per una di 15 Mo. Come si vede, la fase di accumulazione e di contrazione è un processo molto veloce (si parla infatti di fase di contrazione rapida, o di Hayashi) che – a norma del teorema del viriale – porta a elevate potenze d'irraggiamento (il proto Sole dovette irradiare con luminosità decine di volte maggiore dell'attuale). Va tenuto presente che, nel corso di contrazione, il globulo acquista un moto ordinato di rotazione grazie alla regolarizzazione graduale delle turbolenze interne e all'eventuale trascinamento magnetico. Le forze centrifughe, in questa fase, possono creare instabilità foriere di suddivisioni, sovente facenti capo a future coppie, o sistemi multipli di stelle; in ogni caso, se le densità raggiunte sono elevate, la massa di ciascun frammento può mantenersi >Mj e i processi di contrazione e di accumulo sono in grado di proseguire. Una fase evolutiva del genere è ben documentata dall'individuazione (ottenuta a Mauna Kea, Hawaii) di Lynds 1527, un globulo che, a 500 anni luce nel Toro, appare in rotazione contenendo due nuclei protostellari in via di condensarsi. Poiché la pressione gravitazionale Pg sulla massa gassosa in contrazione, a parità di densità d e di accelerazione di gravità g, dipende dal raggio della massa raccolta, mentre la pressione di bilanciamento interno P dei gas dipende dalla temperatura T – che è una grandezza in accrescimento – si vede facilmente che la differenza Pg–P è destinata ad annullarsi nel tempo e a porre fine alla fase di Hayashi. Nel caso che le temperature raggiunte siano T~107 K, l'energia E delle particelle diviene sufficiente a infondere ai nuclei di idrogeno p (protoni) le velocità necessarie al superamento delle reciproche barriere elettrostatiche e all'innesco delle prime reazioni di fusione termonucleare (la catena p-p) le quali, conducendo alla formazione di He, liberano 26 MeV d'energia per ogni nucleo di He prodotto. Questa energia, sotto forma di pressione radiativa, oltre a conferire vivo splendore alla massa contribuisce a stabilizzarne l'equilibrio gravitazionale andandosi ad aggiungere alla pressione gassosa; essa svolge anche un'intensa azione repulsiva nei confronti del materiale diffuso circostante suscitando negli strati superiori del neoastro imponenti “venti” corpuscolari (fase T Tauri) che, proiettati all'esterno, finiscono con il ripulire lo spazio adiacente e con l'arrestare ogni ulteriore afflusso di materia. La protostella conclude così la propria fase preliminare; collocandosi sulla sequenza principale del diagramma evolutivo delle stelle in una posizione distintiva determinata esclusivamente dalla massa che è riuscita a raccogliere, essa fa il suo ingresso nella piena vita stellare. La protostella ha ormai attivato un proprio meccanismo di autosostentamento contro le forze di gravità capace di assicurarle stabilità nel corso delle prossime centinaia di milioni, o di miliardi d'anni.

Processi limitativi di accrescimento

Se il quadro descrittivo per l'evoluzione di una protostella, nella teoria, appare soddisfacente, tuttavia la già lamentata scarsità di dati osservativi lascia aperte numerose questioni. Un primo problema riguarda il fatto che le masse delle neostelle che entrano in sequenza sono molto inferiori a quelle delle nubi da cui hanno tratto origine. Alcune osservazioni (generalmente in radiofrequenza, nell'infrarosso, o in luce di idrogeno) sembrano provare che i fenomeni che si accompagnano alla fase di contrazione e di accrescimento siano alquanto più complessi di quel che la precedente trattazione lasci prevedere; in particolare, che i venti stellari in fase T Tauri non siano soli ad agire nella limitazione all'accumulo di massa. Una prima, significativa base osservativa riguarda i cosiddetti oggetti H-H (Herbig-Haro), nodosità luminose a carattere variabile che si rinvengono sovente in posizioni allineate, nelle nubi molecolari diffuse. Circa 300 di tali sorgenti sono conosciute, e il loro numero sta accrescendosi insieme alle potenzialità strumentali introdotte in questo particolare settore della ricerca. Le osservazioni mostrano che le sorgenti H-H, e le loro strutture associate, sono prodotte da flussi massicci di gas ionizzato fuoriuscente in coppie di getti contrapposti – e a velocità elevate (più centinaia di km/s) – da stelle in embrione, generalmente nascoste dalla nube. La presenza dei nodi luminosi H-H, e la loro variabilità in posizione e splendore, sarebbero dovute ai fenomeni eccitativi indotti dal passaggio del plasma eiettato attraverso il materiale freddo della nube. L'esistenza dei getti lascia comprendere che, nella fattispecie, il modello fisico d'accrescimento si complica in un meccanismo di eccitazione dinamica che comprende: a) afflusso indiretto di materia nebulare con preliminare accumulo in un disco rotante intorno alla protostella; b) accelerazione del materiale (anche mediante richiamo magnetico) trascinato in caduta verso la massa centrale lungo traiettorie spiraliformi; c) riscaldamento e ionizzazione del materiale nell'atto interativo, seguito dalla sua (parziale) espulsione a causa della compressione magnetica esercitantesi nelle opposte direzioni dell'asse del campo. Prove che attestano il modello di protostella con disco d'accrescimento sono state fornite dal telescopio spaziale Hubble con l'osservazione in dettaglio di H-H 30, H-H 34, H-H 47, oggetti Herbig-Haro dislocati in varie regioni celesti, nonché della stella in embrione HL Tauri. Il satellite IRAS ha, da parte sua, rilevato i getti che fuoriescono da una giovane stella in formazione (IRAS 21334), mentre metodi di ottica adattiva (monte Palomar) hanno ottenuto di porre in evidenza strutture discoidali intorno a T Tauri, FU Orionis, Z Canis Majoris, stelle in fase di età non superiore a un milione di anni. Altre prove potrebbero venir addotte sulla questione; ma, in ogni caso, anche se sembra dimostrato che le forze centrifughe di natura cinematica, e quelle di natura magnetica, sono in grado, a un certo punto, di espellere l'ulteriore materia che tende ad affluire nella massa protostellare già formata, i meccanismi che limitano l'accrescimento possono dimostrarsi di tutt'altro genere ancora. Nel 1996 ha suscitato un certo scalpore un rilevamento condotto con grande dettaglio dalla WFPC-2 (Wide Field Planetary Camera 2) del telescopio spaziale Hubble nei confronti diM 16, la nebulosa Aquila visibile nella costellazione del Serpente, ove appare formata dalla commistione di regioni HII d'idrogeno ionizzato e di nubi molecolari opache, irradiate da giovanissime stelle blu di alta temperatura e di evidente origine locale. L'intrusione del materiale oscuro si avverte particolarmente nelle zone centrali di M 16, ove la silhouette del suo frastagliato profilo appare in risalto sul fondo luminoso diffuso. L'esame di questo profilo si è rivelato d'estremo interesse, giacché mostra la presenza di tre imponenti “proboscidi” protese nella regione HII sulle quali l'azione dissolvente della pressione radiativa esercitata dalle stelle vicine ha prodotto “erosioni” profonde mettendo allo scoperto un cospicuo numero di globuli protostellari (grandi quanto il sistema solare) ancora in contrazione. L'accertamento di queste circostanze, oltre a comprovare in modo indubbio che la genesi delle stelle si svolge effettivamente all'interno delle nubi molecolari – in un ambiente che la componente corpuscolare protegge dagli effetti distruttivi della radiazione energetica (ultravioletto, raggi X) delle stelle più calde e massicce – ha permesso per la prima volta agli astronomi di sorprendere stelle in fase gestazione, una fase che si sottrae di norma alla visione diretta. L'evidenzazione dei centri protostellari si è resa possibile in M 16 grazie al dissolvimento parziale delle “proboscidi” nebulari sotto l'azione di un processo che gli astrofisici chiamano di fotoevaporazione e che, a tutti gli effetti, può esser considerato come una sorta di vento T Tauri di origine esterna, attivato dall'irradiazione stellare. Laddove i globuli cominciano a perdere la protezione della nube che li avvolge, essi affiorano fino a rimanere del tutto isolati: in tal caso, l'evidenza mostra che l'alimentazione in massa viene a mancare e che il processo di accrescimento della protostella deve considerarsi concluso. Una campagna di accertamenti analoghi riguarda della nota nebulosa di Orione (M 42) il cui interno è fortemente irradiato dalla giovanissima associazione di stelle blu del “Trapezio”. In essa – grazie alla distanza cinque volte minore che in M 16, e alle potenzialità dei nuovi apparati strumentali del telescopio spaziale Hubble – sarà forse possibile che i globuli protostellari denudati vengano risolti fino a porvi direttamente in evidenza i dischi d'accrescimento e – quando vi siano – gli eventuali proplyds (protoplanetary disks). Diversi, dunque, appaiono i fattori che intervengono a definire l'entità di una neostella giunta al termine della formazione: fase T Tauri; dissipazione mediante getti di plasma; suddivisione di natura centrifuga e/o magnetica; fotoevaporazione; carenza di materiale nebulare. Alla variabile combinazione di tutti questi fattori è imputabile la varietà di masse con le quali i giovani astri intraprendono la propria vita stellare. "Per approfondire Vedi Gedea Astronomia vol. 1 p 70" "Per approfondire Vedi Gedea Astronomia vol. 1 p 70" .

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