quartière

Indice

Lessico

(ant. quartièro), sm. [sec. XIII; da quarto, sul modello del francese quartier].

1) Propr., la quarta parte di una cosa, oggi solo in alcune accezioni specifiche: A) In araldica, quartiere franco, lo stesso che quarto (franco). B) Ceramica a quartiere, tipo di decorazione su maiolica in uso a Faenza fra il 1525 e il 1550 ca. Il decoro a quartiere si svolge sul bordo dei piatti con medaglione centrale ed è costituito da scomparti separati da linee sottili in cui figurano alternativamente arabeschi e viticci su fondo giallo o turchino.

2) In origine, ciascuna delle quattro parti in cui era divisa una città. Oggi, più comunemente, settore della città che costituisce un'unità autonoma definita e dotata di servizi e attrezzature: quartiere industriale, residenziale;quartieri alti, le zone più signorili (propr. i nuovi quartieri costruiti a Roma nelle zone più elevate). § Consiglio di quartiere, organo consultivo formato dai rappresentanti degli abitanti di un quartiere nelle città superiori ai 60.000 abitanti. Hanno la funzione di raccogliere i voti e i pareri degli abitanti del quartiere e di trasmetterli alle autorità cittadine su quanto riguarda i servizi pubblici. I consigli di quartiere vogliono essere l'espressione di un decentramento capillare che sia capace di giungere anche ai casi più particolari. Previsti fin dal 1915 i consigli di quartiere non hanno ancora avuto riconoscimento ufficiale. Essi operano pertanto a titolo spontaneo. Tuttavia in alcuni procedimenti penali, specie in materia edilizia, i consigli di quartiere hanno avuto riconosciuta la legittimazione a costituirsi parte civile.

3) Reg., appartamento, alloggio. Freq. in tal senso anche il dim. quartierino.

4) Complesso di edifici destinato ad alloggiamento di reparti militari detto oggi più propr. caserma. In loc. fig., chiedere, dare quartiere, cercare o concedere una tregua (in origine chiedere o concedere salva la vita dopo la resa); lotta senza quartiere, combattuta senza respiro, fino alla completa disfatta di uno dei contendenti (in origine prolungata a oltranza contro chi non è più in grado di opporre resistenza). In particolare: quartiere generale, fino agli inizi degli anni Ottanta del sec. XX, il reparto che inquadra il personale (con eccezione per la polizia militare e le trasmissioni) addetto a un comando di grande unità e che ha in dotazione il materiale e i mezzi per il suo funzionamento. Ha mutato la sua denominazione in quella di reparto comando; ciò allo scopo di evitare possibilità di equivoco nei rapporti con gli altri eserciti della NATO ove il termine corrispondente (Headquarters, Quartier Général) indica il posto comando di un ufficiale generale. Per estensione, base operativa, nucleo organizzativo e dirigenziale di una qualsiasi attività: l'albergo era il quartiere generale dei rivoltosi.

5) In marina: A) nelle navi a vela, ciascuna delle due zone in cui sono suddivisi alberi e velatura; quella di prora è posta a proravia dell'asse di girazione della nave; quando le vele sono bordate in tale quartiere la nave tende a puggiare. Quella di poppa è posta a poppavia del predetto asse; quando le vele sono bordate in tale quartiere la nave tende a orzareavolone mobile, ricoperto con cappe incerate, posto a chiusura dei boccaporti; è stato quasi ovunque sostituito da sistemi di chiusura metallici. C) Angolo formato da una manovra fissa con l'asse dell'albero al quale appartiene: dare più quartiere alle sartie di maestra, aumentare l'angolo che dette manovre formano con il predetto albero.

6) Parte posteriore e laterale della tomaia delle scarpe.

7) Ciascuna delle due bande di cuoio ai lati della sella, su cui poggiano cosce e ginocchia del cavaliere.

8) Nel gioco del biliardo, la parte in cui ha inizio la partita.

Urbanistica

I quartieri concentrano spesso alcune funzioni cittadine (quartieri commerciali, universitari, bancari, ecc.) oppure sono caratterizzati dall'insediamento di particolari gruppi etnici (quartieri ebrei, neri, ecc.). Per quanto riguarda i quartieri residenziali, il problema del loro inserimento nello sviluppo della città si pose in termini drammatici fin dall'inizio della rivoluzione industriale, quando intorno alla fabbrica o al nucleo cittadino sorsero, espandendosi a macchia d'olio, i cosiddetti quartieri-dormitorio, caratterizzati da scarsità e degradazione delle abitazioni, da mancanza di servizi e di autonomia. Nel complesso, per tutto l'Ottocento e fino al 1920 ca., il problema di una corretta organizzazione del tessuto residenziale fu affrontato solo sporadicamente in sede pratica. Nell'ambito dell'intervento privato sono di notevole interesse i quartieri operai modello sorti per opera di alcuni capitalisti (Krupp a Essen, Saltaire a Port Sunlight), anche se con l'evidente obiettivo di legare la manodopera alle sorti dell'impresa pur tenendo bassi i salari; nell'ambito degli interventi pubblici, il piano Berlage di Amsterdam (1902-15) per la programmazione di nuovi quartieri a densità controllata. Con l'affermarsi del Movimento Moderno e delle istanze razionaliste il problema dell'abitazione e della programmazione di quartieri inseriti nella città, autosufficienti e omogeneamente strutturati, ha costituito un banco di prova per numerosi urbanisti e architetti, da Gropius a Mies, da Oud a Le Corbusier. Il quartiere infatti è l'elemento urbanistico cui gli architetti attribuiscono il compito di portare alla scala dell'intero insediamento le stesse istanze funzionali e formali che caratterizzano le nuove proposte edilizie. Esemplari, in questo senso, sono le Siedlungen tedesche, quartieri realizzati in gran numero dalle pubbliche amministrazioni dopo la prima guerra mondiale (l'espansione di Berlino negli anni Venti si realizzò in larga misura attraverso le Gross-Siedlungen: Britz, Zehlendorf, Siemensstadt, Reinickendorf), generalmente costituiti da case singole e in linea a uno, due o tre piani con giardino e collegati a un centro che può contenere un edificio commerciale, un municipio, scuole, chiese, ambulatori, aree per il gioco e lo sport. Nel quartiere moderno la residenza si completa con i servizi essenziali entro uno spazio limitato, percorribile a piedi (lo schema tipico è quello descritto nelle neighborhood units di Clarence Perry, 1929) e utilizzato per le costruzioni residenziali secondo determinati indici di densità (2-300 abitanti per ha). Il quartiere rappresenta il modo più comune di intervento pubblico nell'edilizia residenziale: nei Paesi dove questo intervento è più consistente (Paesi Bassi, Gran Bretagna, Paesi scandinavi) esso raggiunge ottimi livelli. Le espansioni di Rotterdam, Amsterdam, Copenaghen, Stoccolma, Helsinki e Londra costituiscono forse i risultati migliori raggiunti dall'urbanistica contemporanea sul piano degli insediamenti residenziali. Gli interventi confermano, pur in tipologie edilizie molto diverse, un'ossatura funzionale regolata dalla distribuzione dei servizi di quartiere. Nei Paesi socialisti l'edilizia residenziale, pressoché interamente pubblica, è stata di norma rigorosamente organizzata in quartiere destinati a contrastare, attraverso un'accurata determinazione e applicazione degli standard, la forza centripeta che caratterizza il centro urbano. Nell'Unione Sovietica l'unità residenziale di riferimento era il mikrorajon, di ca. 15.000 abitanti con una densità di 100 abitanti per ettaro, caratterizzato da livelli diversi di servizi secondo che fossero interni al tessuto residenziale (scuola dell'obbligo, negozi, servizi sanitari e amministrativi essenziali) o a scala suburbana (cinema, ristorante, ufficio postale, banca, ecc.). Il quartiere tende a essere autosufficiente, ma proprio questa impostazione ha sollevato gravi critiche quando, al di là dei miglioramenti dovuti alla più corretta localizzazione dei servizi di base, si è constatato il carattere socialmente negativo di una proposta urbanistica che tende a dividere e segregare i gruppi sociali piuttosto che esaltare le potenzialità associative proprie dell'ambiente urbano. Dagli anni Sessanta in poi l'ideologia del quartiere si è modificata anche nei Paesi dove questa era più radicata (Gran Bretagna, Scandinavia), con l'affermazione di nuovi modelli di insediamento nei quali le attrezzature collettive tendono a concentrarsi in complessi di dimensioni tali da consentire un'offerta articolata di servizi, ben al di sopra dei minimi standard. Ciò comporta l'adozione di densità edilizie più alte, così da permettere l'insediamento di un numero di abitanti sufficiente a sostenere un più alto livello di vita urbana (urbanness).

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