règola (diritto canonico)

complesso di norme che disciplinano la vita di un ordine religioso. Nell'ambito del monachesimo cristiano il comportamento di coloro che aspiravano a una perfezione di vita religiosa venne solo gradualmente sottoposto a norme aventi carattere di vera e propria “regola”. Fu anzitutto il passaggio dalla vita anacoretica ed eremitica a quella cenobitica, e cioè in comunità, che dettò questa esigenza. In ogni caso vi fu una graduale transizione da primitive esortazioni e richiami a testi scritturali ed evangelici alla formulazione di norme di vita monastica in senso stretto. È difficile quindi stabilire in modo preciso quali siano le più antiche regole monastiche. Per l'Oriente si usa risalire alla regola di San Pacomio (m. 346), scritta originariamente in copto (egiziano cristiano) e poi tradotta in greco e, a opera di San Gerolamo, in latino; e alla regola di San Basilio (m. 379), vescovo di Cesarea in Asia Minore, che ebbe grandissimo influsso in tutta la Chiesa greca (in Italia è osservata ancora nel cenobio di Grottaferrata) e fu tradotta in latino da Rufino di Aquileia. Per l'Occidente occorre fare almeno menzione della cosiddetta regola di Sant'Agostino (m. 430), Regula ad servos Dei, ed eventuali altri testi della cui paternità si discute; di quella di San Cesario di Arles (m. 542) per le sacre vergini; e ancora dell'ampia Regula magistri di ignoto autore italiano, che precorse di poco San Benedetto di Norcia (m. 547), la cui Regula monachorum era destinata a divenire il grande e unico modello di vita monastica per tutto l'Occidente, se si eccettua un temporaneo apporto del monachesimo irlandese, rappresentato dalla regola di San Colombano (m. 615). Tra il sec. VIII e il IX, nell'ambito del regno franco, San Benedetto d'Aniane (m. 821), con intenti riformatori, compilava un Liber ex regulis diversorum patrum (o Codex regularum) e una Concordia regularum, e con la sua collaborazione l'imperatore Ludovico il Pio emanava nell'817 ad Aquisgrana un Capitulare monasticum, che avrebbe dovuto ristabilire e generalizzare, puntualizzandola, l'osservanza benedettina. I secoli che seguirono videro, intercalate da decadenze, vigorose riprese della Regula monachorum di San Benedetto, cui si aggiunsero, specie a opera del movimento di Cluny (sec. X), “consuetudini” e osservanze particolari; ma accanto al ceppo benedettino si ebbe una ripresa della regola di Sant'Agostino, meglio atta a dar norme di vita comune al clero (vita canonicale, e poi canonici regolari di Sant'Agostino o agostiniani). Se la regola di San Benedetto, e in generale le regole monastiche finora citate, non presupponevano l'esistenza di ordini monastici, e cioè di un'organizzazione comprendente più monasteri o abbazie, i movimenti di perfezione evangelica e di vita regolare che seguirono in Occidente, a partire dal sec. XIII, ebbero per caratteristica un'organizzazione centralizzata, in cui le rispettive nuove regole, insieme agli organi centrali dei singoli ordini, furono mezzo di coesione e di azione unitaria. Questo avvenne per gli ordini mendicanti (francescani, domenicani, serviti, ecc.) e ancor più per la Compagnia di Gesù (gesuiti) e per le altre numerose congregazioni di “regolari” sorte dal Cinquecento in poi.

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