Lessico

sm. [sec. XIV; da risparmiare].

1) Il risparmiare: risparmio di luce, di gas; risparmio energetico. In particolare, nel linguaggio economico, l'eccedenza del reddito sul consumo. Nella loc. senza risparmio, senza limiti, con larghezza: spendere senza risparmio; prodigarsi senza risparmio, con tutte le proprie forze. In particolare, lo spendere di meno o il non spendere una parte dei propri guadagni per metterli da parte: una vita tutta impostata sul risparmio.

2) Ciò che si è risparmiato: in particolare, il danaro messo da parte: ho dovuto intaccare i risparmi.

Economia: generalità

Il risparmio è un flusso generato nel corso del tempo dal reddito (e che a sua volta contribuisce alla formazione del reddito stesso) e si identifica “con la conservazione di una potenziale capacità d'acquisto, che nell'economia monetaria è incorporato in valori numerari o in beni materiali suscettibili in vario grado di essere trasformati in danaro” (G. Dell'Amore). Si dice privato il risparmio individuale e familiare e quello delle imprese (utili non distribuiti sotto forma d'interessi o dividendi); pubblico il risparmio della pubblica amministrazione (eccedenza delle entrate sulle uscite correnti). I motivi che spingono un individuo o una collettività a risparmiare, cioè ad astenersi dal consumo, sono i più diversi e possono variare non solo da soggetto a soggetto, ma, anche per uno stesso soggetto, possono variare nel tempo e nello spazio in relazione alle istituzioni e alle situazioni economiche e sociali in cui egli si trova a operare. Il risparmio può nascere da un atto soggettivo di decisione (risparmio volontario) oppure può essere frutto di un'imposizione (risparmio forzato) posta in essere dalle pubbliche autorità, per esempio mediante lo strumento fiscale, il razionamento, il prestito forzoso. Una particolare forma di risparmio forzato, peraltro ampiamente teorizzata nell'analisi economica, è quella generata da un'espansione del credito e così descritta da J. Schumpeter: “Se nuovi mezzi di pagamento creditizio – nuovo potere d'acquisto – sono creati e posti a disposizione dell'imprenditore, quest'ultimo prende il suo posto tra i produttori già esistenti e il suo potere d'acquisto prende il suo posto accanto al complessivo potere d'acquisto già esistente. Ovviamente ciò non aumenta la quantità dei servizi produttivi esistenti nel sistema economico. E tuttavia una “domanda addizionale” diviene possibile in senso del tutto ovvio. Essa causa un aumento nei prezzi dei servizi produttivi. Da ciò segue, come abbiamo già visto, che certi beni vengono “distolti” dai loro usi precedenti. Ciò equivale a una compressione dell'esistente potere d'acquisto”. La compressione dell'esistente potere d'acquisto avviene sia sul mercato degli strumenti produttivi a danno dei precedenti produttori, sia sul mercato dei beni di consumo a danno di tutti coloro che non partecipano all'incremento dei redditi monetari che risulta dalla domanda dell'imprenditore (per esempio, i percettori di redditi fissi). Una peculiare forma di risparmio volontario è invece quella cosiddetta “contrattuale”, la quale deriva da obblighi liberamente assunti dal soggetto (sottoscrizione di polizze di assicurazione sulla vita, acquisto a rate di beni mobili o immobili, acquisto d'immobili con patti di riscatto o mediante mutuiipotecari). Per J. M. Keynes i moventi che spingono gli individui ad astenersi dallo spendere i propri redditi si possono sintetizzare nel modo seguente: la precauzione (cioè il desiderio di costituire una riserva atta a fronteggiare contingenze impreviste), la previdenza (per far fronte a un rapporto futuro fra il reddito e i bisogni dell'individuo, o della sua famiglia, che si preveda diverso da quello che esiste attualmente), il calcolo (per godere dell'interesse e dell'incremento del capitale), il miglioramento (per godere di una spesa progressivamente crescente), l'indipendenza, l'iniziativa (per assicurarsi una massa di manovra per attuare progetti speculativi o commerciali), l'orgoglio (per lasciare in eredità un patrimonio) e l'avarizia. I moventi che determinano il risparmio d'impresa sono invece i seguenti (G. Dell'Amore): accelerare l'ammortamento degli immobilizzi; ridurre gli oneri fiscali e quelli finanziari relativi ai debiti in atto; rendere più elastica la gestione finanziaria, contraendo il volume degli affidamenti in essere; accantonare capitali da destinare all'espansione della produzione e, più specificatamente, da immobilizzare in investimenti fissi; stabilizzare i dividendi distribuiti agli azionisti nella successione degli esercizi aziendali. Il risparmio della pubblica amministrazione ha invece finalità più generali, di carattere economico e sociale, essendo destinato a elevare il benessere della collettività.

Economia: relazione fra risparmio e investimento

Si è detto che il risparmio deriva dal reddito ma che a sua volta contribuisce alla formazione del reddito stesso e contribuisce esattamente nella misura e secondo le modalità in cui si trasforma in investimento, cioè in cui viene reimpiegato nel processo produttivo (può evidentemente essere anche variamente tesoreggiato). In proposito va rilevato che i classici ritenevano che il reddito risparmiato si trasformasse immediatamente e totalmente in capitale; ritenevano cioè che l'atto del risparmio e quello dell'investimento fossero due aspetti di uno stesso atto economico. Il merito di aver compreso che sono due atti economici distinti, “effettuati da categorie di persone non necessariamente identiche, le quali si incontrano su un mercato particolare, appunto il “mercato del risparmio”, nella misura in cui il risparmio non venga usato da chi lo effettua o non venga usato affatto ma semplicemente tesoreggiato” (C. Napoleoni), spetta agli economisti cosiddetti neoclassici. Per essi il risparmio e l'investimento sono resi uguali dalle variazioni automatiche del saggio d'interesse e, poiché ogni risparmio individuale determina un analogo incremento degli investimenti totali, non può esistere disoccupazione. Keynes pose in evidenza non solo che risparmio (collettivo) e investimenti possono essere uguali anche in condizioni di non piena occupazione ma che sono uguali solo a un certo livello di reddito. Il risparmio dipende dal reddito e in corrispondenza ai diversi livelli di reddito la propensione media al risparmio, cioè il rapporto fra risparmio e reddito a ciascun livello di reddito è relativamente stabile. Al contrario gli investimenti sono autonomi rispetto al livello del reddito, dipendendo da fattori di altra natura. Premesso questo e benché il comportamento di chi investe sia indipendente da quello dei risparmiatori, le fluttuazioni del reddito determinano l'uguaglianza dei due aggregati. Si può concludere che la formazione di risparmio è condizione essenziale all'incremento del reddito (e, quindi, allo sviluppo economico) e che, alla luce dell'insegnamento keynesiano, se il risparmio individuale non si trasforma in investimento ha quale effetto la riduzione del reddito e dell'occupazione.

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