ritmo

Indice

Lessico

sm. [sec. XIV; dal latino rhythmus, che risale al greco rhythmós].

1) Il succedersi regolare nel tempo di suoni, movimenti, cadenze e simili e il modo con cui si succedono le varie fasi di essi: ritmo lento, veloce; il ritmo di una danza; il ritmo dell'orologio; il ritmo della voga, delle pulsazioni. In particolare, in telefonia, conteggio a ritmo, criterio di tassazione telefonica realizzato con impulsi elettrici inviati in linea durante la conversazione interurbana; il ritmo di tali impulsi viene scelto in base al cosiddetto scaglione tariffario entro il quale viene classificata la comunicazione. Ovviamente, quanto più alto è l'importo di tassazione, tanto più rapido è il ritmo degli impulsi inviati.

2) Successione più o meno regolare delle varie fasi nello sviluppo di un fenomeno: il ritmo delle stagioni. Per estensione, il modo in cui si svolge un'azione o si succedono i diversi momenti di un fenomeno che si sviluppa nel tempo; andamento, svolgimento: il ritmo di produzione; il film ha un ritmo incisivo e serrato;ritmi biologici, vedi bioritmo. In particolare, frequenza con cui un fenomeno, un fatto si ripete in un dato periodo: il ritmo delle nascite è in diminuzione; una macchina che produce col ritmo di mille pezzi all'ora. Con accezioni specifiche: A) in cinematografia, modo di presentare lo sviluppo dell'azione coerentemente con i contenuti narrativi. Si ottiene in fase di ripresa dosando opportunamente i movimenti di macchina e gli spostamenti del soggetto. In fase di montaggio il ritmo è dato dalla lunghezza delle scene che si susseguono. B) Ritmo di lavoro, misura di tempo in cui viene eseguito un dato pezzo o un prodotto. I ritmi di lavoro dovrebbero uniformarsi ai moduli della produttività media, che tiene calcolo delle reali possibilità fisiche e psichiche del lavoratore senza costringerlo a un logorio troppo intenso di energie. C) In geologia, complesso dei tipi litologici che si ripete regolarmente in una successione ritmica. Un ritmo costituito da due soli tipi litologici si dice coppia.

3) Parametro fondamentale del linguaggio musicale nel cui ambito possono essere fatti rientrare tutti gli aspetti inerenti alla durata dei suoni. Per estensione, breve composizione di musica leggera in cui la cadenza ritmica prevale sulla melodia: ballare un ritmo lento, vivace.

4) In metrica, ordinata successione di sillabe toniche e atone che si alternano secondo schemi particolari, conferendo al verso quell'armonia che originariamente era data essenzialmente dalla musica. Gli accenti con cui il verso viene scandito si chiamano ritmici e in italiano coincidono normalmente con l'accento della parola, a differenza di quanto avveniva nella metrica quantitativa classica, greca e latina. Concorrono a formare il ritmo anche il modo con cui le parole vengono ordinate nel verso e la musicalità dei suoni che le compongono: scandire il ritmo della sestina; ritmo di una prosa, il suo andamento, determinato dal particolare succedersi degli accenti nella frase. Per estensione, nome di componimenti poetici impostati su una determinata cadenza metrica, specialmente di carattere accentuativo: il Ritmo di Sant'Alessio.

5) In medicina, regolare e armonica sequenza di cicli cardiaci qualitativamente normali; è apprezzabile con l'ascoltazione dei battiti cardiaci, con la palpazione dei polsi (radiale, carotideo, ecc.) o con l'elettrocardiogramma. A seconda del punto di origine dell'impulso cardiaco, si parla di ritmo sinusale, a partenza dal nodo del seno; ritmo giunzionale alto, di origine atriale, vicino al nodo atrioventricolare; ritmo giunzionale o nodale inferiore, originante dalla giunzione nodo-hissiana; ritmo sottogiunzionale, a partenza dal fascio di His o da una delle sue branche; ritmo idioventricolare, che origina dalle fibre di Purkinje.

6) Fig., successione armonica di forme nello spazio: il ritmo della composizione pittorica; il ritmo delle linee di un palazzo.

Musica

Nello sviluppo della musica d'arte occidentale possono essere schematicamente distinti due fondamentali concezioni del ritmo. La prima è legata alla metrica quantitativa che sta alla base della poesia classica; in questo contesto il ritmo si presenta come organizzazione di unità di durata indivisibili (tempi primi) e dei loro multipli, al di fuori di un regolare ricorrere di accenti in sedi privilegiate. In tale categoria rientrano il canto gregoriano, il moderno canto liturgico delle Chiese siriane e russo-ortodosse, certi esperimenti eruditi condotti nel Rinascimento (per esempio, il vers mesuré) nonché particolari atteggiamenti della musica del sec. XX (presenti in Stravinskij, Hindemith, Bartók, ecc.). La seconda è caratterizzata dall'organizzazione di unità di durata (e dei loro multipli e sottomultipli) in schemi regolari (misure) nei quali ricorrono accenti forti e deboli in sedi fisse. Questa concezione venne lentamente applicata nella musica mensurale a partire dalla comparsa dei modi ritmici (sec. XII-XIII) per imporsi definitivamente all'inizio del sec. XVII attraverso l'introduzione della battuta. Nella musica d'arte del sec. XX sono andate sempre più apertamente delineandosi tendenze verso un superamento (o quanto meno un'interpretazione estremamente più duttile) di questa impostazione del ritmo.

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