Lessico

Agg. e sm. (pl. m. -i) [sec. XIX; dal latino Romanícus, da Romānus, romano]. Termine usato per la prima volta dal medievalista francese De Caumont (1824) per definire l'arte dei sec. XI e XII nell'Europa centrale, con l'intento di caratterizzarne il significato di libera rinascita delle forme dell'arte romana e di sottolineare l'analogia con la contemporanea formazione delle lingue romanze e con i loro sviluppi. L'ambito proprio dell'arte romanica copre l'arco dal sec. XI alla metà del sec. XII per la Francia, estendendosi ai primi decenni del sec. XIII per altri Paesi europei (Italia, Spagna, Germania, Inghilterra); per i fenomeni artistici anteriori al Mille si parla piuttosto di arte altomedievale o anche preromanica, per quegli aspetti che più chiaramente mostrano in nuce gli elementi poi maturati nel romanico.

Rinnovamento del linguaggio

Rispetto al frazionamento culturale dei secoli dell'alto Medioevo gli sviluppi del romanico esprimono una sostanziale unità d'intenti, la prima aspirazione unitaria dell'Europa dopo la caduta dell'Impero romano, che si concretò nell'elaborazione di un nuovo e originale linguaggio: di fronte alla tradizione delle culture auliche – come la bizantina, la carolingia e l'ottoniana, ispirate all'arte classica imperiale – il romanico rappresentò lo sviluppo del sermo humilis, dei linguaggi espressi dai contemporanei aspetti “preromanici”, arricchiti di riferimenti classici, tratti dall'arte delle province romane e rivissuti originalmente. Tuttavia la cultura romanica non fu compatta né omogenea, esprimendosi anzi in fenomeni articolati e contrastanti: da un lato in una multiforme varietà di “dialetti”, in una grande ricchezza di scuole regionali, dall'altro in evidenti caratteri di “internazionalità”. Il primo aspetto è frutto dell'emergere, dal crogiolo di razze e culture diverse successivo al disfacimento dell'Impero romano, di elaborazioni locali sempre più tendenti all'autonomia (processo che trova il suo parallelo nella formazione del “volgare” delle lingue romanze, differenziatesi dal comune ceppo latino); per il secondo aspetto, furono la generale ripresa economica, la riapertura delle rotte commerciali, il moltiplicarsi dei centri di pellegrinaggio, che provocarono vere e proprie correnti di traffico attraverso l'Europa, a promuovere lo spostamento di maestranze artigiane da un capo all'altro del continente, con relativa diffusione e commistione di forme e stili.

Urbanistica e architettura

L'aspetto più macroscopico e impressionante del romanico fu il rinnovato fervore edilizio che in quei secoli percorse l'Europa; secondo le poetiche parole del monaco cluniacense Rodolphus Glaber, “verso il terzo anno dopo l'anno mille, su quasi tutta la terra, soprattutto in Italia e in Francia, si ricominciarono a costruire le basiliche. Si sarebbe detto che il mondo, scrollandosi di dosso quanto aveva di antico e allontanandolo da sé, si coprisse di un bianco mantello di chiese. I fedeli non si contentarono soltanto di ricostruire le cattedrali, ma restaurarono anche le chiese dei monasteri e persino le chiesette dei villaggi”. Non si trattò, ovviamente, di una pura manifestazione di fervore religioso: alla base del fenomeno stanno la ripresa demografica ed economica posteriore al Mille, la rinascita e lo sviluppo dei centri urbani, l'intensificarsi degli scambi commerciali, l'apertura di nuove rotte di traffico (si pensi all'imponente fenomeno delle Crociate) e in questo quadro va sottolineato il ruolo giocato, con risultati complessi e contrastanti, dalle grandi potenze: l'Impero, la nobiltà feudale, il papato, i nuovi ordini religiosi. In ogni caso, il fenomeno più imponente della cultura romanica fu la rinascita delle città: essa si espresse sia nell'utilizzazione e nella rivitalizzazione di preesistenti strutture romane (specialmente in Italia), sia nella fondazione di centri urbani ex novo, che elaborarono lo schema del castrum romano o sorsero dall'ampliamento del monastero o del castello feudale (specialmente in Francia). Nella maggior parte dei casi la nuova struttura della città fu determinata da ragioni di difesa: in epoca romanica si elaborarono le forme sia della città cinta di mura, sia della fortificazione isolata, il castello (è ai Normanni, in Francia e Inghilterra, che si deve la prima elaborazione del dongione o mastio), anche se i maggiori sviluppi si ebbero in periodo gotico. La definitiva maturazione delle nuove strutture di difesa si ebbe durante il periodo delle crociate, specialmente in Palestina, negli anni del regno di Gerusalemme (1100-87). Fondamentale per gli sviluppi dell'architettura romanica fu il contributo degli ordini monastici (benedettini, cluniacensi). L'ambizione di ritrovare una dignità architettonica pari a quella dell'antichità e la volontà di rispondere funzionalmente alle molteplici esigenze della vita monastica guidarono l'elaborazione della struttura abbaziale, che alla chiesa affianca gli ambienti dedicati alla preghiera e alla vita quotidiana: il chiostro, la sala capitolare, la biblioteca, le celle o i dormitori, gli ambienti di servizio. Furono inoltre gli ordini monastici (soprattutto i cluniacensi) a promuovere pellegrinaggi, da Santiago di Compostella a Roma, con la relativa diffusione, lungo le strade di pellegrinaggio, di una tipica struttura chiesastica, con organizzazione absidale ad ambulacro con cappelle radiali. Ma è ancora l'ambito cittadino che ci offre la forma principe dell'architettura romanica, la chiesa o cattedrale: affacciata in genere sulla piazza, centro della vita economica e sociale della città, essa stessa struttura dalle funzioni polivalenti, religiose non meno che civili (come luogo di assemblea cittadina e persino di difesa: il caso di chiese-fortezza è frequente), la chiesa romanica, robusta, di salde proporzioni e di volumi compatti, presenta una nuova, plastica articolazione dello spazio. A pianta basilicale, a tre o cinque navate, a forma cruciforme, con transetto e soluzione absidale più o meno complessa, essa trova i suoi punti caratteristici nell'uso coerente dell'arco a tutto sesto, della copertura a volta, a crociera o a botte (prevalente ma non esclusivo: l'eventuale copertura a tetto non contraddice il carattere romanico dell'edificio), nell'attento studio dello scarico dei pesi sui robusti pilastri, sugli archi trasversali, sui muri in funzione di contrafforte. I primi grandi organismi con copertura a volta videro la luce pressoché contemporaneamente, agli inizi del sec. XI, in Lombardia e nell'area continentale di influenza normanna: di qui lo stile romanico si diffuse, in articolazioni estremamente ricche e dense di apporti locali, in tutta Europa: l'attività dei Normanni si estese dalla Normandia vera e propria alla Francia, ai Paesi nordici, all'Inghilterra, fino in Terra Santa, e viceversa quella delle maestranze lombarde, come i Maestri Comacini o i Maestri Antelami, attive in quasi tutta Europa, riportò anche in patria esperienze diverse dalla Normandia, dalla Provenza, dalla Catalogna.

Scultura

Nel campo della scultura, il romanico conobbe un fenomeno che assunse proporzioni grandiose: la rinascita della scultura in pietra, che svolse originalmente e su un piano monumentale modelli tratti dall'arte tardoantica, e in particolare da quella romano-provinciale, e dalle arti minori, come l'oreficeria e la miniatura. Henri Focillon, tra i maggiori studiosi dell'arte medievale europea, ha sintetizzato in alcune regole o “leggi” i principi che governano l'organizzazione della scultura romanica: primato dell'architettura per cui la decorazione scultorea, sottomettendosi alle necessità dell'architettura, ne sottolinea i punti “sensibili” (capitelli, architravi, portali, pilastri, ecc.); legge della cornice, per cui la figurazione scultorea non valica i limiti del proprio campo; legge dei più numerosi contatti possibili, per cui risentendo ancora dell'horror vacui tipico dell'arte barbarica, la figurazione tende a occupare tutto lo spazio disponibile; legge del formalismo interno, per cui le forme si generano le une dalle altre per analogia metamorfica. La facciata della cattedrale romanica, col punto chiave dei grandi portali, forniva ampio campo alla scultura, che nell'illustrazione di temi del Vecchio e Nuovo Testamento svolgeva una funzione didattica ed edificante nei confronti del fedele, mentre nelle parti decorative (capitelli, cornici, ecc.) figurazioni mostruose, libere derivazioni dall'antico e intrecci metamorfici si susseguivano con inesauribile fantasia, espressione di un libero gusto fantastico e grottesco. Grande diffusione ebbero anche gli arredi liturgici (cibori, ceri pasquali, cattedre) e le porte e gli oggetti in bronzo (specialmente in area centro-europea).

Pittura e arti minori

Assai più complesso e difficilmente determinabile in termini di “stile” unitario appare il panorama della pittura romanica: da un lato la genesi dei suoi sviluppi autonomi fu più tardiva rispetto alla scultura, dall'altro tali sviluppi si prolungarono fino al sec. XIII, articolati in aspetti molto differenziati e non coincidenti nei diversi Paesi. Nel campo della pittura più che in qualsiasi altro il nuovo linguaggio romanico faticò a emanciparsi dall'influsso delle tradizioni “colte”: per intere aree europee (orientali, ma anche in Italia), la cultura bizantina fu ancora prevalente, per cui episodi anche imponenti (come i mosaici dell'Italia meridionale) non rientrano nell'ambito propriamente romanico, così come nei territori dell'Europa centrale la tradizione dell'arte ottoniana fu determinante fino in pieno sec. XI. Le caratteristiche principali della pittura romanica si rintracciano nel grande sviluppo dell'affresco (Francia, Italia, Spagna), negli inizi, destinati a larga fortuna, della pittura su tavola (Italia, Spagna), nella splendida fioritura dell'arte miniatoria (Inghilterra, Paesi tedeschi), espressione più colta e raffinata rispetto al gusto popolaresco e narrativo dell'affresco: aspetti che sfoceranno tutti, con ininterrotta continuità, nel successivo periodo gotico. Sono infine da sottolineare i molteplici aspetti e la ricchezza della produzione di oggetti d'arte applicata del periodo romanico. Notevolissimo sviluppo ebbe l'oreficeria, nella quale confluirono gli elementi di una ricca tradizione derivata dall'arte classica, barbarica e bizantina. Un'importante innovazione dell'oreficeria romanica fu lo smalto champlevé (soprattutto in Francia e in Germania) che si affiancò a tutte le altre tecniche, dal cloisonné allo sbalzo alla filigrana, ancora largamente rappresentate. Grande sviluppo ebbe pure l'intaglio dell'avorio (Spagna, Germania, Inghilterra), la cui produzione è costituita dalle categorie di oggetti già consuete nelle epoche precedenti (paliotti, altari portatili, rilegature, pettini), arricchita però da nuovi tipi come le croci “a tau”, i ricci di pastorale, gli scacchi decorati con animali fantastici o temi mitologici o religiosi. In epoca romanica conobbero una prima fioritura l'arte del tessuto e del ricamo (Francia, Inghilterra) e quella delle vetrate (Francia, Germania), aspetti che nell'ambito gotico troveranno la loro più alta realizzazione.

Cenni storici: il romanico in Francia

Corrispondentemente alla rapida maturazione della lingua romanza, che dette prodotti letterari già verso la fine del sec. XI, la Francia elaborò precocemente un linguaggio architettonico monumentale, ricco di fantasia, complesso e talora raffinato, anche per l'influsso dell'aulica tradizione carolingia e per l'azione determinante di una civiltà monastica di alta cultura, come quella cluniacense. Caratteristica dello sviluppo del romanico francese è la ricca articolazione di scuole regionali, che si influenzarono reciprocamente: per prime la Normandia e la Borgogna elaborarono le forme tipiche dello stile romanico, con accentuazioni particolari. Le chiese normanne, dallo stile sobrio e sostenuto, presentano spesso una facciata a doppia torre (St.-Étienne e la Trinità a Caen) e un'intensa articolazione plastica dell'interno, scandito dalle campate divise da pilastri (chiesa abbaziale di Jumièges; Mont St.-Michel); il sistema di copertura a volta, che comparve precocemente intorno alla metà del sec. XI, venne portato nel secolo successivo a una rapida maturazione che prelude al gotico. La scuola borgognona risulta improntata dagli schemi cluniacensi, complessi e monumentali, esemplificati nelle elaborazioni del gigantesco edificio dell'abbazia di Cluny (cinque navate e due transetti, copertura con volte a botte), nelle ricche soluzioni absidali, con coro a deambulatorio e cappelle radiali (St.-Martin a Tours; St.-Philibert a Tournus), nell'impiego esteso della volta a crociera (St.-Étienne a Nevers; S.te-Madeleine a Vézelay). I modi stilistici di queste due scuole ebbero larga diffusione (da Cluny dipendono le chiese di Paray-le-Monial, Beaune, Autun), intrecciandosi ad altre varianti regionali: lo schema “a sala”, con navate di uguale altezza nel Poitou (St.-Savin-sur Gartempe); il grande sviluppo del transetto con tiburio e abside a deambulatorio nell'Alvernia (Notre-Dame-du-Port a Clermont-Ferrand; St.-Sernin a Tolosa), schema tipico delle chiese-stazioni di pellegrinaggio, di larga diffusione europea; le chiese a cupola dell'Aquitania, singolare episodio di derivazione bizantina (St.-Front a Périgueux); l'impronta fortemente classica in Provenza; il linguaggio nobilissimo, e più tardo, dell'Île-de-France (St.-Denis; facciata occidentale di Chartres), che rapidamente trapasserà nelle forme del gotico primitivo. Non meno ricchi e imponenti furono gli sviluppi della scultura, dai primi esempi decorativi (capitelli del coro di Cluny, ca. 1090) alle mature, robuste espressioni plastiche del sec. XIII. Tra i diversi stili regionali spiccano quelli elaborati in Linguadoca, di grandiosa monumentalità (St.-Pierre a Moissac), in Provenza, fervidi di reminiscenze classiche (St.-Trophime ad Arles), in Borgogna, di astratta, quasi estatica trascendenza (St.-Lazare ad Autun; S.te-Madeleine a Vézelay). La ricca produzione di affreschi dei sec. XI e XII appare in parte dipendente, per solennità e gravità stilistica, dalla corrente aulica ottoniana: così i famosi affreschi di St.-Savin-sur-Gartempe (ca. 1100), mentre uno stile propriamente romanico, plastico, di viva, immediata drammaticità, è rintracciabile negli affreschi di Berzé-la-Ville (1103-09), della cripta di Tavant, del chiostro di St.-Aubin di Angers. La miniatura, che conobbe un notevole sviluppo, ebbe il suo centro principale nel convento borgognone di Citeaux (Bibbia di Citeaux, 1098-1109, Biblioteca di Digione), i cui prodotti risentirono dell'influsso delle scuole miniatorie inglesi, come d'altronde tutta la Francia del Nord. In altri casi sono anche sensibili reminiscenze ottoniane e bizantine, mentre l'esuberanza cromatica e decorativa propria dei prodotti della Francia meridionale deriva dai rapporti con la Spagna (Apocalisse di St.-Sever, Parigi, Bibliothèque Nationale). Per le arti applicate, sono da ricordare le fiorenti botteghe di toreutica, oreficeria e smalti (Conques, Limoges, Saint-Denis) e i primi sviluppi delle vetrate. I modi dell'architettura romanica francese ebbero larga diffusione in Europa e nelle terre del Levante mediterraneo: le chiese costruite dai crociati in Terra Santa derivano dallo stile borgognone e provenzale (S. Sepolcro a Gerusalemme; cattedrale di Byblos), mentre la fitta rete di castelli e opere di difesa elaborò e perfezionò schemi già creati in Francia, in Normandia e altre regioni.

Cenni storici: il romanico in Italia

Come si è detto, quasi contemporaneamente alla Francia gli schemi tipici dell'architettura romanica vennero elaborati anche in Italia, e precisamente in Lombardia: primo modello fu la basilica di S. Ambrogio a Milano (sec. XI), che definì gli aspetti propri del romanico lombardo: la facciata a capanna, l'accentuazione delle linee orizzontali (a differenza dei prototipi francesi tendenti alla verticalità), la robusta e sobria articolazione plastica dell'interno, con ampie campate coperte a volta a crociera. Questo schema fu sviluppato rapidamente e con genialità nelle grandi chiese sorte fra il sec. XI e il XII tra Pavia e la via Emilia: S. Michele a Pavia, il duomo di Modena, le cattedrali di Parma e Piacenza, la basilica di S. Zeno a Verona, arricchirono il prototipo milanese accentuando il connubio organico di struttura architettonica e decorazione plastica ed esaltando in chiave monumentale la parte presbiteriale (abside, transetto, tiburio), secondo un processo evolutivo che culminerà nello slancio protogotico del battistero di Parma, iniziato da Benedetto Antelami nel 1196. La diffusione dell'architettura lombarda fu notevolissima, non solo in Italia, ma anche in Spagna e Germania, al punto che in essa si è finito per identificare l'intero fenomeno del romanico italiano: anche se tale linea interpretativa necessita di correzioni e sfumature, è però indubbio che l'accezione lombarda è quella più coerente alle comuni matrici del romanico europeo, cui risultano sostanzialmente estranei molti episodi, peraltro di altissimo livello, dell'architettura italiana del periodo. Così per le creazioni fiorentine tra il sec. XI e il XII, che appaiono elegante e originale continuazione del classicismo paleocristiano e altomedievale; per le esperienze di Roma e del Lazio, che dettero nuovo respiro alle forme della tradizione locale, classica e paleocristiana; per Venezia e il litorale veneto, legati al prevalente influsso dell'orientalismo bizantino; per gran parte degli sviluppi dell'Italia meridionale e della Sicilia, da un lato schiettamente bizantini, dall'altro toccati da influssi arabi, che interessarono anche costruzioni normanne, come il duomo di Cefalù e quello di Monreale. Un caso particolarissimo è rappresentato dall'architettura pisana: il duomo di Pisa, iniziato da Buscheto nel 1063, secondo un ideale di astratta classicità del tutto estraneo alla tematica romanica, venne dal successivo intervento di Rainaldo (metà sec. XII) modificato in chiave lombarda, creando un connubio di alto valore formale che sostanziò modi architettonici che da Lucca e Pistoia si diffusero poi in Sardegna e nelle Puglie. Gli sviluppi della più schietta tradizione lombarda interessarono tutta l'Italia settentrionale, espandendosi al centro (Arezzo) e lungo il litorale adriatico, nelle Marche (S. Maria in Porto Nuovo; S. Maria a Piè di Chienti) fino alle Puglie, dove il prototipo della basilica di S. Nicola a Bari, arricchito di motivi normanni (le torri in facciata), dette vita a un'imponente fioritura di cattedrali (Trani, Ruvo, Bitonto). Anche la scultura romanica italiana nacque e si sviluppò al Nord, sia nella sua più antica accezione, legata alle maestranze comacine, sia nella nuova scuola milanese-emiliana, nata con l'attività di Wiligelmo al duomo di Modena, continuata dai suoi successori in Emilia e dal Maestro Niccolò, attivo nella prima metà del sec. XII a Ferrara, Verona e in Val di Susa, e sostanziata da apporti francesi (Linguadoca e Borgogna). Sviluppi più maturi, legati anche alla diffusione dei modi classicisti della scultura provenzale, sono rappresentati dall'attività dei Maestri Campionesi e da quella di Benedetto Antelami, fondamentale per il trapasso dal rustico e popolaresco linguaggio plastico romanico al naturalismo gotico. Mentre esulano da tali sviluppi le esperienze classiciste dei marmorari romani (Cosmati, Vassalletto), sono da ricordare gli sviluppi della scultura in bronzo, dalle più antiche forme della porta di S. Zeno a Verona al massimo punto d'arrivo, le porte di Bonanno per il duomo di Pisa. Difficile invece dare una precisa definizione stilistica della pittura romanica in Italia: escludendo la larga produzione a mosaico, derivante da modelli sia bizantini (Venezia, la Sicilia) sia paleocristiani (Roma e il Lazio), anche il panorama dell'affresco appare problematico. Nell'Italia settentrionale gli affreschi notevolissimi di S. Vincenzo a Galliano e di S. Pietro al Monte a Civate appaiono legati alla tradizione ottoniana, come quelli più tardi (seconda metà sec. XII) del Trentino e dell'Alto Adige (Burgusio, Tremeno, Castellappiano), cosicché la nascita di un linguaggio “volgare” in senso proprio va piuttosto rintracciata negli affreschi dell'abbazia benedettina di S. Angelo in Formis (1073-87), se pur non esenti da bizantinismi, di S. Elia a Nepi, di S. Clemente a Roma. La morfologia bizantina dominò anche i primi sviluppi della pittura su tavola, nell'Italia centrale, a Lucca, Pisa (Giunta) e Firenze (Coppo di Marcovaldo), fino agli esordi di Cimabue, protagonista della generazione successiva. Dirette derivazioni ottoniane, irlandesi e bizantine caratterizzano la miniatura romanica italiana, secondo i diversi ordini monasteriali.

Cenni storici: il romanico in Inghilterra

Strettamente legato a quello della Francia appare il romanico in Inghilterra: con la conquista normanna (1066) gli schemi architettonici della Normandia e della Borgogna penetrarono nell'isola, dove furono articolati in forme complesse e riccamente strutturate (abbazia di Saint Albans; cattedrali di Lincoln, Ely, Winchester, Durham, Gloucester, Norwich), rapidamente evolvendo verso gli elementi strutturali (volta costolonata) e formali (verticalismo) del gotico primitivo. L'influenza francese è anche sensibile nella scultura, strettamente integrata alle strutture architettoniche, e che rielaborò anche gli intrecci zoomorfi di ascendenza vichinga e irlandese. Un grande sviluppo conobbe la miniatura, che accolse antichi motivi sassoni accanto ai più recenti apporti francesi ed ebbe i suoi centri più importanti a Durham, Winchester (Bibbie di Winchester), Saint Albans (Salterio di Saint Albans, 1119-46). Dell'attività delle botteghe artigiane inglesi è infine superba testimonianza il grande arazzo di Bayeux (fine sec. XI), che narra le vicende della conquista normanna.

Cenni storici: il romanico in Spagna

Poco adatta (per vicende storiche e tradizioni culturali) a elaborazioni autonome della civiltà romanica, la Spagna fu raggiunta dal romanico tramite la penetrazione di correnti lombarde e francesi, attraverso la Catalogna, in Aragona, Castiglia, León, soprattutto lungo le vie di pellegrinaggio che portavano al grande santuario di Santiago di Compostella, di derivazione cluniacense, mentre l'impronta lombarda è prevalente in altri complessi (S. Maria di Ripoll; S. Domingo di Silos). Influssi italiani (portico di S. Isidoro di León, sec. XI), borgognoni e provenzali caratterizzano la vigorosa e densamente plastica scultura romanica spagnola, il cui culmine si può indicare nell'opera di Maestro Mateo (portico della Gloria a Santiago), già sulle soglie del gotico. Dalla fine del sec. XI a tutto il XII, la Catalogna fu il maggior centro di produzione pittorica della Spagna; gli affreschi a certe suggestioni della miniatura mozarabica unirono influssi italiani (Maestro di Pedret) e francesi (S. Maria e S. Clemente di Tahull; S. Isidoro di León), elaborati in un linguaggio vigoroso, stilizzato e fortemente espressivo. Le stesse caratteristiche di stilizzazione lineare e di ardita accentuazione espressiva si rintracciano nelle pitture su tavola del sec. XII (Maestri di Lluça e di Avia), assai diffuse nella forma del “dossale” o paliotto d'altare destinata a durare per tutto il Duecento, trasformandosi poi nel retablo o pala. Il determinante influsso mozarabico, unito a spunti irlandesi e francesi (ma qui il rapporto fu reciproco), spiega il gusto espressionistico e l'esaltazione cromatica della miniatura spagnola, la più libera e fantasiosa del romanico europeo, i cui testi più famosi sono i numerosi codici dell'Apocalisse. La tradizione dell'oreficeria visigotica e degli intagli in avorio islamici fu continuata dagli artigiani spagnoli in forme di grande finezza, che influenzarono anche le arti maggiori, come la scultura, la miniatura e la pittura. Dagli esempi architettonici spagnoli discendono direttamente quelli portoghesi (cattedrale di Coimbra, derivata da Santiago di Compostella; cattedrale di Évora). Larga penetrazione ebbe anche in Portogallo la miniatura spagnola (Apocalisse di Lisbona, 1189).

Cenni storici: il romanico in Germania

Nei Paesi dell'Europa centrale, particolarmente in Germania, la grande tradizione aulica ottoniana condizionò largamente la nascita del romanico, che acquistò lentamente autonomia verso la fine del sec. XI, raggiungendo però rapidamente nel secolo successivo un mirabile sviluppo, specialmente in Sassonia e Renania: il duomo di Spira (interamente voltato a crociera), il duomo di Treviri, le cattedrali di Magonza di Worms presentano possenti masse plastiche, ritmicamente organizzate, caratterizzate dalla presenza di due cori contrapposti e dalla frequente soluzione a torre unica della facciata. I partiti decorativi, specie in Renania (S. Maria in Campidoglio, SS. Apostoli a Colonia) mostrano evidenti influssi lombardi, mentre le chiese conventuali (abbazia di Maria-Laach) si ispirano a schemi borgognoni. Gli altri aspetti dell'architettura romanica tedesca sono assai meno tipicizzati, o perché ancora legati alle forme ottoniane, o perché rapidamente volgenti verso il gotico: così per le strutture in cotto tipiche dei Paesi baltici (Lubecca) e per i grandi edifici della prima metà del sec. XIII (cattedrali di Limburg, Naumburg, Bamberga). Allo stesso modo gli sviluppi della scultura sono marcati da un netto gusto arcaizzante (Deposizione di Externstein, inizi sec. XII), affiancato da una larga diffusione di modi lombardi in Renania e da scarse derivazioni francesi. Risultati più alti e originali si ebbero in tecniche care alla tradizione germanica ottoniana, come la fusione in bronzo e l'oreficeria, che nel campo del niello e degli smalti lasciò esempi altissimi (scuola di Hildesheim; altaroli di Paderborn di Ruggero di Helmershausen, sec. XII; smalti di Nicolas di Verdun a Klosterneuburg, già alle soglie del gotico). Scarsi sviluppi ebbero in Germania sia la pittura ad affresco sia la miniatura, legate sempre ad ascendenze ottoniane o bizantine.

Cenni storici: il romanico in Austria

In Austria l'architettura romanica, diffusa nel corso del sec. XII secondo modelli lombardi (duomo di Gurk), conobbe un precoce sviluppo dello “stile di transizione” introdotto dai cistercensi (chiese capitolari di Heiligenkreuz e Lilienfeld) che prelude al gotico. La zona di Salisburgo fu sede di un'importante scuola miniatoria, che sintetizzò in maniera originale fonti ottoniane e bizantine; di stretta aderenza ottoniana furono altre scuole miniatorie, legate agli ordini benedettino e cistercense. In Svizzera l'architettura romanica si prolungò fino al sec. XIII, raccogliendo influssi renani, francesi, lombardi (cattedrale di Sciaffusa; abbazia di Hauterive). Le cattedrali di Ginevra, Losanna, Zurigo, Coira, Basilea, iniziate in periodo romanico, furono tutte completate e modificate in epoca gotica. La scultura decorativa, specialmente a Coira, Zurigo e Basilea, risulta di stretta derivazione lombarda.

Cenni storici: il romanico nell'Europa del Nord

Nei Paesi Bassi, zona di tradizionale irradiazione dell'arte francese e di quella tedesca, il romanico non conobbe sviluppi autonomi (la cattedrale a cinque torri di Tournai, sec. XII, è una derivazione dal romanico normanno) e per la veloce penetrazione dei modi cistercensi trapassò rapidamente al gotico. La zona della Mosa e della Mosella (Tournai, Liegi, Bruxelles) conobbe nella seconda metà del sec. XII una straordinaria fioritura di opere di oreficeria (reliquiari, oggetti di culto, altaroli, fonti battesimali) di stile franco-tedesco, il cui più alto approdo è rappresentato dall'opera di Nicolas di Verdun. I Paesi scandinavi, accanto a un'originale versione locale di chiese lignee, in gran parte perdute (un esempio conservato è la chiesa di Urnes, sec. XII), presentano forme romaniche di tipo anglo-normanno (Danimarca, Norvegia), di derivazione renana (cattedrali di Ribe e Roskilde) e anche di netta impronta lombarda (cattedrale di Lund in Svezia). La scultura decorativa, a fianco delle predilette forme zoomorfe di ascendenza vichinga, si espresse nei cantieri delle cattedrali (specialmente Ribe e Lund) con lo sviluppo di forme lombarde e anglosassoni, talora bizantineggianti. Notevole incremento conobbe nel sec. XII la scultura in legno, prediletta poi in epoca gotica. Tipica fu inoltre la lavorazione di oggetti in avorio e osso. La pittura romanica dei Paesi scandinavi fu nel Gotland sotto diretta influenza bizantina (da Novgorod), mentre in altre regioni, e particolarmente nello Jütland, manifestò nell'affresco uno stile vigoroso, di impronta continentale (affreschi della chiesa di Skibet, sec. XII).

Cenni storici: il romanico nell'Est europeo

In tutto l'Est europeo, il predominio incontrastato dell'arte bizantina lasciò poco spazio alla penetrazione delle forme romaniche, di cui non mancano tuttavia singoli e anche interessanti episodi. L'Istria e il litorale dalmata, direttamente aperto all'influsso italiano, videro tra i sec. XI e XII numerosi esempi di architetture schiettamente lombarde (S. Donato a Zara; cattedrale di Traù), adorne di una ricca decorazione scultorea, anch'essa di forme lombarde, che alimentò successivamente una fiorente scuola locale. Forme lombarde e francesi penetrarono fino in Ungheria (S. Stefano a Pécs; abbazia di Ják), portando anche nella decorazione scultorea elementi stilistici italiani, borgognoni e normanni. Esempi di scultura romanica si rintracciano anche in Polonia (porte bronzee della chiesa di Gniezno, sec. XII) e fino in Russia (porte bronzee della cattedrale di Novgorod). Sviluppi della pittura e della miniatura dell'Europa centrale si ebbero invece in Moravia (affreschi della cappella del castello di Znojmo, ca. 1134, dallo stile libero ed espressivo) e in Boemia, dove una florida scuola miniatoria rappresentò l'epilogo degli sviluppi ottoniani delle scuole salisburghesi, ma con apporti autoctoni (Evangeliario di Vysehřad, ca. 1083).

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