rustico

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agg. e sm. (pl. m. -ci) [sec. XIV; dal latino rustícus, da rus ruris, campagna].

1) Agg., di campagna, tipico della campagna, campagnolo: vita rustica; cucina rustica; per estensione, rozzo, non raffinato: maniere rustiche.

2) Riferito a persona poco socievole, scontrosa, di modi bruschi e grossolani: è un uomo rustico, ma molto sensibile; anche sm.: non ho mai conosciuto un rustico come te. Lett., contadino: “i rustici si ritrassero nelle case immediatamente” (Bacchelli).

3) Sm., stile rustico, oggetto o insieme di oggetti rustici: a me piace il rustico; in questi tempi il rustico è di moda.

4) Edificio o complesso di edifici annessi alla casa padronale di campagna e adibiti ad abitazione dei contadini, a ricovero di animali o a deposito di attrezzi.

5) Nella tecnica costruttiva, condizione di una struttura edilizia prima della finitura, cioè del completamento con intonachi, pavimenti, ecc. Riferito a oggetto o lavoro fatto senza rifiniture o abbellimenti, grezzo, grossolano: un tavolo rustico; muro rustico, senza intonaco.

6) Riferito a un tipo di decorazione realizzata con materiali ed elementi di carattere volutamente rozzo e “naturale”, come bugne sommariamente sbozzate, stalattiti, conchiglie, ecc. La decorazione rustica, teorizzata nella trattatistica rinascimentale (Alberti, Serlio), fu impiegata dapprima nelle ornamentazioni di fontane, poi, col manierismo, fu estesa fino a caratterizzare anche gli elementi architettonici con motivi bizzarri e fantastici. Dalla combinazione delle bugne con gli ordini architettonici (soprattutto con il toscano) derivò quel sistema di larga applicazione detto ordine rustico, iniziato da Ammannati e da Vignola e largamente utilizzato nelle zone basamentali degli edifici urbani, nelle ville extraurbane, nei portoni, ecc.