scapigliatùra

Indice

Lessico

sf. [sec. XVII; da scapigliato].

1) Comportamento da scapigliato; dissolutezza di vita e di costumi.

2) Movimento letterario e artistico che ebbe il suo epicentro a Milano nel decennio 1860-70.

Letteratura

Il nome è un ricalco della denominazione francese bohème e fu usato per la prima volta da C. Arrighi nel romanzo Gli ultimi coriandoli (1857), fornendo poi il titolo al romanzo successivo, La scapigliatura e il 6 febbraio (1862). Fervida di atteggiamenti rivoluzionari, la Scapigliatura mosse all'attacco dei miti e delle regole costituite nel clima di una Milano che recitava già la parte di capitale economica d'Italia e di grande metropoli. Gli scapigliati reagirono contro l'implacabile logica economica della nuova società borghese, esprimendo con drammatica coerenza, tra impegno artistico e costume di vita, la loro rivolta contro la morale corrente, la religione, la retorica risorgimentale, il patetismo romantico e il manzonismo: celebratori dell'anticlericalismo, dell'erotismo, delle sregolatezze dell'alcol e della droga, dei temi funebri e ossessivi, gli scapigliati si costruirono una vita alternativa rispetto alla noiosa saggezza e moderazione dei benpensanti, pagando con il declassamento sociale, la miseria o addirittura il suicidio, la loro contestazione. Indubbiamente, sulla protesta degli scapigliati influì anche il modello della letteratura e del costume francesi, da Les fleurs du mal di C. Baudelaire ai romanzi di G. Flaubert e di E. Zola, dalla bohème degli artisti parigini al dramma personale di G. de Nerval, impiccatosi alla finestra di un tugurio; e infatti l'eco delle gazzette e delle riviste parigine si percepisce facilmente nei numerosi ma precari organi di stampa cui i giovani intellettuali scapigliati seppero dar vita: Il Figaro (1864), diretto da A. Boito, E. Praga, Bernardino Zendrini; la Cronaca grigia (1860-82), diretta da Arrighi; Lo Scapigliato (1866), diretto da C. Tronconi; e inoltre Il Gazzettino Rosa, La Rivista minima, La Farfalla ecc. Ma l'atteggiamento eversore della Scapigliatura si riconduce, più che alle componenti letterarie francesi, spesso fraintese e orecchiate, alla continuità della tradizione lombarda che risaliva a C. Porta e il cui ultimo esponente era stato G. Rovani, un complesso personaggio che, con il suo atteggiamento anticonformista, aveva saputo spezzare il cliché dell'intellettuale chiuso nel cerchio di una cultura accademica. Autentici contestatori, emarginati da ogni operante contatto con la società, gli scapigliati erano tuttavia “anime belle”, ansiose di stabilire rapporti cordiali e umani, e dal Rovani trassero lo stimolo per riunirsi in allegre brigate libanti nella celebre “ortaglia” di via Vivaio e nelle osterie fuori porta della vecchia Milano. Era, la loro, una risposta vitalistica alla dura razionalità delle leggi economiche: la ricerca di un rapporto arcano con la natura, lo stupore dinanzi al miscuglio del demonico e dell'angelico, del bruco e della farfalla, nel cuore dell'uomo, l'ossessiva contemplazione della putredine della tomba, la mescolanza della scienza con lo spiritismo, sono i diversi aspetti della battaglia contro la realtà oggettiva condotta dagli scapigliati, che furono d'altra parte interessati alla descrizione degli aspetti più dimessi e più ripugnanti della vita quotidiana, costituendo così un'indispensabile cerniera nei confronti delle successive esperienze, sia veristiche, sia decadentistiche. All'interno della Scapigliatura si possono distinguere due linee: da una parte sono gli scrittori che appagano la loro ansia di nuovo in una direzione lirico-soggettiva (i Boito, Praga, G. Camerana, C. Dossi), pervenendo a risultati complessivamente modesti, condizionati da un gusto rimasto, malgrado tutto, antiquato e provinciale; dall'altra parte sono gli scrittori (I. U. Tarchetti, Arrighi, Tronconi, P. Valera, Francesco Giarelli) che, raccogliendo i fermenti anarchici del momento, identificano la rottura del sistema letterario con la rottura del sistema politico, con esiti forse ancora più scarsi sul piano estetico, ma più significativi nei riguardi di quel clima di protesta sociale da cui è germogliato il verismo. Alla Scapigliatura lombarda si è soliti affiancare una Scapigliatura piemontese, che fa capo a G. Faldella, ad A. G. Cagna e a R. Sacchetti. Tra i numerosi scrittori che aderirono alla Scapigliatura sono ancora da ricordare A. Cantoni, A. Ghislanzoni, A. Bazzero, F. Cameroni, G. Pinchetti, P. Bettini; mentre alle esperienze scapigliate furono più o meno direttamente legati scrittori come G. Verga, E. De Marchi, G. P. Lucini, C. E. Gadda.

Arte

Nelle arti figurative la Scapigliatura prese l'avvio dopo il 1865, trovando nella pittura di T. Cremona il punto d'incontro degli ideali degli artisti lombardi che, pur nella diversità dei temperamenti, furono accomunati dal rifiuto del gusto dominante e della tradizione, dalla volontà di difendere l'autonomia dell'arte e di richiamarla a un più diretto contatto con la vita e dal desiderio di uscire dal provincialismo della cultura italiana per mettersi al passo con le ricerche europee. Movimento non omogeneo, intriso di romanticismo ed espressione di disparati fermenti e irrequietudini, la Scapigliatura rappresenta la più significativa tendenza della pittura lombarda del secondo Ottocento, indispensabile premessa di tutte le successive esperienze sino a G. Previati e al primissimo futurismo. Precursori del movimento in pittura sono considerati G. Carnovali detto il Piccio, per il richiamo a un fluido luminismo lombardo, e F. Faruffini, per il recupero di un intenso colorismo che crea le forme per approssimazione, con un gioco suggestivo di luci e di ombre. Il processo di stemperamento della forma attraverso dissolvenze cromatiche che aboliscono contorni e disegno si compie attraverso la pittura evanescente di Cremona e il luminismo sensuale e intimistico di D. Ranzoni, i due maggiori esponenti della Scapigliatura pittorica. A effetti luministici analoghi perviene la scultura di G. Grandi, che maturò una forma di vivacissimo e vibrante modellato, della quale risentirono in seguito P. Troubetzkoy e Medardo Rosso.

Bibliografia

Per la letteratura

E. Gava, F. Piazzi, Serata all'osteria della Scapigliatura, Milano, 1945; W. Binni, La poetica del Decadentismo italiano, Firenze, 1949; A. Romanò, Il secondo romanticismo lombardo, Milano, 1958; D. Isella, La Scapigliatura letteraria lombarda, Milano, 1966; J. Moestrup, La Scapigliatura. Un capitolo della storia del Risorgimento, Copenaghen, 1966; G. Mariani, Storia della Scapigliatura, Caltanissetta-Roma, 1967; L. Bolzoni, M. Tedeschi, Dalla Scapigliatura al Verismo, Bari, 1990; A. Calanca, La scapigliatura: Iginio Ugo Tarchetti, Arrigo Boito, Giovanni Camerana, San Severo, 2016.

Per l'arte

S. Pagani, La pittura lombarda della Scapigliatura, Milano, 1955; G. Predaval, Pittura lombarda dal Romanticismo alla Scapigliatura, Milano, 1967; R. Tessari (a cura di), La Scapigliatura. Un'avanguardia artistica nella società preindustriale, Milano, 1975; G. Scarsi, Rapporto tra le arti Ottocento-Novecento, Caltanissetta, 1985; E. Savoia, S. Bosi (a cura di), Dalla scapigliatura al divisionismo: le origini della modernità, Milano, 2015; S. Bartolena, S. Zatti (a cura di), Tranquillo Cremona e la Scapigliatura, Milano, 2016.

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