schérzo

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sm. [sec. XIV; da scherzare].

1) Atto dello scherzare: ama lo scherzo; non saper stare allo scherzo, offendersi per nulla. In particolare, gesto o detto scherzoso; facezia, arguzia, burla: scherzo spiritoso, scherzo di pessimo gusto, scherzo riuscito, scherzo maldestro; scherzo da prete, di cattivo gusto. Anche bizzarria, capriccio: scherzo di natura, di cosa o persona fuori del normale e, in senso spregiativo, brutta, deforme, ripugnante; scherzo di penna, ghirigoro; scherzi di luce, particolari effetti di luce; scherzi d'acqua, zampilli d'acqua disposti in modo da ottenere particolari effetti decorativi. Ironicamente, tiro, azione dannosa o spiacevole: giocare un brutto scherzo. Fig., cosa talmente facile da sembrare un gioco, lavoro che non presenta gravi difficoltà, che si fa senza fatica: esaudire il suo desiderio è stato uno scherzo. Nelle loc. senza scherzo, sul serio, per davvero; per scherzo, scherzosamente, non seriamente, per celia; neppure per scherzo, per nessuna ragione.

2) Breve componimento poetico di carattere arguto e scherzoso.

3) Brano musicale che all'epoca di L. van Beethoven sostituì nella sonata e nella sinfonia il minuetto. Come quest'ultimo è caratterizzato da una struttura tripartita, costituita da scherzo, trio, ripresa. Suoi elementi tipici sono il metro ternario, il movimento rapido o rapidissimo, il carattere giocoso e fantasioso. Esempi celebri di scherzi sono nelle opere di Beethoven, H. Berlioz, F. Schubert, A. Bruckner. Con lo stesso termine R. Schumann e J. Brahms indicarono brani di struttura analoga a quella descritta, svincolati però dall'architettura generale della sonata e della sinfonia. In epoca barocca con il termine scherzi si indicarono brani vocali o strumentali di carattere leggero e di varia struttura formale.

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