Lessico

sf. [sec. XIII; latino scriptūra, da scribĕre, scrivere].

1) Lo scrivere, il modo di scrivere; l'espressione scritta contrapposta a quella orale: far esercizio di scrittura; avere una bella scrittura; scrittura a mano, a macchina; l'importanza della scrittura nella storia culturale.

2) Lett., l'effetto dello scrivere; opera scritta di qualsiasi genere: un'idea di cui troviamo traccia nelle scritture degli antichi. In partic.: Sacra Scrittura o Sacre Scritture (anche solo Scritturao Scritture), altra denominazione della Bibbia.

3) In diritto, testo o documento con cui si certificano determinati fatti, circostanze: scrittura pubblica, compilata da un notaio o da altro pubblico ufficiale; scrittura privata, documento redatto senza l'intervento di un pubblico ufficiale. La scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso della provenienza delle dichiarazioni di chi l'ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione ovvero se questa è dalla legge considerata come riconosciuta (sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato); è questa una scrittura privata autenticata, una forma intermedia tra l'atto pubblico e la scrittura privata. Colui contro il quale è prodotta una scrittura privata, se intende disconoscerla, è tenuto a negare formalmente la propria scrittura o la propria sottoscrizione; la parte, che intende invece valersene, deve chiedere la verificazione sulla quale si pronuncerà il collegio. Il Codice Penale punisce colui che, per procurare a sé o ad altri un danno, forma una scrittura privata falsa o altera una scrittura privata vera e ne faccia uso.

4) Contratto che lega l'artista all'impresario per una o più stagioni o anche per un solo spettacolo.

5) Annotazione su appositi registri amministrativi di patrimoni, impegni, programmi ecc. di una ditta. Anche il documento su cui si riportano i dati amministrativi e le note stesse di registrazione.

6) In parapsicologia, scrittura automatica, fenomeno fisico per il quale il sensitivo scrive in modo automatico un testo senza avere cognizioni adeguate. Tale fenomeno è stato interpretato in termini spiritistici come l'espressione del messaggio di defunti attraverso il medium.

Paleografia ed epigrafia: il processo evolutivo

La scrittura può essere definita come un mezzo espressivo di cui l'uomo si serve per fissare e riprodurre il linguaggio articolato ma anche per l'espressione diretta e valida in sé del pensiero. Si tratta di un sistema di segni di valore prestabilito che una comunità sociale ha creato o ha adottato per il proprio uso, al fine di fissare e riprodurre una frase parlata. Schematicamente si possono riconoscere tre stadi fondamentali nell'evoluzione della scrittura: primo stadio è quello in cui un segno serve a suggerire un'intera frase o il suo significato complessivo; in questo caso la scrittura può addirittura confondersi con il mezzo puramente mnemotecnico, le cui possibilità analitiche sono minime; è questa la fase delle scritture dette sintetiche, o anche, dovendo un numero limitato di segni essere utilizzato per un numero teoricamente infinito di idee o di frasi (scrittura “a rebus”). Forme di scrittura pittografica sono diffuse tra molti gruppi etnici e vennero usate fino a tempi abbastanza recenti: si tratta di incisioni o disegni di figure stilizzate, o di segni simbolici, rappresentanti parole o anche intere frasi o concetti; erano fatti su bastoncini cilindrici (australiani, papua), scorza di betulla (paleosiberiani), bacchette d'osso (eschimesi, čiukči), pali di legno, tavolette (vari gruppi etnici africani), pelli (indiani nordamericani), conchiglie, pietre (Oceania), ardesia (pigmei). Entro certi limiti possono essere considerate forme di “scrittura labile” i messaggi trasmessi in codice con il tam tam (Africa), con flauti e fischietti (berberi, guanci), con fumate o specchietti (indiani della Prateria): questi sistemi di comunicazione, i cui codici erano ben definiti, potrebbero essere definiti rispettivamente come “scrittura sonora” e “scrittura ottica”. La nascita di una vera e propria scrittura si può fissare al trapasso dalle scritture sintetiche a quelle analitiche, alle scritture cioè nelle quali è possibile la scomposizione della frase nei suoi elementi fondamentali, le parole; lo stadio ulteriore di sviluppo di questo processo analitico è rappresentato dalle scritture sillabiche e infine alfabetiche. Il più antico sistema di scrittura che ci sia direttamente noto attraverso documenti è il sistema delle scritture sumero-accadiche, nato verso il IV millennio a. C. come scrittura semipittografica e che evolve in almeno 4 fasi distinguibili nella scrittura cuneiforme, fatta di combinazioni di segni pressoché uguali (un triangolo nascente per un vertice da uno stelo) variamente disposti. All'incirca contemporaneo è il sistema di scrittura geroglifico egiziano, che conserva più evidenti i caratteri originari pittografici anche nelle sue fasi più evolute e che già dalla fase iniziale è costituito da segni usati sia come ideogrammi sia come simboli fonetici: sia pur non compiutamente convivono anche qui le due fasi fondamentali del processo evolutivo di analiticità del sistema di scrittura. Un caso particolare costituisce la scritturacinese, la più antica scrittura ideografica tuttora d'uso comune. In questo caso non si verifica alcun processo evolutivo da un sistema ideografico a un tipo sillabico o alfabetico: la conservazione è dovuta al perfetto monosillabismo della lingua cinese e al fatto che essa è priva di prefissi o suffissi; cosa che da un lato spiega la piena aderenza della scrittura alle necessità della lingua, dall'altro l'eccezionale numero di segni. È anche da notare che dalle scritture cinesi derivano le scritture giapponesi che, per necessità di adattamento a una lingua di caratteristiche del tutto diverse, sono scritture sillabiche. La sola scrittura puramente sillabica antica sembra essere la scrittura cipriota (culmine verso il sec. VIII a. C.), probabilmente una derivazione per passaggi non ben chiariti dalle scritture lineari cretesi; scrittura sillabica sarebbe anche da considerare, secondo alcuni, la scrittura pseudogeroglifica di Byblos (Gubl) della metà del II millennio a. C., scrittura che secondo altri sarebbe invece da considerare come il tentativo di creare sulla base dei geroglifici egiziani una scrittura fonetica: in realtà questa scrittura nordsemitica sarebbe la più antica scrittura alfabetica. Il processo evolutivo della scrittura si conclude verso il I millennio, con l'adozione da parte dei Greci di un sistema che comprende segni specifici per i valori fonetici delle vocali, ignorati invece totalmente o parzialmente dalle scritture sillabiche e dalle scritture – della fase di transizione – comunemente classificate “quasi alfabetiche”, come i cuneiformi paleopersiani o le scritture meroitiche della Nubia.

Paleografia ed epigrafia: dai Greci alla scrittura umanistica

Dall'alfabeto greco deriva quello latino, che nell'epoca classica presenta la forma di scrittura capitale epigrafica, i cui caratteri corrispondono sostanzialmente alle lettere maiuscole A B C D... ancor oggi usate nella stampa. Nella scrittura capitale si distingue quella “quadrata” usata nelle iscrizioni solenni, in cui le lettere hanno all'incirca la stessa altezza e larghezza; quella “attuaria” usata nelle iscrizioni documentarie, in cui le lettere sono più alte che larghe; e quella “corsiva” delle iscrizioni più comuni, con le lettere più rapidamente tracciate (da cui il nome). A queste varietà corrispondono nei manoscritti la capitale “elegante”, quella “rustica” e quella “corsiva”. Sono diverse per direzione le scritture: destrorsa o progressiva (da sinistra a destra), sinistrorsa o retrograda (da destra a sinistra), bustrofedica (alterna una riga destrorsa a una sinistrorsa, come il bue che arando cambia direzione a ogni solco). In Grecia, nell'età arcaica sono presenti tutte e tre, poi prevale la destrorsa; a Roma gli esempi di scrittura non progressiva sono scarsi. Caratteristica dell'epigrafia greca del sec. V e del IV è la scrittura stoichedica, in cui le lettere sono rigorosamente allineate sia orizzontalmente sia verticalmente. Tra il sec. IV e il IX si sviluppò la scrittura maiuscola libraria detta onciale, dai caratteri più arrotondati rispetto a quelli della capitale. Tra la fine dell'Impero romano e l'epoca carolingia sorsero le cosiddette scritture nazionali: in Italia la beneventana (detta anche cassinese, longobarda o italiana antica) e la curiale, in Francia la merovingica, in Spagna la visigotica, nelle Isole Britanniche le insulari (irlandese e anglosassone). Con la rinascita carolingia si affermò nel regno franco e si diffuse altrove la minuscola carolina, con le lettere arrotondate e generalmente separate tra di loro. Nel sec. XII alla scrittura carolina si sostituisce quella gotica, nettamente caratterizzata dall'accentuata angolosità delle forme spezzate e dalla combinazione di tratti grossi e sottili; è rimasta generalmente in uso fino all'inizio del sec. XV e solo nei Paesi germanici è continuata fino ai nostri giorni, sia pure con minor fortuna in questi ultimi tempi. Gli umanisti italiani ripresero le forme della minuscola carolina e da essa sorse quella scrittura umanistica che ebbe in Firenze il suo centro di irradiazione e che è sostanzialmente alla base del nostro sistema di scrittura e degli attuali caratteri della stampa.

Economia

Le scritture contabili, annotazioni dei fatti amministrativi di un'azienda, vengono riportate secondo predeterminati metodi e sistemi di rilevazione in appositi prospetti (conti). Si distinguono in scritture elementari e scritture sistematiche; le prime si riferiscono ad annotazioni riguardanti soprattutto un singolo oggetto di rilevazione, non raccordate a sistema (per esempio il libro dei beni ammortizzabili). Sono sistematiche, invece, le scritture riguardanti più oggetti, ricondotte a sistema organico grazie al quale è possibile determinare e rilevare oggetti complessi (questo è il caso della contabilità generale che consente di conoscere il reddito del periodo e il connesso capitale di funzionamento). In base alle funzioni da esse svolte, le scritture contabili si dividono in propedeutiche e completive, laddove le prime hanno un compito meramente preparatorio alla rilevazione delle seconde (per esempio il brogliaccio di prima nota rispetto alla contabilità generale). Una distinzione di particolare importanza può essere effettuata nell'ambito delle scritture che rilevano in contabilità generale le operazioni dell'intero esercizio; si distingue così tra scritture iniziali di “costituzione” (redatte al momento in cui l'azienda viene costituita) o di “apertura” (redatte all'inizio dell'esercizio per riaprire tutti i conti accesi agli elementi patrimoniali, così come risultanti alla fine del periodo precedente); scritture di gestione, grazie alle quali nel corso dell'esercizio vengono rilevati tutti i fatti gestionali verificatisi secondo la loro competenza finanziaria; scritture finali, di “cessazione” (nel caso di aziende che sono in fase di fusione, trasformazione, scissione, cessione o liquidazione) ovvero di “chiusura” (eseguite al termine dell'esercizio per la redazione del bilancio annuale). L'imprenditore commerciale ha l'obbligo di tenere le scritture contabili richieste dalla natura e dimensioni dell'impresa, vale a dire il libro giornale (dove egli indicherà giorno per giorno le operazioni relative all'esercizio dell'impresa) e il libro degli inventari (dove sarà compilato l'inventario che viene redatto all'inizio dell'esercizio dell'impresa e poi ogni anno e dove sono contenute indicazioni e valutazioni per le singole attività e passività).

Bibliografia

P. D'Angelo, Storia della scrittura, Roma, 1953; M. Aguirre, La escritura en el mundo, Madrid, 1961; R. Ètiemble, La scrittura, Milano, 1962; J. C. Gille-Maisani, Psicologia della scrittura, Napoli, 1990.

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