segregazionìsmo

sm. [da segregazione]. Teoria politica o sistema sociale fondati sulla segregazione razziale. La forma più famosa di segregazionismo è nota anche con il termine apartheid, ed è quella che ha coinvolto la Repubblica Sudafricana a partire dalle sue origini storiche. Il segregazionismo sudafricano trova le sue origini storiche nella colonizzazione boera e nel contrasto con gli inglesi, che in origine si erano insediati su quei territori. Dal 1948 con l'andata al potere dei governi nazionalisti, la discriminazione contro la popolazione non bianca proseguì, inasprendosi. Nonostante gli anni di lotte capeggiate dal Mahatma Gandhi in nome del rispetto dei diritti civili e il crescente dissenso in tutto il mondo nei confronti dei provvedimenti di segregazionismo razziale, le popolazioni di colore continuavano a occupare una posizione subalterna all'interno della società sudafricana. Proprio nel 1948 il primo ministro D. F. Malan intraprese un'opera di sistematizzazione della segregazione razziale. Con il pieno supporto del Parlamento, Malan introdusse numerose leggi che condannavano le persone di colore a una condizione di permanente inferiorità. Nel 1950, Malan vietò le relazioni sessuali interrazziali (Mixed Marryages Act, Immorality Act), l'anno successivo irrigidì la segregazione territoriale (Group Areas Act e istituzione dei lasciapassare), dando luogo alla formazione di città-ghetto nere (homeland) formate da agglomerati di baracche; disposizioni liberticide mirarono a stroncare sul nascere ogni forma di opposizione (Suppression of Comunism Act, 1950; leggi di polizia del 1953; leggi sulle riunioni sovversive, 1956) ed estesero la repressione su scala sempre più vasta: tre milioni e mezzo di condanne tra il 1951 e il 1960 a carico di neri soltanto per violazioni delle norme sul lasciapassare; innumerevoli casi di detenzione senza condanna; una delle più elevate percentuali nel mondo di pene capitali. La conclusione del processo di consolidamento dell'apartheid giunse nel 1956 con l'abolizione generalizzata del diritto di voto alle popolazioni non bianche in tutte le consultazioni non direttamente connesse alle homeland. La risposta dell'ANC, l'African National Congress, a questa politica fu un'intensificazione delle campagne di disobbedienza civile di massa guidate da N. Mandela, leader emergente del movimento. Ma queste manifestazioni di protesta sfociarono spesso in incidenti sanguinosi, come accadde nel 1960 con il massacro di Sharpeville, che costò la vita a decine di manifestanti. Dopo questo episodio il governo dichiarò lo stato d'emergenza in tutto il paese; migliaia di militanti neri furono arrestati e i loro partiti politici (l'ANC e il Congresso panafricano, CPA) messi al bando. Un anno dopo, l'approvazione della Legge sul sabotaggio rese di fatto illegale qualsiasi forma di opposizione politica. L'ANC e il CPA decisero di continuare la lotta opponendo una resistenza armata al regime. Nel 1964 Mandela, già arrestato in precedenza, fu riconosciuto colpevole di sabotaggio e tradimento e venne condannato all'ergastolo. Altri gravissimi incidenti scoppiarono nel 1976 a seguito del massacro di centinaia di persone da parte delle forze di polizia nel corso di una manifestazione di protesta di studenti del ghetto di Soweto, a Johannesburg. Il massacro ebbe un fortissimo impatto sull'opinione pubblica internazionale e rafforzò notevolmente il fronte favorevole alle sanzioni. Una lunga catena di imponenti manifestazioni interessò allora l'intero territorio sudafricano, aprendo una stagione di violenze contro la popolazione nera culminate nel 1977 nell'assassinio, da parte della polizia, del fondatore del Movimento di coscienza nera Steve Biko, morto in cella per i maltrattamenti subiti dopo il suo arresto. Nel 1978 venne eletto P.W. Botha, che impose una cauta mitigazione del regime segregazionista: concessa la costituzione di sindacati neri, cercò di integrare le élites di colore nella classe dirigente, pur mantenendo un'atteggiamento repressivo contro i movimenti antisegregazionisti all'interno del Sudafrica. Nel 1984 una nuova costituzione ribadì il divieto per la popolazione di colore di partecipare al processo politico nazionale, divieto che suscitò una nuova ondata di violente manifestazioni di protesta alle quali il governo oppose l'ennesima dichiarazione dello stato di emergenza e l'imposizione della censura. Nel 1989, F. W. De Klerk succedette a Botha alla guida del paese. Nel febbraio 1990 revocò la messa al bando trentennale dell'ANC e liberò il suo leader Mandela. I negoziati si dimostrarono lunghi e difficili e l'accordo sulle modalità di transizione al nuovo ordine sudafricano venne raggiunto e sottoscritto da Mandela e De Klerk il 13 novembre 1993. Le prime elezioni libere della storia del Sudafrica si svolsero nell'aprile 1994 e sancirono la netta affermazione dell'ANC, il cui leader storico Nelson Mandela assunse la carica di presidente, facendosi promotore di una politica di riconciliazione nazionale. Nell'ottobre 1998 la Commissione per la verità e la riconciliazione nazionale, insediata nel 1996 sotto la presidenza del vescovo D. Tutu, ha messo in luce i crimini perpetrati dal regime della segregazione razziale, ma ha anche condannato gli episodi delittuosi in cui è stato coinvolto l'ANC durante la sua lotta.

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