Lessico

sf. [sec. XIX; socio-+-logia]. L'etimologia della parola è duplice, derivando dal latino socius (colui che condivide una qualche appartenenza) e dal greco logos (studio). In senso proprio, perciò, la sociologia designa lo studio delle relazioni fra gli uomini operanti in una società. Essa si occupa generalmente delle condizioni e delle forme di appartenenza a una comunità. Più rigorosamente, il suo ambito peculiare di osservazione è dato dalla struttura delle relazioni sociali in quanto danno vita a interazioni. Anche questa definizione, che privilegia la sfera delle interazioni (la comunicazione, i rapporti di consenso, lealtà, riconoscimento ecc.) – piuttosto che enfatizzare l'analisi dei sistemi, delle strutture organizzative o dei modi di produzione – potrebbe essere discussa, soprattutto se non ulteriormente argomentata. Nessuna definizione formale risulta infatti pienamente soddisfacente, implicando di necessità giudizi di valore. Da questo punto di vista, è utile affermare che una delle caratteristiche essenziali della sociologia e del suo metodo di ricerca consiste nella vocazione interdisciplinare. La sociologia, insomma, richiede un costante riferimento agli insegnamenti e agli approcci delle discipline affini, da quelle classiche – storia, economia, diritto – a quelle più recentemente sviluppatesi, come l'antropologia culturale, la psicologia sociale e la statistica sociale. In un certo senso, la sociologia si configura propriamente come scienza delle connessioni, indagando le relazioni intercorrenti fra fenomeni e manifestazioni della vita sociale anche apparentemente distanti fra loro. Va aggiunto che la sociologia, in quanto disciplina costituitasi formalmente in tempi abbastanza recenti (metà del sec. XIX) – a differenza di altre più antiche o più istituzionalizzate in ambito scientifico e accademico, come le discipline naturali e quelle propriamente storico-umanistiche – presenta uno statuto teorico e metodologico relativamente debole. Essa non dispone di regole e strutture teoretiche particolarmente rigide e questo, se da un lato le conferisce minore distintività come branca autonoma del sapere, dall'altro consente alla sociologia una maggiore duttilità di analisi e flessibilità di approccio allo sterminato campo delle relazioni sociali.

Cenni storici

Si possono rintracciare antefatti della sociologia moderna nelle riflessioni sulla società presenti nelle opere classiche di Platone e Aristotele. Anche la scuola giuridica islamica, ai tempi di Ibn Khaldūn (sec. XIV-XV), sviluppa una sorta di protosociologia, centrata sui principi della norma e dell'obbligazione. Gli illuministi europei e, soprattutto, la cosiddetta Scuola scozzese (1707-1830) – basti citare A. Ferguson e J. Millar – propongono una filosofia sociale che presenta molti punti di contatto con la sociologia moderna: l'importanza assegnata all'osservazione e il primato accordato all'esperienza rispetto alle asserzioni dogmatiche; l'attenzione al mutamento sociale e la relativizzazione dei valori etici; la percezione del ruolo della tecnica e l'abbozzo di una teoria della civilizzazione (fondata sulla concreta osservazione del caso scozzese). Il vocabolo sociologia, però, compare soltanto nel 1824, in una corrispondenza epistolare di A. Comte. Lo studioso francese – considerato (non senza contrasti) il padre della moderna sociologia – appartiene a quel filone di pensatori positivisti, o comunque eredi dello scientismo illuministico, convinti di poter isolare e sviluppare analiticamente le fondamenta scientifiche dello studio delle società umane. Anzi: di quella universale società umana che riflette la vocazione universalistica e pedagogica del positivismo francese ottocentesco. In questo contesto di ottimismo scientistico – non privo (soprattutto in Comte) di visioni metafisiche e millenaristiche che assegnano alla sociologia compiti ambiziosissimi di educazione collettiva e di promozione umana – possiamo collocare i contributi di C. H. Saint-Simon e, più tardi, di H. Spencer. Comune a questi autori – e ad altri minori dello stesso periodo – è l'illusione di rinvenire leggi generali dell'evoluzione sociale, comparabili per rigore e capacità di generalizzazione alla fisica newtoniana o alla biologia darwiniana. La reazione antipositivistica che si sviluppa, soprattutto in Germania, alla fine del sec. XIX suggerisce una meno ingenua riflessione sui fondamenti e i metodi delle nuove scienze sociali, assegnando alla sociologia compiti meno ambiziosi, ma sicuramente più criticamente orientati e più efficacemente perseguibili dai ricercatori. In particolare, M. Weber approfondisce il significato dell'azione sociale, ponendola alla base della propria sociologia e contestando duramente ogni tentazione metafisica. In questo modo, Weber cerca di conciliare le ragioni sistematiche della sociologia con le istanze critiche dello storicismo che sottolinea l'irripetibilità e l'unicità delle singole condizioni esistenziali e dei singoli eventi collettivi (individualismo metodologico). La sua teoria del tipo ideale – un modello estensibile ricavato dall'osservazione storico-comparativa, ma che non si propone come legge a validità universale – rappresenta un esempio di questa sociologia. Nello stesso periodo (inizi del sec. XX), E. Durkheim si fa interprete della “missione” della sociologia, giudicata lo strumento più idoneo a cogliere le ragioni invisibili del ripetersi in contesti spaziali e temporali lontanissimi di istituzioni, norme e credenze, quasi a dimostrare la possibilità di sottoporre la condizione degli uomini in società a regole tendenzialmente universali. L'ottimismo di Durkheim e la sua orgogliosa rivendicazione dell'autonomia del metodo sociologico – per contro lo psicologismo di G. Tarde – rischiano però di smarrire la vocazione interdisciplinare della sociologia e di riproporne un'identità a suo modo ideologica, come una superscienza capace di individuare e quindi suggerire le regole del comportamento collettivo e le forme del mutamento sociale e politico. Questo tipo di pretesa confermerebbe, secondo alcuni critici, la matrice della sociologia come risposta tendenzialmente conservatrice – in quanto principalmente preoccupata del ripristino dell'ordine sociale – agli sconvolgimenti prodottisi in Europa con la Rivoluzione francese e l'industrializzazione. Si può viceversa ricondurre lo sviluppo della sociologia di fine Ottocento all'influenza del materialismo storico di K. Marx e F. Engels, con la loro instancabile ricerca sulle strutture sociali, le classi e il loro divenire, il mutamento e le sue condizioni “oggettive”, o addirittura interpretarla come l'eredità critica del romanticismo, con la conciliazione di condizione umana e divenire storico collettivo. Il fatto è che le radici politiche, culturali e filosofiche della sociologia sono molteplici e risulterebbe vano il tentativo di ridurle forzosamente a unità o a una qualche sintesi compiacente. Nel XX secolo si sono delineate alcune scuole di pensiero. La scuola strutturale-funzionalista statunitense, che cercava di rappresentare la società come un’interazione di ruoli, funzioni, e strutture; la scuola di Chicago, che ricercava metodi quantitativi per descrivere la società; la scuola di Francoforte di M. Horkheimer e T.W. Adorno, che predicava un approccio politico alla sociologia, volto soprattutto a mettere in luce l’uso della tecnologia e del consumismo da parte della società capitalistica come strumenti di dominio delle masse. Tra gli anni Settanta e Ottanta si è evidenziata la nascita di molteplici approcci e teorie e soprattutto una frantumazione disciplinare della sociologia con la nascita di molte sottodiscipline. In tempi ancora più recenti i paradigmi metodologici e le branche interne alla sociologia sono diventati ancora più numerosi. Inoltre è emersa una predilezione per la ricerca applicata e una perdita di consensi degli approcci basati sull’elaborazione di teorie generali.

 

Sociologia

Più complesso è il discorso attorno alla sociologia come scienza – basata su procedure teoriche ed empiriche di spiegazione casuale delle ricorrenze, come nelle scienze fisiche e naturali –, sulla particolarità delle sue ipotesi di lavoro (che si applicano a un soggetto vivente e interattivo come le comunità umane), sull'oggettività dei suoi criteri di quantificazione dei fenomeni osservati. È, insomma, l'annosa questione dei limiti della sociologia che ne fa una disciplina parzialmente eccentrica, tanto rispetto alle scienze naturali quanto nei confronti di quelle umanistiche tradizionali. La fase dell'ingenua ricerca di metodologie dotate della stessa presunta precisione di quelle proprie delle scienze fisiche e naturali è però decisamente superata. Intanto, perché le stesse scienze “esatte” – con la teoria della relatività di A. Einstein e con il principio di indeterminazione di H. Heisenberg – hanno posto in discussione l'assoluta validità e l'estensibilità universale dei loro postulati. Inoltre, anche molte teorie scientifiche (si pensi a quella dell'evoluzione in biologia) non hanno un carattere sperimentale in senso proprio; e, in alcuni casi, gli esperimenti non sono ripetibili nelle stesse identiche condizioni. Infine, ed è l'argomento di maggiore rilevanza, le variabili che riguardano i comportamenti umani sono di tale vastità e specificità da rendere impensabile per la sociologia l'adozione di metodi ispirati rigidamente e passivamente al modello delle scienze naturali. Di qui un indirizzo di pensiero che nega del tutto la possibilità per i sociologi di fornire una qualche spiegazione causale dei fenomeni collettivi. Essi dovrebbero limitarsi al Verstehen, alla comprensione che deriva dall'immersione del soggetto osservante nella realtà umana e culturale osservata. Questa tesi, che deriva da alcuni spunti di Weber, è stata radicalizzata da P. Winch, per il quale l'unico obiettivo della sociologia deve essere scoprire le regole, non ricercare le cause delle condotte umane. Altri studiosi hanno sviluppato la critica al modello “naturalistico” e ai metodi positivistici affermando che in sociologia non è possibile separare i giudizi di valore dall'analisi del comportamento sociale, perché i ricercatori (a differenza di quanto avviene nelle scienze naturali) sono essi stessi parte della società che indagano e non possono aspirare a una visione scientificamente distaccata e rigorosamente obiettiva. Questi problemi epistemologici – che appartengono alla più volte sollevata “questione del metodo” delle scienze sociali – possono forse oggi essere sdrammatizzati e contestualizzati. È infatti opinione prevalente che si debba valutare la credibilità e la scientificità stessa di un indirizzo di ricerca a partire dalla sua capacità di contribuire al progresso dell'autoconsapevolezza critica della comunità. La fecondità del contributo proprio della sociologia, al di là delle controversie ormai datate sulle sue origini e ascendenze intellettuali, è da questo punto di vista dimostrata dalla grande quantità di ricerche empiriche che hanno permesso uno straordinario sviluppo delle conoscenze e della comprensione delle dinamiche relative alle società umane. La sociologia, da questo punto di vista, individua i contesti di azione – storicamente determinati – in cui si producono le norme e le regole della convivenza, fornendo un retroterra più sicuro all'analisi sulla responsabilità, la moralità e la liceità delle condotte individuali. La sociologia costituisce inoltre uno strumento indispensabile per definire lo sfondo della ricerca filosofica, storica ed economica. In un certo senso, essa rappresenta perciò un ausilio critico imprescindibile per tutte le scienze umane.

Sociologia delle comunicazioni di massa

Analizza i contenuti del messaggio trasmesso dai grandi media – soprattutto del più diffuso e potente, la televisione –, cercando anche di verificarne l'effettiva capacità di influenzare opinioni e comportamenti di massa (importanti sono gli studi dedicati alla pubblicità o alla propaganda politica, che hanno molto ridimensionato le vecchie teorie sull'onnipotenza del messaggio televisivo). Esiste anche una tradizione di ricerca attorno alla professionalità degli operatori dei media (giornalisti, personaggi della radio e della televisione, “persuasori occulti”, manager e imprenditori del mercato dell'immagine) e si affaccia un filone di analisi centrato sull'audience in quanto porzione significativa dell'opinione pubblica.

Sociologia della conoscenza

Se ne considerano ideali precursori K. Marx e, più tardi, K. Mannheim, che – attraverso le loro analisi sull'ideologia e sull'influenza della condizione economica e del contesto sociale nella formazione delle idee – hanno riproposto un'antica tematica filosofica e, insieme, aperto la strada a un più originale approccio sociologico. L'analisi del rapporto fra conoscenza e struttura sociale è stata variamente sviluppata ed è anche oggetto di una radicale critica degli studiosi di indirizzo ermeneutico. La sociologia costituisce il riferimento teorico principale anche di approcci specializzati, come la sociologia della letteratura o della scienza.

Sociologia del diritto

Ha per oggetto i condizionamenti sociali che presiedono all'elaborazione o alla trasformazione di un ordinamento giuridico. La questione più acutamente dibattuta dalla sociologia riguarda il rapporto con la struttura economica. Alla classica tesi marxista della legge funzionale agli interessi delle classi dominanti, si contrappone la sociologia ispirata a H. Kelsen e Weber, che sostiene la necessità per ogni società complessa di disporre di un corpo di regole poste al di sopra del conflitto fra le parti sociali. Un filone di studi eterodosso pone il problema delle ragioni dell'obbedienza, anziché delle cause di formazione del diritto.

Sociologia dell'educazione

Disciplina sviluppatasi nel contesto inglese attorno agli anni Sessanta del secolo scorso, ha per oggetto privilegiato gli effetti della scolarizzazione sulla mobilità sociale e il successo professionale. Dagli anni Settanta, viceversa, si è moltiplicato il ricorso alle comparazioni etnografiche sui modelli di socializzazione e si è approfondito il ruolo dell'educazione come strumento della riproduzione dei valori culturali di una società. Un altro filone indaga soprattutto il rapporto fra condizione sociale e pratiche di selezione scolare.

Sociologia della famiglia

Studia le strategie e le modalità di assegnazione dei ruoli – familiari e sessuali – in senno alla famiglia, intesa come primaria agenzia di socializzazione e di integrazione comunitaria. In origine si è concentrata soprattutto sugli effetti dell'industrializzazione nella trasformazione dell'istituto familiare. Successivamente, anche per impulso della ricerca femminista anglosassone, si è sviluppata un'attenzione particolare alla famiglia come luogo di riproduzione delle diseguaglianze e dei principi di dominio in seno alla più vasta società.

Sociologia della politica

Disciplina non ancora pienamente affrancatasi dalle influenze della storia politica e delle teorie istituzionalistiche, rivendica nell'indagine sui fenomeni politici il primato della società nei confronti delle istituzioni e delle forme giuridiche, privilegiate dalle discipline affini e più teoreticamente consolidate. La sociologia è però venuta individuando via via i propri specifici ambiti di ricerca nello studio delle relazioni internazionali, del ruolo dello Stato nel mutamento sociale e nel suo governo, dei leader, dei partiti e dei movimenti politici. Un filone importante riguarda anche la partecipazione politica nelle democrazie di massa e la percezione dei ruoli di autorità e potere da parte dei cittadini.

Sociologia delle relazioni etniche

Sorta come disciplina che pone al centro i rapporti – spesso difficili – fra comunità divise da fratture etniche, linguistiche, culturali o religiose, si è via via emancipata dall'originale impronta etnologica, concentrandosi su alcune tematiche proprie dei sistemi relazionali interessati. Fra queste l'analisi del pregiudizio razziale e del retroterra socioeconomico del razzismo, nonché dei suoi effetti sul mercato del lavoro; lo studio della condizione etnica come fattore di stratificazione sociale e della mobilità sociale delle minoranze; la ricostruzione delle ideologie e delle pratiche del colonialismo e dell'anticolonialismo. La recente crescita dell'immigrazione dal Terzo Mondo sta producendo una prima stagione di ricerche italiane in materia.

Sociologia delle relazioni fra i sessi

Analizza in che modo le differenze biologiche fra i sessi vengano mediate e rielaborate dai diversi contesti sociali e culturali, producendo in genere una gerarchia di ruoli sessuali che penalizza la donna. Fra i suoi temi centrali vi è la collocazione della “condizione di sesso” (o di genere) nella problematica generale della stratificazione sociale e della divisione dei ruoli, oppure la rivendicazione della sua assoluta irriducibilità alle classiche dimensioni del conflitto.

Sociologia della religione

All'origine della sociologia come disciplina specializzata vi è la riflessione sulle funzioni della religione come possibile strumento dell'ordine sociale, che rinvia all'analisi del rapporto fra religione, sistema sociale e struttura economica di una comunità. Sotto questo profilo, grande rilievo hanno acquistato le ricerche sui fenomeni della secolarizzazione, della crisi della religiosità devozionale, ma anche delle reinsorgenze del sacro – nella forma della magia, del settarismo messianico, delle pratiche carismatiche ecc. – nelle società tecnicamente progredite.

Sociologia della salute

Sorta come denuncia scientifica del carattere politico e sociale della tematica della salute – e quindi della qualità della vita, di alcuni fondamentali diritti individuali ecc. – contro la “medicalizzazione” e la delega ai soli specialisti della sanità di problemi di grandissimo impatto sociale ed esistenziale, si è via via specializzata in alcuni ambiti di ricerca. Fra questi la condizione del malato e il rapporto fra malattia e identità, nonché i fenomeni di “allarme sociale” connessi alla percezione materiale e simbolica della malattia. Anche temi di drammatica attualità e di grande rilevanza etica – dall'eutanasia al diritto all'aborto, alle applicazioni dell'eugenetica – sono oggetto dell'interesse della sociologia. In molti Paesi si è anche sviluppata una specifica sociologia della medicina, rivolta a sviluppare negli studenti di medicina e negli operatori sanitari in genere una preziosa sensibilità al retroterra sociale degli utenti.

Sociologia dello sviluppo

Si interessa particolarmente degli effetti sociali dei processi di industrializzazione e modernizzazione nel Terzo Mondo. Le tesi funzionalistiche, sostenitrici della inevitabilità e della intrinseca positività del mutamento sociale accelerato che andava – soprattutto negli anni Sessanta del secolo scorso – omologando le aree arretrate a quelle più economicamente sviluppate del mondo industriale, incontrano l'opposizione delle analisi marxiste e radicali. Secondo questi indirizzi di pensiero, lo sviluppo delle aree arretrate avrebbe rappresentato un falso e distruttivo processo di crescita, con effetti catastrofici sul tessuto sociale, l'ambiente naturale e, alla fine, sulla stessa disponibilità di risorse materiali.

Sociologia urbana e rurale

Si occupa dell'ecologia come disciplina sociale, sulle orme della Scuola di Chicago, che fra le due guerre – grazie ai lavori di E. W. Burgess, R. Mackenzie, R. E. Park e L. Wirth –, produsse un'ingente mole di ricerche sul fenomeno urbano considerato per la prima volta come un ambiente complesso dotato di regole e dinamiche sue proprie. Centrale è l'idea di interdipendenza fra parti e funzioni del territorio. Ma, con il tempo, la sociologia è stata terreno di elaborazione di approcci radicalmente alternativi, centrati sulle teorie del conflitto e sull'uso dello spazio come risorsa simbolica e materiale del potere.

Sociologia dell'arte

Dopo la comparsa, negli anni Cinquanta, dei testi fondamentali dei “padri fondatori” della sociologia dell'arte (F. Antal, F. Klingender, A. Hauser), tutti ispirati – in modo più o meno ortodosso – al filone di studi marxisti e orientati sul tema principale del rapporto tra struttura socio-economica e produzione artistica, gli studi su questa linea non hanno avuto lo sviluppo che ci si poteva attendere, nonostante si facesse sempre più evidente la necessità dell'analisi del nesso tra storia dell'arte e storia della società. Solo a cominciare dai primi anni Settanta del secolo scorso sono state avanzate nuove proposte per una “storia sociale” dell'arte, tese soprattutto a delineare un allargamento del campo di relazioni in cui collocare la produzione artistica. Si è creata primariamente una distinzione tra una “sociologia” dell'arte, che si muove su tempi brevi e punta il suo interesse sull'analisi della funzione sociale dei fatti artistici e degli operatori del campo (ruolo sociale dell'artista e del critico, funzioni delle gallerie e dei musei, mercato dell'arte ecc.), e una “storia sociale” dell'arte, che si muove su tempi lunghi e tende a ricostruire la complessa trama di relazioni che lega le opere d'arte alle strutture sociali (condizioni materiali di produzione, committenza pubblica, conservazione o distruzione delle opere ecc.). Gli studi si sono orientati su periodi (come la rivoluzione industriale o le avanguardie storiche) o tipologie (committenti, istituzioni) o problemi (strategia dell'immagine, abitudini percettive del pubblico) particolarmente adatti al chiarimento di nessi come produzione-distribuzione-consumo delle opere d'arte, o struttura istituzionale-cultura dell'epoca-personalità dell'artista. Il problema di fondo resta se sia possibile tracciare una “storia sociale dello stile”, trovare cioè un modo di lettura delle opere d'arte attraverso l'approccio della storia sociale.

Bibliografia

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