sovranità

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Lessico

sf. [sec. XVII; da sovrano]. Qualità di sovrano; anche fig., superiorità, preminenza. In particolare, in senso giuridico, potere sovrano (v. oltre): sovranità dello Stato, della legge; sovranità popolare.

Scienze politiche

La sovranità è la forma di potere originario ed esclusivo esercitata dallo Stato sulle persone e sul territorio, che entrano a far parte del suo ordinamento giuridico. Al momento stesso del suo formarsi, per il solo fatto di porsi come struttura organizzata sulla base di una determinata costituzione, esplicita o implicita, lo Stato può, dunque, esprimere a pieno la sua autorità sovrana, senza derivarla da nessun altro centro di potere preesistente. Al suo interno, poi, lo Stato è tenuto a manifestare questa assoluta supremazia senza incontrare alcuna limitazione od ostacolo, interposti da altri soggetti di diritto tutti obbligatoriamente a esso subordinati. Solo la volontà dei supremi organi statali può, perciò, decidere di delegare l'esercizio di alcune attribuzioni sovrane, a essi spettanti, ad altri enti, secondo ben definiti limiti di competenza territoriale e settoriale. I processi di integrazione fra Stati diversi, caratteristici del sec. XX, hanno poi dato vita a organismi internazionali, ai quali ciascuno Stato membro decide volontariamente di conferire alcuni poteri validi anche nell'ambito dei suoi confini (quali organizzazioni internazionali, federazione, confederazione). Pure nella scelta dell'apparato organizzativo attraverso cui esercitare in concreto la propria sovranità, lo Stato è del tutto libero, e la soluzione adottata sarà legata alla natura, all'origine, ai fini di ogni ordinamento. Con lo sviluppo postmedievale di una teoria giustificativa della sovranità, che tendeva sempre più a privilegiare l'aspetto contrattuale come fondamento della nascita di una società stabilmente ordinata, i cui membri decidevano di convivere attribuendo a un centro di governo da loro scelto il potere sovrano, si è progressivamente affermato il principio di appartenenza della sovranità al popolo. E in conseguenza si è avvertita la necessità di porre in essere una forma di Stato i cui organi supremi si conformassero a questo concetto della sovranità pertinente al complesso dei cittadini. Si è arrivati, così, fino ai tipi di ordinamento democratico-rappresentativi successivi alla Rivoluzione francese che, attraverso la pluralità degli organi di vertice e soprattutto il meccanismo dell'elezione dei governanti da parte dei governati, danno concretezza al principio, che la nostra Costituzione repubblicana sintetizza nell'art. 1, secondo comma, nell'affermazione: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti stabiliti dalla Costituzione”. Le forme e i limiti in cui il popolo esercita la sovranità sono attualmente previsti dall'art. 48 (diritto di voto), dagli art. 18 e 49 (diritto di associazione e diritto di associazione ai partiti politici); dall'art. 71 (diritto d'iniziativa legislativa, mediante proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli); dall'art. 75, che disciplina il referendum popolare per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Altra espressione della sovranità popolare è poi l'art. 135, che stabilisce: “Nei giudizi di accusa contro il presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte (Costituzionale), sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari”.

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