srauta

rituale solenne della religione vedica. La maggiore aspirazione dell'indiano vedico era di poter celebrare i riti srauta e di diventare perciò “sacrificante” (yajamana): solo così poteva entrare in un rapporto diretto con i grandi dei. Condizione di ciò era: essersi sposato e avere installato nel proprio terreno tre “fuochi” e un altare (Vedi) servendosi dell'opera di quattro sacerdoti. Sul Vedi si riteneva che prendessero posto gli dei destinatari del sacrificio; dei “fuochi” ne servivano uno tondo a ovest per cuocere le offerte, uno quadrato a est per deporvele, uno a sud, a forma di crescente lunare, per scacciare demoni e spiriti malvagi. Per ogni rito srauta si richiedeva l'opera di uno o più sacerdoti che prendevano nome di adhayaryn, “sacrificatore”, per distinguerli dal “sacrificante” che era colui per il quale il sacrificio veniva eseguito dietro un compenso (dakshina). Il termine deriva da sṛuti, indicante l'ortodossia o la verità contenuta nei libri sacerdotali.

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