staminale, cellula

Indice

cellula non ancora differenziata, pluripotente, capostipite di tutti gli elementi fondamentali del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine.

Generalità

Nei mammiferi e nell'uomo tale tipo cellulare risiede nel midollo osseo . Sebbene prima si pensasse che cellule pluripotenti si potessero ritrovare solo durante lo sviluppo embrionale, appare ormai chiaro che le cellule staminali permangono anche nell'adulto, dando origine indifferentemente a tutti gli elementi del sangue. La presenza e la funzionalità di questo tipo di cellule hanno aperto la strada per la cura della leucemia e dei linfomi, patologie dovute all'alterata funzionalità delle cellule del sangue e in particolare dei globuli bianchi. La possibilità di trapiantare in pazienti affetti da queste patologie midollo osseo sano ha reso attuabile la nuova formazione di cellule sanguigne esenti dalla malattia, provenienti dalle cellule staminali del donatore; ma l'insufficienza del numero di donatori di midollo osseo compatibili nell'ambito familiare o nei registri internazionali ha reso indispensabile la ricerca di alternative terapeutiche sempre nell'ambito del trapianto. Di fronte a questo limite reale è risultata di estremo valore la scoperta che il sangue del cordone ombelicale contiene cellule staminali identiche a quelle presenti nel midollo osseo, e che perciò si può sostituire a esso nel trapianto. Per tale motivo sono stati istituiti numerosi centri di raccolta del sangue prelevato dal cordone ombelicale; il prelievo, che non procura alcun rischio e sofferenza al neonato e alla madre in quanto è effettuato quando il cordone è già reciso, avviene generalmente nei reparti di ostetricia di alcuni Istituti di cura pubblici (Centri di raccolta) e consiste nell'aspirare il sangue del cordone ombelicale, che viene raccolto e inviato al Centro ematologico di riferimento (Banca del cordone ombelicale) per l'analisi e la crioconservazione (in speciali contenitori a 190°C sotto zero).

Studi e ricerche

Alcuni scienziati americani hanno individuato nel midollo osseo dei topi una cellula staminale con caratteristiche inaspettate: è infatti in grado di trasformarsi anche in altri tipi di cellule, quali quelle dell'intestino, del polmone e della pelle. È la dimostrazione che le cellule staminali del midollo osseo rivestono un ruolo chiave non solo nell'emopoiesi, ma anche nella rigenerazione di altri organi e tessuti, rendendo possibile un'alternativa all'utilizzo delle cellule staminali embrionali nella ricerca di una terapia per tutte quelle malattie che danneggiano organi e tessuti, come il diabete e la fibrosi cistica, o nell'eliminazione degli effetti collaterali dei trattamenti anticancro, poco specifici e quindi dannosi anche per le parti sane dell'organismo. Ulteriori progressi nella ricerca si sono registrati grazie a scoperte "indirette": un errore di laboratorio ha fatto sì che una popolazione di globuli bianchi, cellule adulte e differenziate, "regredissero" alla loro condizione staminale, definita di retrodifferenziazione. Tale involontario risultato ha aperto l'idea di riprogrammare cellule adulte per ottenere cellule giovanissime e indifferenziate per nuove terapie senza dover utilizzare cellule embrionali, consentendo quindi di riprogammare artificialmente le cellule senza utilizzare ovociti privati del nucleo in cui inserire nuclei somatici. L'applicazione di tutta questa serie di esperimenti ha consentito, a partire dal giugno 2000, di impiantare cellule staminali, prelevate dal corpo del paziente stesso, nel cuore di individui cardiopatici o reduci da infarto.Se trapiantate nelle aree cerebrali sofferenti che causano il morbo di Parkinson, le cellule staminali possono ridurre tremori e rigidità tipiche della malattia. Nel 2004 la legge sulla fecondazione assistita ha posto numerosi limiti alla libertà di ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali, in particolare ha posto un divieto assoluto all’utilizzo a fini di ricerca scientifica degli embrioni non utilizzati nelle tecniche di fecondazione assistita. Nonostante i dubbi etici, la ricerca sulle staminali ha fatto significativi progressi. Storicamente, le cellule staminali vengono suddivise principalmente in due categorie: quelle embrionali che hanno la capacità di moltiplicarsi indefinitamente e di dare origine a tutti i tipi cellulari (per questo dette anche pluripotenti), e quelle adulte o somatiche (contenute nel nostro corpo) che non hanno le complete potenzialità delle staminali embrionali poiché si sono già un po’ specializzate. Dal 2006 è stata messa a punto una tecnica per ottenere le cosiddette cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) a partire da cellule completamente differenziate, come quelle della pelle, che vengono “geneticamente riprogrammate” per tornare indietro nel tempo. La peculiarità di queste cellule è di avere le stesse potenzialità delle staminali embrionali ma senza le problematiche etiche. Le IPSC si stanno rivelando inoltre molto utili per studiare i meccanismi alla base di molte malattie e per analizzare il possibile effetto terapeutico di un gran numero di farmaci. L’obiettivo della medicina rigenerativa è conferire funzionalità ad un tessuto che, per diverse ragioni, ne è parzialmente o totalmente privo: a) rigenerare un tessuto inizialmente funzionante, ma danneggiato per insulti ambientali, ad esempio fisici o chimici; b) rigenerare un tessuto inizialmente funzionante, ma che ha perso la propria funzionalità per invecchiamento; c) conferire funzionalità ad un tessuto che per difetti genetici intrinseci alle proprie cellule non ha mai goduto, o ha goduto soltanto transitoriamente, di una propria funzionalità. Le strategie già messe in atto o in via di sperimentazione per rigenerare i tessuti tramite le cellule staminali possono essere suddivise in due macro-aree: a) strategie ex vivo, basate sul prelievo delle cellule staminali dal tessuto d’origine, successiva stimolazione in laboratorio e infusione finale nel tessuto del paziente da rigenerare; b) strategie in vivo, basate sulla stimolazione delle cellule staminali direttamente nel tessuto del paziente. Ancora Dal 2006 ad oggi la ricerca sulla riprogrammazione di cellule adulte ha compiuto enormi passi attraverso verifiche e convalide multiple, e ha dimostrato che è possibile riprogrammare anche una cellula specializzata (fibroblasto) in un’altra specializzata (esempio in un neurone) direttamente, senza “passare” per lo stadio di pluripotenza e attraverso l’espressione forzata di geni specifici del destino cellulare desiderato. Significativi sono i primi studi resi noti nel 2020 di riprogrammazione cellulare per la cura di lesioni spinali -attraverso la riprogrammazione del gene OLIG2.

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