Lessico

Sm. [sec. XIV; dal latino tardo statūtum, pp. neutro di statuĕre, statuire].

1) Propr., anticamente, ciò che è stato stabilito, per lo più da autorità competente, e assume quindi valore di norma.

2) Regole giuridiche stabilite da certi gruppi sociali in contrapposizione con le regole generali stabilite da un'autorità superiore: statuto dei lavoratori; statuto del contribuente.

3) Collezione di norme che determinano i diritti e i doveri dei superiori ecclesiastici delle missioni e dei superiori generali dei rispettivi ordini o congregazioni religiose. Sono: generali, se riguardano tutte le missioni di un ordine o di una congregazione religiosa; particolari, se riguardano, di un ordine o di una congregazione religiosa, una singola missione.

Diritto

Lo statuto si contrappone alle regole del diritto comune e generale, come complesso di regole giuridiche considerate “singolari” o “speciali”. Nell'ordinamento vigente, gli statuti possono essere: statuti speciali delle regioni (art. 116 Costituzione); statuti ordinari delle regioni (art. 123 Costituzione); statuti di vari enti pubblici (per esempio, delle università, degli enti ospedalieri) e privati (per esempio, statuti dei partiti politici; art. 49 Costituzione), dei sindacati (art. 39 Costituzione) e delle società private. La norma statutaria, quindi, si presenta come una norma speciale, che può stabilire regole diverse rispetto alla regola generale. Gli statuti si distinguono in: autonomi, posti in essere dagli stessi soggetti che compongono l'ente autonomo: per esempio, statuti ordinari delle regioni; eteronomi, fondati da un soggetto diverso, che li impone a questi enti: per esempio, statuti speciali delle regioni. La normazione statutaria costituisce un elemento costante nella storia del diritto e dimostra la necessità della pluralità delle fonti. Gli statuti costituiscono attualmente una realtà in continua espansione: essi infatti formano un aspetto necessario dell'evoluzione e della trasformazione del diritto nel nostro tempo.

Storia: lo statuto comunale

Lo statuto formò la legge fondamentale del Comune medievale e assommò tutte le aspirazioni degli abitanti delle città nel rivendicare la loro autonomia dal feudatario, dal quale prima dipendevano, e nell'intendere l'amministrazione della cosa pubblica come un fatto democratico, che richiedeva la partecipazione di tutti i cittadini. La prima forma rudimentale di statuto fu il breve (documento), del quale i magistrati della città, assumendo la loro carica annuale, giuravano l'osservanza: in esso erano contenute le norme di comportamento dei magistrati, l'esatta estensione dei loro diritti e la codificazione dei loro doveri. Il popolo rispondeva con un proprio giuramento, impegnandosi all'osservanza delle deliberazioni dei suoi magistrati. Ogni anno il breve era arricchito di nuove disposizioni, aggiunte in ordine cronologico. L'ormai ampia materia (uno dei primi brevi fu quello di Genova e risale al 1143) fu rielaborata e sistemata nel sec. XIV, assumendo la forma di un vero statuto suddiviso per materie (diritto privato, obbligazioni, diritto di famiglia, diritto penale, ecc.). In genere gli statuti contemplavano argomenti di carattere generale, ma potevano scendere anche a casi particolari: per esempio, lo statuto di Milano (1170) contemplava anche i rapporti fra proprietari terrieri e i contadini alla loro dipendenza. Anche nelle prime forme di signoria, i signori erano obbligati con giuramento all'osservanza dello statuto, ma in processo di tempo questi si arrogarono diritti sempre più rilevanti fino al punto di revisionare o di cambiare parti dello statuto di proprio arbitrio, adattandoli ai loro interessi politici, che ormai non collimavano più con quelli dei cittadini. Agli statuti vennero allora sostituendosi le leggi signorili, che ne svilirono lo spirito e il contenuto democratico fino a ridurli a un oggetto di mero interesse storico. Gli statuti tornarono ad assumere nuova importanza politica con gli ideali liberali, che trovarono una prima realizzazione nello Statuto Albertino.

Storia: altri statuti

Sullo stampo degli statuti comunali, ma circoscritti nella materia e nel loro ambito giurisdizionale furono gli statuti rurali, consortili, marittimi e mercantili: gli statuti rurali erano dati dal signore alla propria comunità agricola e contenevano le norme per la gestione dei fondi, per l'uso dei boschi, dei pascoli, delle acque, ecc. In genere era applicato il principio della responsabilità collettiva per ogni infrazione anche individuale alle norme giuridiche imposte dal signore alla comunità; gli statuti consortili riguardavano invece le norme con le quali i vari consorzi dei nobili dovevano amministrare i beni sottoposti alla loro giurisdizione; regolavano le successioni e l'avvicendamento nelle varie cariche, ecc.; gli statuti marittimi regolavano la vita marittima e tutto il commercio via mare; in particolare trattavano i rapporti tra armatore, comandante, equipaggio, passeggeri; stabilivano controlli tecnici e sanitari. Già molto simili fra loro per l'identità della materia trattata, trovarono facile unificazione e sistemazione in una legge comune per tutto il Mediterraneo, il Consolato del Mare; gli statuti mercantili, nati dalle associazioni di arti e mestieri, ebbero però il difetto fondamentale di agire a senso unico e cioè solo nell'interesse dei proprietari delle aziende, trascurando i diritti dei lavoranti; di qui i continui conflitti non sempre pacifici.

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