Lessico

sm. [sec. XIV; latino stratum, propr., neutro sostantivato del pp. di sternĕre, stendere].

1) Quantità minima di materiale di spessore uniforme deposta su una superficie: uno strato di polvere; uno strato di neve, di foglie. Con accezioni specifiche: A) in geologia, elemento strutturale fondamentale delle rocce sedimentarie, corrispondente a un episodio di sedimentazione in condizioni ambientali costanti. B) In geologia stratigrafica, la più piccola unità litostratigrafica, di rango immediatamente inferiore al membro. C) In fisica terrestre, strato limite planetario, sottostrato della troposfera corrispondente al primo chilometro di aria sovrastante la superficie terrestre, all'interno del quale avvengono i principali scambi tra atmosfera, litosfera e idrosfera; strato omotermico profondo, nell'ambito della stratificazione termica delle acque marine, corrisponde alla porzione di acqua compresa tra il limite inferiore del termoclino e il fondo del bacino, dove si ha una diminuzione progressiva della temperatura, al di sotto dei 3-4 ºC fino a 0º o addirittura a -2 ºC in corrispondenza dell'Antartide (l'acqua non congela a causa delle elevate pressioni). Lievi anomalie termiche si possono verificare in questo strato a causa del passaggio di correnti profonde. D) In metallurgia, pellicola deposta su un supporto e dotata di particolari proprietà ottiche, elettriche, di resistenza alla corrosione, all'usura ecc. E) In anatomia, qualsiasi parte laminare di un tessuto o di una qualche formazione: strato corneo;strato granuloso;strato spinoso dell'epidermide. F) In botanica, suddivisione, in base alla natura e all'altezza, delle piante costituenti formazioni vegetali miste. Nei Paesi temperati si distinguono uno strato arboreo (alberi) alto da pochi metri ad alcune decine di metri, uno strato arbustivo (cespugli), alto in genere da pochi decimetri a non più di un paio di metri, uno strato erbaceo e uno muscinale.

2) Fig., ceto, classe sociale: gli strati più abbienti della popolazione. In particolare, in statistica, nel campionamento stratificato, uno dei gruppi in cui le unità campionate vengono suddivise sulla base di caratteristiche comuni.

3) In meteorologia, tipo di nube bassa, con base più o meno definita che può anche arrivare al suolo, costituita da banchi orizzontali grigiastri e uniformi, formati da minutissime goccioline d'acqua. È di spessore variabile e può talvolta oscurare il Sole; non dà generalmente origine a precipitazioni, tranne localmente a brevi pioviggini.

4) In astronomia, strato invertente indica lo spessore (ca. 8000 km) dei gas cromosferici del Sole entro il quale si formano le note righe di assorbimento dello spettro (righe di Fraunhofer); esse, al momento dell'inizio e della fine della fase di totalità delle eclissi, appaiono invertirsi in righe luminose.

5) In archeologia, livello di scavo nel quale si ritrovano resti di una stessa età.

6) In fluidodinamica, strato limite, concetto, introdotto nello studio della meccanica dei fluidi poco viscosi da L. Prandtl, secondo cui i fenomeni dovuti alla viscosità assumono notevole importanza solo nelle regioni del campo di moto in cui si verificano elevati gradienti di velocità, come quelle in prossimità delle superfici che definiscono i solidi immersi nella corrente fluida. Questa teoria, estesa da Prandtl dall'idraulica all'aerodinamica, ha avuto grande importanza per lo sviluppo di quest'ultima, in quanto consente una radicale semplificazione degli schemi fisici dei fenomeni aerodinamici e dei calcoli a essi relativi.

7) Ant., tappeto.

Geologia

Lo strato si origina per deposizione di materiale di varia natura sul fondo di un bacino sedimentario ed è caratterizzato da grande estensione areale e da spessore ampiamente variabile (da qualche centimetro a qualche metro, in rapporto alla quantità e alla natura del sedimento e alla durata e velocità di sedimentazione), ma sempre molto ridotto rispetto all'estensione. La superficie inferiore dello strato si chiama letto o muro dello strato, e quella superiore tetto; gli strati sono separati tra loro da piani o giunti di stratificazione, cioè da superfici di discontinuità dovute a variazioni delle condizioni di sedimentazione. La disposizione originaria degli strati parallela alla superficie di deposizione è generalmente orizzontale; ma tale giacitura non sempre viene conservata a causa dell'intervento nel corso delle ere geologiche di fenomeni di dislocazione che piegano e deformano le rocce. Si osservano pertanto giaciture orizzontali o suborizzontali, strati variamente inclinati da qualche grado a 90º (strati verticali), e anche strati completamente rovesciati. La posizione di uno strato nello spazio è definita da tre parametri geometrici: direzione, immersione e inclinazione. Negli strati possono distinguersi varie strutture, primarie e secondarie, interne ed esterne, in relazione alle modalità di sedimentazione e ai diversi processi intervenuti nel tempo.

Metallurgia

Gli strati possono essere ottenuti galvanicamente, per evaporazione e deposizione sotto vuoto sul pezzo riscaldato, per piroscissione in corrente di vapore. Su un qualsiasi materiale metallico può formarsi uno strato per attacco da parte di un determinato ambiente aggressivo. A questo riguardo si possono avere due tipi di strati: strato formato per precipitazione dall'ambiente aggressivo di prodotti di corrosione; strato formato per funzionamento anodico diretto della superficie metallica esposta. Nel primo caso si ha in generale uno strato, detto di ricoprimento, non uniforme, poroso e non in grado di proteggere il metallo sottostante dalla corrosione; nel secondo caso si formano i cosiddetti strati di passivazione che sono continui e uniformi, e quindi in grado di ridurre più o meno fortemente la velocità di corrosione.

Fisica

Nella modellistica dell'atomo, strato elettronico, zona intorno al nucleo in cui si trovano gli elettroni aventi uno dei valori discreti di energia consentiti a uno stato stazionario; strato K, L, M,... è lo strato elettronico caratterizzato dai valori del numero quantico principale n. Più precisamente a n=1 corrisponde lo strato K, a n=2 lo strato L ecc. Strato s, p, d,..., strato elettronico caratterizzato dai valori del numero quantico azimutale l. Più precisamente a l=0 corrisponde lo strato s, a l=1 lo strato p e così via. Poiché l può assumere i valori interni compresi fra.0 e n-1, ciascuno strato K, L, M,... contiene 1 o più sottostrati s, p, d,... ecc.; strato di valenza è lo strato elettronico dell'atomo solo parzialmente occupato da elettroni. Un atomo può formare legami chimici con un numero massimo di atomi uguale al numero dei suoi elettroni non saturati. Questo numero è la valenza chimica dell'atomo. Nel modello nucleare a particella singola i nucleoni sono individuati con un gruppo di numeri quantici analoghi a quelli usati per gli elettroni atomici. In particolare gli strati nucleonici sono caratterizzati dal valore del numero quantico ν=n-1 (n è il numero quantico principale, l il numero quantico azimutale) e dal valore di l, cui corrisponde la nomenclatura s, p, d,...

Aerodinamica

Nel campo aerodinamico, lo strato limite è una regione di ridotto spessore (che sui grossi velivoli può raggiungere anche qualche decimetro), delimitata da un lato dalla superficie del corpo investito dalla corrente fluida, "Per la figura A vedi il lemma del 18° volume." "Vedi figura A vol. 21, pag. 63" sulla quale è nulla la velocità relativa tra il fluido e il corpo, e che normalmente a questo si estende fin tanto che la velocità del fluido raggiunge, per convenzione, un valore pari al 99% di quello che la corrente assumerebbe in assenza di fenomeni viscosi. Secondo lo schema proposto da Prandtl, il campo aerodinamico attorno a un corpo viene a scindersi in due regioni distinte: una, lo strato limite, poco estesa, che lambisce il corpo stesso e in cui sono rilevanti gli effetti della viscosità; l'altra, esternamente a questa, in cui il fluido può essere considerato privo di viscosità. La validità dell'ipotesi di Prandtl è ampiamente dimostrata in pratica dalla possibilità dello studio teorico dei profili alari, delle ali, delle eliche e dei rotori, che permette anche di rimuovere il paradosso di J. B. D'Alembert. La presenza dello strato limite, il cui spessore va di norma crescendo procedendo, nel senso della corrente, dall'estremità anteriore del corpo verso quella posteriore, altera in sostanza la sagoma del corpo immerso nella corrente costituita dal fluido non perfetto, sagoma che appunto per la presenza dello strato limite non si racchiude più posteriormente. Di conseguenza la risultante delle pressioni agenti sul corpo, secondo la direzione asintotica a monte della corrente, non è più nulla, per cui assume il carattere di una resistenza (detta di pressione). Gli elevati gradienti di velocità della corrente fluida entro lo strato limite causano inoltre forze dovute agli effetti della viscosità sulla superficie del corpo, per cui, conseguentemente, si manifesta anche una resistenza d'attrito. Secondo la natura del moto del fluido entro lo strato limite, quest'ultimo può essere laminare oppure turbolento. Nel primo caso lo strato limite è costituito da straterelli fluidi che scivolano l'uno sopra l'altro, senza che si verifichino trasporti di materia tra uno straterello e l'altro. Nel secondo caso sono presenti fenomeni turbolenti di trasporto che hanno come conseguenza il continuo rimescolamento del fluido costituente lo strato limite il quale conferisce al fluido stesso, a parità di velocità media di traslazione, un'energia maggiore di quella che si riscontra nel caso di strati limite laminare. Nello strato limite turbolento il gradiente della velocità del fluido, nelle zone più prossime alla superficie del corpo lambito dalla corrente, è inoltre più elevato che non in quello laminare. Nella maggior parte dei casi, se la superficie del corpo è sufficientemente liscia, e se la corrente che la investe non è già precedentemente animata da moti turbolenti, lo strato limite che su di essa si forma è inizialmente laminare, e, man mano che scorre sulla superficie del corpo, si trasforma in turbolento, attraverso un fenomeno di transizione. Nel caso di una lastra piana immersa in una corrente fluida, e con gradienti di pressione nulli nella direzione del flusso, "Per la figura B vedi il lemma del 18° volume." "Vedi figura B vol. 21, pag. 63" la transizione si manifesta dopo una lunghezza cui corrisponde un valore del numero di Reynolds critico, o di transizione, pari a ca. 500.000. Il fenomeno di transizione può essere considerevolmente ritardato se il gradiente di pressione sulla superficie lambita dal flusso, nel senso della corrente, è negativo (cioè se il fluido scorre verso regioni a pressioni sempre più ridotte); può essere, invece, anticipato da gradienti di pressione positivi, dalla rugosità e dalle irregolarità della superficie del corpo, dalla trasmissione di calore dal corpo al fluido, e da preesistenti fenomeni di turbolenza nella corrente fluida. Quando poi il progressivo rallentamento del fluido costituente lo strato limite viene esaltato da cospicui fenomeni di resistenza e/o da avversi gradienti di pressione di ragguardevole entità, lo strato limite si distacca dalla superficie del corpo (separazione, o distacco di vena), in conseguenza dell'inversione del flusso nel suo interno, con la formazione di vistose zone popolate da intensi vorticie con radicali alterazioni del campo aerodinamico. Tali fenomeni di separazione caratterizzano lo stallo di profili, ali, e comunque di superfici destinate a produrre forze aerodinamiche, e danno origine a vistosi incrementi della resistenza e a diminuzioni anche violente delle forze portanti. Le caratteristiche dello strato limite hanno un'importanza determinante nel definire le doti aerodinamiche di profili, ali e di interi velivoli. La possibilità di disporre, a bordo degli aerei, di sistemi capaci di erogare ragguardevoli portate d'aria a considerevole pressione (o similmente di aspirarne), grazie all'adozione di unità motrici a turbina, ha consentito l'impiego di tecniche di controllo dello strato limite. Soffiando aria avente forte energia nelle zone in cui lo strato limite tende a separarsi dalla superficie del velivolo (o aspirando l'aria dello strato limite, in modo da impedirne il distacco), è possibile incrementare considerevolmente le doti portanti dell'aereo e ottenere anche sensibili riduzioni delle resistenze aerodinamiche. Una tecnica più semplice per fornire energia allo strato limite, e ritardarne quindi il distacco, e che va sempre più diffondendosi, è quella basata sull'impiego di generatori di vortici (cioè di piccole alette di basso allungamento e con incidenze elevate, applicate perpendicolarmente alle superfici del velivolo), i quali consentono di mescolare l'aria dello strato limite, rallentata dai fenomeni dovuti alla viscosità, con l'aria più veloce proveniente dalla corrente esterna allo strato limite. Sui moderni aviogetti le bocche di presa, per la captazione dell'aria destinata ad alimentare i turboreattori (e frequentemente anche le canalizzazioni interne che a queste fanno capo), sono quasi sempre munite di dispositivi (fessure d'aspirazione, paretine di separazione ecc.) che consentono di evitare l'ingestione dell'aria dello strato limite. Infatti, questo, possedendo velocità sensibilmente inferiori a quelle della corrente a esso esterna, permette minori recuperi di pressione e quindi corrispondenti cali nelle prestazioni dei propulsori; inoltre, le prestazioni risulterebbero ulteriormente penalizzate dalla minor portata d'aria che dalle bocche di presa perverrebbe ai propulsori.

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