tèmpera

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sf. [sec. XIV; da temperare].

1) Tecnica pittorica che usa il colore in polvere mescolato a varie sostanze agglutinanti (soprattutto il rosso d'uovo, poi il latte, il latice di fico, la caseina, colle animali) e alla biacca; la miscela così ottenuta si stende sulla superficie (generalmente una tavola di legno con un'imprimitura di gesso, ma anche una superficie muraria) sciogliendola con l'acqua. La tempera asciuga molto in fretta, non permettendo ripensamenti e sovrapposizioni di colori; un'ulteriore difficoltà, nella sua esecuzione, è costituita dal fatto che la biacca, asciugando, schiarisce notevolmente le tinte. I pregi di questa tecnica consistono nella chiarezza e delicatezza di toni che si ottengono e nell'opaca levigatezza del risultato finale. La tecnica della tempera era già nota presso gli Etruschi e i Romani, ma ebbe il suo periodo di maggior diffusione, eseguita su tavola lignea, nei sec. XIV e XV sino all'avvento della pittura a olio. In seguito la tempera è stata usata soprattutto su carta o cartoncino per schizzi, bozzetti e scenografie.

2) In agraria, condizione del terreno idonea alle lavorazioni con riferimento al suo contenuto idrico. Un eccesso o una carenza idrica, infatti, rendono il terreno troppo tenace o troppo atto ad aderire agli attrezzi. Si ritiene che il terreno sia in tempera quando contiene attorno al 40-50% dell'acqua totale che può contenere.

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