Lessico

sm. [sec. XVI; dal latino typus, dal greco týpos, impronta].

1) Esemplare che serve da modello e da cui si traggono copie: il primo tipo di veicolo a trazione anteriore; usato anche come apposizione: apparecchio tipo.

2) Modello astratto che riunisce esemplarmente i caratteri essenziali comuni a una moltitudine di persone, oggetti ecc. Per il tipo edilizio, vedi tipologia. Con accezioni specifiche: A) in medicina costituzionalistica, ciascuna delle categorie di individui definite in base a criteri morfologici e psicologici (vedi costituzionalismo). B) In zoologia, equivale a phylum. C) In antropologia, tipo umano, tipo fisico, espressione sostitutiva del termine razza e che meglio esprime, alla luce delle moderne conoscenze, l'unità elementare su cui basare una classificazione della specie polimorfa umana. La grande variabilità dei tipi suggerisce l'ulteriore divisione fra: tipi principali, insieme di individui i cui caratteri antropologici variano entro limiti relativamente circoscritti e si presentano con una discreta ripetitività, e tipi metamorfici, caratterizzati da una specializzazione morfologica in cui si ritrovano elementi diversi e attribuibili a caratteri antropologici propri di tipi principali e di gruppi umani diversi (per esempio i Polinesiani). D) In metafisica, il modello ideale a cui si vogliono richiamare i concetti di realtà, verità, valore, per esempio le idee innate di Platone o l'idea archetipa. E) In logica matematica, categoria in cui possono venire classificate delle proprietà. F) In statistica, singola parte di una totalità che presenti le caratteristiche medie della totalità stessa: famiglia tipo italiana. G) In informatica, tipo di dati, identifica le connotazioni delle classi di dati che formano i domini da cui si ottengono i valori per le variabili di un programma.

3) Nel linguaggio comune, qualità, genere, con riferimento alle caratteristiche commerciali di un prodotto e al suo prezzo: elettrodomestico di tipo economico; anche riferito a ciò che imita qualche cosa: tessuto tipo inglese.

4) Rappresentazione artistica che mette in risalto, in forma stilizzata, caratteri di un personaggio che sono o potrebbero essere comuni a più persone: i tipi del teatro napoletano.

5) Persona singolare, originale, stramba: è un bel tipo! Nell'uso familiare, persona qualunque: è venuto un tipo a cercarti.

6) Nel significato originale di impronta: A) in tipografia, lo stesso che carattere mobile. B) Nei sigilli, come nelle monete e nelle medaglie, la figura che compare sulla faccia o sulle facce e che, insieme all'eventuale leggenda, costituisce l'impronta.

Logica matematica

L'introduzione della nozione di tipo e della relativa teoria si deve a B. Russell (vedi predicativismo) che la elaborò a iniziare dal 1908 e che la impiegò nei Principia Mathematica al fine di evitare le antinomie che nascono dall'uso di definizioni impredicative. Russell formula il principio del circolo vizioso secondo il quale se la definizione di un ente fa riferimento alla totalità alla quale quell'ente appartiene, allora questa definizione non è ammissibile: esclude quindi tutte le definizioni impredicative. Per evitare la possibilità di tali definizioni, Russell individua una gerarchia di variabili alla quale corrisponde una gerarchia di domini di valori. Alle variabili aventi come valori degli individui si associa il numero 0 e sono di tipo 0; a quelle i cui valori sono proprietà di individui si associa il numero 1 e sono di tipo 1; a quelle i cui valori sono proprietà di proprietà d'individui si associa il numero 2 e sono di tipo 2, e così via. Una espressione della forma “a è membro di b” è una formula ben formata se e solo se il tipo di a è minore di quello di b. Questo fatto consente già di evitare le antinomie come per esempio quella di Russell. È questa la teoria semplice dei tipi; la teoria ramificata dei tipi consiste nell'introdurre un'ulteriore partizione in ordini tra le variabili appartenenti allo stesso tipo secondo le definizioni che le individuano. Così variabili di tipo 1 sono di ordine 1 se nella definizione non compaiono quantificatori che vincolano variabili di tipo 0; variabili di tipo 1 sono di ordine 2 se nella definizione, oltre a eventuali variabili libere di tipo 0, occorre almeno un quantificatore che vincola variabili di ordine 1; variabili di tipo 1 sono di ordine 3 se nella definizione occorre, oltre a quantificatori come quelli di cui sopra, un quantificatore che vincola variabili di ordine 2, e così via. Ciò vale per ogni tipo e ogni tipo è per così dire ramificato in una molteplicità di ordini. Questa partizione eliminava sì il pericolo di definizioni impredicative, ma limitava anche la capacità di analisi al punto tale che fondamentali teoremi della matematica classica e della teoria degli insiemi non potevano più venir dimostrati. Per questo B. Russell e A. Whitehead nella loro opera di fondazione della matematica si videro costretti ad ammettere tre assiomi: quello di riducibilità, che in un qualche modo reintroduceva le definizioni impredicative, spesso indispensabili in matematica, quello dell'infinito e quello di scelta. Veniva così a modificarsi l'originale programma logicista di una fondazione della matematica su basi solo logiche. Programma da cui lo stesso Russell era partito. In seguito si cercò di modificare la teoria dei tipi nel senso di preservare il superamento delle antinomie e di eliminare nel contempo il ricorso ad assiomi extralogici. Ma anche la soppressione della ramificazione, a cui soprattutto era legata l'introduzione dell'assioma di riducibilità, se ne attenuava la portata non eliminava per altro il ricorso a quelli dell'infinito e di scelta.

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