sm. [sec. XX; tele-+spazio].

Descrizione generale

Sistema di radiotrasmissione di informazioni che impiega satelliti artificiali attrezzati in modo da operare come ripetitori attivi fra vari punti della superficie terrestre. L'impiego di ripetitori spaziali offre grandi vantaggi in quanto il radiocollegamento viene assicurato con radiopropagazione di tipo ottico, dato che il ripetitore rimane sempre in vista delle stazioni da servire; ciò consente l'impiego delle microonde con bande di informazione quindi molto ampie, sino a 1 GHz e oltre. All'inizio dell'attività spaziale si sono impiegate onde portanti di 2÷4 GHz, anche perché queste frequenze, in pratica, non vengono attenuate dagli agenti atmosferici, per poi passare a utilizzare la banda degli 11÷12 GHz in modo da aumentare così la banda di frequenza di informazione trasmessa. A causa delle enormi distanze che permette di coprire, un ripetitore spaziale è particolarmente adatto a collegare stabilmente tra loro, con una larga banda di informazioni, Paesi separati da oceani o continenti. Le trasmissioni via satellite sono quindi particolarmente adatte per il traffico di telecomunicazioni e televisivo internazionale.

L'avvento dei satelliti geostazionari

Nell'emisfero occidentale si fa largo uso di satelliti geostazionari, cioè con orbite geosincrone, che consentono un traffico continuativo, ma comportano la necessità di un sistema di telecontrollo e telecomando che mantenga in posizione corretta le antenne del ripetitore spaziale. Per di più l'orbita geostazionaria, con un periodo di rivoluzione di 24 ore, comporta una distanza da Terra di ca. 36.000 km e questo valore introduce sia un tempo di propagazione sensibile (e quindi una fastidiosa eco nelle comunicazioni telefoniche, che impone l'impiego di dispositivi detti soppressori di eco), sia una notevole attenuazione dei segnali ritrasmessi dal satellite, che opera con potenza di ca. 10 W, e antenne di dimensioni e guadagno contenuti. Quest'ultima circostanza ha imposto tutta una serie di accorgimenti nella realizzazione delle stazioni spaziali: in pratica si sono adottate antenne paraboliche speciali del diametro anche di qualche decina di metri e con un guadagno che può superare i 60 dB. Inoltre i ricevitori (realizzati mediante maser o amplificatori parametrici) sono stati progettati con speciali accorgimenti tecnici in modo da operare con un minimo di rumore di fondo; le antenne paraboliche di grandi dimensioni impiegate nelle stazioni spaziali consentono comunque di ottenere segnali di ricezione di livello sufficiente a permettere una trasmissione delle informazioni stabile, efficiente e priva di disturbi, tale quindi da consentire una qualità di servizio nettamente superiore a quella conseguibile in passato con l'impiego delle onde corte o delle linee di telecomunicazioni realizzate a mezzo di cavi sottomarini. Le difficoltà tecniche relative alla tratta da Terra al satellite sono decisamente inferiori a quelle esaminate per il percorso inverso: infatti, quantunque il ricevitore di bordo sia di tipo convenzionale, con un certo rumore di ricezione, e sia servito da un'antenna con guadagno relativamente limitato, non sussistono difficoltà per irradiare potenze notevoli (fino a un livello di 10 kW), dato che per la trasmissione viene impiegata la stessa antenna ad alto guadagno principalmente progettata per la ricezione dei segnali dallo spazio. Minori difficoltà comportano, ovviamente, date le minori distanze da Terra, i satelliti con orbita libera, che però devono essere più di 3 (da 6 a 12) lungo la medesima orbita: in questo caso, per il suo veloce spostamento, il ripetitore spaziale va continuamente seguito dalla stazione di Terra con un'antenna mobile che viene telecomandata dallo stesso segnale rinviato dallo spazio. L'evoluzione tecnica ha portato comunque all'adozione sistematica di satelliti geostazionari. La loro stabilità di posizione assicura infatti la copertura delle aree da servire con antenne riceventi di tipo fisso e di modello parabolico; queste, per la banda dei 2÷4 GHz, deve essere di almeno 3 m di diametro per captare un segnale sufficiente ad assicurare una buona ricezione dei programmi spaziali. È possibile effettuare la diffusione via satellite anche dei programmi televisivi che possono così venire distribuiti ai vari utenti privati semplicemente con l'impiego di un'antenna parabolica ricevente collegata, con un adatto amplificatore convertitore di frequenza, all'impianto di distribuzione dei programmi già esistente. Per questi impianti spaziali viene utilizzata la banda di frequenza degli 11÷12 GHz: gli esperimenti condotti con il satellite Sirio hanno infatti permesso di riscontrare un rischio accettabile, per questa nuova banda di lavoro, nel caso di attenuazione di segnale radio a microonde da parte delle perturbazioni dell'atmosfera. L'adozione della nuova banda degli 11÷12 GHz comporta l'impiego di antenne paraboliche di ricezione meno costose e ingombranti (un solo metro di diametro all'incirca) e permette, con bande utili di ripetizione fino a 1 GHz di ampiezza, una maggiore quantità di informazioni ritrasmesse verso Terra. Le spese di impianto e di gestione dei satelliti geostazionari sono enormi, anche se con l'adozione di navicelle spaziali recuperabili dopo ogni lancio (tipo Shuttle) si pensa di ridurre sensibilmente il costo dovuto alla loro collocazione in orbita. Tali spese sono però ampiamente coperte dalla grandissima quantità di informazioni che i ripetitori spaziali permettono di scambiare con una notevole stabilità ed efficienza di traffico rispetto ai sistemi tradizionali. Questo sistema di telecomunicazioni spaziali è destinato a estendersi sempre di più, con l'impiego di bande di frequenza sempre più elevata, sino ai 35÷40 GHz, in modo da aumentare sensibilmente la quantità di informazioni servite con un numero contenuto di satelliti spaziali geostazionari. Ciascuno di essi per restare tale deve infatti venire collocato in un'orbita equatoriale a 36.000 km di altezza e con una distanza angolare fra ogni satellite di almeno un grado per ottenere una buona separazione dei vari segnali grazie alla direzionalità delle antenne: ne consegue la possibilità di impiegare al massimo 360 satelliti geostazionari. Ad aumentare le spese degli impianti telespaziali contribuisce anche il fatto che ogni satellite può restare in servizio solo per qualche anno; la carica di propellente (a base generalmente di idrazina) di cui viene dotato ogni satellite per correggere la propria posizione nello spazio si esaurisce man mano a causa dei ritocchi di posizione che si rendono periodicamente necessari. Solo dei laboratori spaziali periodicamente riforniti da navicelle spaziali potranno forse in futuro risolvere questi problemi, con un rifornimento periodico dei ripetitori spaziali.

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