tettònica delle placche, teorìa della-

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Definizione

In geologia, teoria di tettonica globale elaborata alla fine degli anni Sessanta per inquadrare in un unico modello i dati rilevati in campo oceanografico, geofisico e geomagnetico.

Geofisica: la teoria

Le ricerche oceanografiche della seconda metà del Novecento avevano dimostrato che: 1) i fondali oceanici sono costituiti da un sottile strato di sedimenti che appoggiano su roccia basaltica; 2) il fondo oceanico non è molto movimentato, ma è percorso da una elevata catena di rilievi (dorsale oceanica), un grande vulcano lineare che deve la sua esistenza a profonde fratture della litosfera, dalle quali fuoriesce la lava basaltica che va a costituire il fondo degli oceani; 3) effettuando un rilievo magnetico sull'oceano si ottiene una distribuzione delle anomalie magnetiche a bande simmetriche rispetto alla dorsale; 4) le età delle rocce del fondo oceanico sono gradualmente più giovani a mano a mano che ci si avvicina alla dorsale oceanica. Tutti questi dati, insieme, portarono all'elaborazione della teoria dell'espansione dei fondi oceanici elaborata da H. H. Hess nel 1960, secondo la quale dalle dorsali oceaniche fuoriesce continuamente lava basaltica che, espandendosi lateralmente e raffreddandosi, costituisce, a mano a mano, un nuovo fondale oceanico. Questa teoria fu avvalorata dalla brillante intuizione di Vine e Matthews che spiegavano le anomalie magnetiche dei fondali oceanici come dovute a ripetute inversioni della polarità del campo magnetico. Indagini paleomagnetiche su rocce provenienti da diverse parti del mondo con un'età radiometrica (K/Ar) compresa tra 0 e 5 milioni di anni confermarono l'esistenza di periodi a polarità normale e periodi a polarità inversa. Le indagini paleomagnetiche effettuate negli anni Cinquanta del XX secolo su rocce ignee più antiche, affioranti in aree continentali diverse, avevano messo in evidenza una diversa posizione del Polo Nord che variava con il tempo, avvicinandosi progressivamente a quella attuale. Tale scoperta era avvalorata dalle prove paleontologiche che mostravano, soprattutto durante il Paleozoico e il Mesozoico, un grande spostamento delle fasce latitudinali (per esempio, le foreste permo-carbonifere dell'Europa centrale, quelle, cioè, che in seguito a fossilizzazione hanno dato origine agli importanti giacimenti di carbone dell'Alsazia-Lorena e della Ruhr, erano costituite da essenze equatoriali, segno, quindi, che l'Equatore “si trovava molto più a Nord rispetto alla posizione attuale”). Questi dati paleomagnetici furono la base su cui si sviluppò negli anni Cinquanta la teoria della migrazione dei poli, teoria che ebbe subito gravi problemi quando non solo si dimostrò che l'asse terrestre può subire un certo spostamento rispetto alla sua posizione attuale, ma non certo di entità così grandi da giustificare uno spostamento dei poli dell'ordine di migliaia di chilometri, ma si scoprì che analisi paleomagnetiche effettuate su rocce della stessa età, provenienti da continenti diversi, davano una diversa posizione del Polo Nord, cosa chiaramente impossibile. Una possibile soluzione poteva risiedere nel negare che i poli si spostassero, ma accettare che si spostassero i continenti. Questa proposta, già avanzata da A. Wegener nella teoria della deriva dei continenti nei primi anni del Novecento, era stata tuttavia rigettata poiché non si era trovato un motore capace dello spostamento delle masse continentali. Teoria della migrazione dei poli e teoria dell'espansione dei fondi oceanici rappresentano due tappe fondamentali che portarono all'elaborazione della teoria della tettonica delle placche. Infatti, poiché i dati paleontologici e astronomici non confermavano la teoria di una Terra in espansione, se in corrispondenza delle dorsali si ha la formazione di nuova litosfera è necessario ipotizzare l'esistenza di zone della terra dove altrettanta litosfera si consumi. Le ricerche oceanografiche e geofisiche avevano messo in evidenza l'esistenza di fosse oceaniche che bordano tutto l'Oceano Pacifico, fosse la cui profondità è di diversi chilometri maggiore di quella media dei fondali oceanici. Queste aree sono caratterizzate da: frequenti terremoti anche di notevole intensità, con ipocentri allineati su di un piano che si immerge al di sotto dei continenti, detto piano di Benioff, evidenziabile fino a una profondità di ca. 700 km; esistenza di fenomeni vulcanici con chimismo più acido (vulcanismo andesitico) di quello delle dorsali; accoppiamento di due fasce di anomalia geotermica, l'una, negativa, a ridosso delle fosse, l'altra, positiva, in corrispondenza della fascia dei vulcani attivi. Tutte queste caratteristiche vennero interpretate come tipiche di una zona dove si verifica consunzione di litosfera, cioè il suo inabissamento all'interno del mantello. La teoria della tettonica delle placche è oggi la teoria globale accettata dalla maggior parte degli studiosi. Essa prevede che la litosfera sia frammentata in sei grandi placche (Americana, Eurasiatica, Indiana, Africana, Antartica, Pacifica) più sei placche minori (Nazca, Somalia, Filippine, Arabia, Cocos, Caribi) e un numero ancora imprecisato di microplacche (Cina, Persia, Turchia, Tonga, Egea, Adriatica, Nuove Ebridi, Scozia, Juan de Fuca, Rivera) che si spostano reciprocamente, “galleggiando” sulla astenosfera più densa e plastica. Ciascuna di queste placche può essere costituita sia da sola litosfera oceanica che da litosfera oceanica e/o continentale. Spostandosi sull'astenosfera, nel loro lento movimento le placche hanno portato i continenti in posizioni reciprocamente diverse rispetto a quelle che occupano attualmente. Questa migrazione spiega perché in periodi geologici diversi i continenti mostravano una posizione diversa del polo magnetico. Le placche sono separate tra loro da fasce caratterizzate da un'intensa attività geodinamica (vulcanismo, sismicità, deformazione ecc.) dette marginiche possono essere di tre tipi: margine divergente o di accrescimento (separazione delle placche da parte di una dorsale), margine trasforme o conservativo (separazione delle placche mediante una faglia trasforme), margine convergente o di consunzione (separazione delle placche tramite una zona di subduzione). L'area in cui convergono tre margini di placca viene detta giunzione tripla. In questo caso l'interazione tra le placche può essere diversa a seconda del tipo di margine coinvolto e a seconda del tipo di movimento tra placche. Le giunzioni triple possono essere stabili o instabili a seconda dei tipi di margine coinvolti nella giunzione e del rapporto geometrico tra margine e vettore spostamento delle placche. Una tipica giunzione tripla stabile è quella costituita dalla giunzione di tre rami didorsale. Le placche sono in continuo lento movimento reciproco e lungo ciascuno di questi margini si può verificare creazione o distruzione di litosfera, vulcanismo e sismicità. È possibile stimare la velocità media relativa di una placca rispetto alla placca limitrofa per mezzo dello studio delle anomalie magnetiche, effettuando semplici calcoli a partire dall'ampiezza della banda magnetica registrata sul fondale oceanico e dal tempo di durata dell'episodio magnetico in questione (metodo di Vine e Matthews). Per calcolare la velocità di movimento attuale di una placca si ricorre invece ai metodi di rilevamento geodetici, sia terrestri che astronomici, per mezzo di satelliti artificiali, raggi laser e radiotelescopi. Un altro metodo per stabilire le caratteristiche del vettore movimento di una placca è quello dello studio dei punti caldi. È questo l'unico caso di vulcanismo non legato ai margini di placca e quindi indipendente dal movimento delle placche stesse. I vulcani di hot spot (punti caldi), infatti, sono la manifestazione superficiale di colonne verticali di materiale magmatico in risalita direttamente dal mantello sublitosferico. Si ritiene che queste manifestazioni ascensionali di materiale caldo del mantello abbiano una posizione stabile (o abbastanza stabile) nel tempo. Pertanto, una placca che si muove progressivamente al di sopra di un pennacchio presenterà in superficie l'evidenza di una catena di vulcani che diventano via via inattivi mano a mano che la placca si sposta lontano dal pennacchio. Per esempio, la catena delle isole Hawaii e dell'Imperatore, catene di vulcani hot spot ubicate sulla placca pacifica, dimostrano che questa negli ultimi 70 milioni di anni si è spostata dapprima verso nordovest per poi, ca. 40 milioni di anni fa, cambiare bruscamente direzione, spostandosi verso nord. Osservando la distribuzione delle placche sul globo terrestre è possibile notare che l'Oceano Atlantico è una struttura in continua espansione, localizzata in parte sulla placca Americana (lato occidentale) e in parte sulle placche Eurasiatica e Africana (lato orientale), separate fra loro da un margine divergente (dorsale medio-oceanica). La placca Americana, nella sua porzione meridionale, si sposta verso ovest interagendo con il bordo orientale della placca di Nazca attraverso un margine di consunzione. In corrispondenza delle coste argentine e cilene, infatti, la placca di Nazca, costituita da litosfera oceanica, si immerge al di sotto della placca americana, costituita in quest'area da litosfera continentale (subduzione di tipo B). La litosfera oceanica, più fredda e quindi più pesante, sprofonda all'interno dell'astenosfera. Durante questo suo movimento, per effetto dello scorrimento relativo tra le due placche rigide, si libera energia elastica con terremoti a ipocentro via via più profondo mano a mano che ci si sposta verso il continente (piano di Benioff). La placca litosferica fredda è anche la causa della fascia di anomalie geotermiche rilevate in prossimità delle fosse oceaniche. A mano a mano che la placca subduce i minerali che la costituiscono si riscaldano e fondono in maniera differenziale (prima quelli sialici e poi quelli femici in quanto presentano un più alto punto di fusione). Il fuso, più leggero del materiale circostante, tende a risalire verso l'alto dando origine a corpi intrusivi acidi all'interno della litosfera continentale della placca sovrastante e, se l'esistenza di fratture lo permette, fuoriesce in superficie dando origine a un arco vulcanico. Nel caso della placca di Nazca la risalita di magma a composizione andesitica ha originato il vulcanismo della catena Andina. Per le caratteristiche composizionali della litosfera coinvolta in questa subduzione di tipo B nell'area del margine convergente si origina un sistema di strutture denominato arco-fossa, dove l'arco è di tipo continentale. Sul lato orientale dell'oceano Atlantico, a sua volta, la placca Eurasia si sposta verso est, interagendo con la placca pacifica, anche in questo caso con un margine di consunzione, in modo tale che la litosfera oceanica della placca pacifica subduce al di sotto della placca eurasiatica. In questo caso, per tensioni crostali legate al processo di subduzione, dietro l'arco magmatico si apre un nuovo bacino oceanico, detto bacino di retroarco, e pertanto il sistema arco-fossa che si individua in quest'area è caratterizzato da un arco magmatico di tipo intraoceanico. Un tipo di interazione convergente, diverso da quelli descritti in precedenza, è quello che si verifica in corrispondenza del margine tra la placca eurasiatica e la placca indiana. In questo caso, in seguito a completa consunzione della litosfera oceanica, si è verificata e si verifica tuttora, una collisione di tipo continente-continente, cioè lo scontro di due litosfere continentali. Nella fase postcollisionale, il meccanismo di subduzione permane per un certo periodo di tempo, coinvolgendo la litosfera continentale delle due placche. Questo tipo di subduzione, detto subduzione A, è particolare in quanto la litosfera continentale è molto più leggera del materiale astenosferico e non riesce, pertanto, a subdurre completamente, ma dopo un tentativo iniziale prevale la tendenza al galleggiamento e lo sforzo collisionale provoca la formazione di raddoppiamenti crostali e impilamenti di falde, che rientrano nell'ambito delle teorie orogenetiche. Un problema ancora aperto riguardo alla teoria della tettonica delle placche è quello del meccanismo che aziona i movimenti relativi tra le placche. Per studiare le cause che stanno alla base della suddivisione della litosfera in placche in movimento relativo l'una rispetto all'altra, è stato attivato un Progetto geodinamico internazionale volto a riunire e coordinare gli sforzi di centinaia di ricercatori. Si è concordi nel ritenere che il movimento delle placche e i fenomeni che si verificano in corrispondenza dei loro margini, siano legati alla natura plastica dell'astenosfera e all'esistenza di movimenti convettivi legati a differenze di temperatura presenti nel mantello superiore. Partendo da questa base, fino a oggi sono stati costruiti diversi modelli, tutti accettabili solo in parte: secondo questi modelli il movimento delle placche sarebbe dovuto: a una spinta data dal peso dei materiali che fuoriescono dalle dorsali; alla forza di trascinamento operata dalla subduzione della litosfera fredda e pesante all'interno del mantello; al circuito stesso delle celle convettive dell'astenosfera (in questo caso la litosfera costituente le placche viene interpretata dinamicamente come la parte superficiale raffreddata e quindi rigida di una corrente convettiva); all'esistenza di pennacchi termici (in corrispondenza delle dorsali) che causerebbero l'innescarsi delle celle convettive del mantello. Forse nei prossimi anni una migliore conoscenza della dinamica del mantello superiore, grazie alle recenti tecniche di tomografia sismica, permetterà di giungere alla formulazione di un modello di “motore” convincente per la tettonica delle placche.

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