Lessico

sf. [sec. XIII; dal latino tribus-us].

1) Nell'antica Roma, una circoscrizione primordiale territoriale o una suddivisione dei cittadini. Il corrispondente trifu dell'antico umbro aveva valore di suddivisione di un popolo.

2) Presso gli antichi Ebrei, ciascuno dei dodici gruppi in cui il popolo e il territorio era stato diviso, in linea di discendenza dai dodici figli di Giacobbe.

3) In antropologia ed etnologia, struttura socioeconomica identificata quale raggruppamento più o meno numeroso di genti parlanti la medesima lingua, rette da uguale ordinamento sociale, caratterizzate da costumi e usanze pressoché identici, stanziate in un territorio ben definito. La composizione interna e territoriale è assai variabile in rapporto al genere di vita stanziale o nomade: può essere o meno suddivisa in villaggi o accampamenti, in clan, fratrie, sezioni, classi matrimoniali e d'età, grandi famiglie ecc. e far parte, a sua volta, di frazioni, stirpi, nazioni di una medesima popolazione; inoltre può coincidere o no con un intero gruppo etnico. L'espressione tribù, presa dalla terminologia delle istituzioni politiche dell'antichità, è stata adottata dagli evoluzionisti nel secolo XIX per indicare l'organizzazione politica di società a uno stadio arretrato dell'evoluzione umana. Tale espressione è rimasta in uso nell'antropologia associata alle società senza stato, chiamate sovente società tribali. Il termine tribù è attribuibile, in effetti, a società che si differenziano molto per quanto riguarda le modalità di conservazione dell'ordine sociale.

4) Per estensione, scherzosamente, famiglia molto numerosa: ha portato alla festa tutta la tribù; gran numero di persone costituenti un gruppo unitario, per lo più in dipendenza di un capo, di una guida: è arrivato con tutta la tribù dei suoi sostenitori.

5) In botanica e zoologia, raggruppamento tassonomico che si inserisce tra la sottofamiglia e il genere in particolari casi.

Storia: Atene

Ad Atene, dopo la riforma costituzionale clistenica (508 a. C.), i cittadini furono divisi in 10 tribù territoriali (poi 12 e 13). Su di esse erano basate l'organizzazione dell'esercito e la scelta dei magistrati e il consiglio era formato dalle rappresentanze delle tribù, che si alternavano alla pritania (presidenza del consiglio e dell'assemblea popolare). L'indicazione della tribù era essenziale nei prescritti dei decreti. Esse comparivano naturalmente anche in molti altri tipi d'iscrizioni (dediche, onoranze ecc.) tra cui quelle dei coreghi, relative alle vittorie nelle gare (liriche, drammatiche ecc.) legate alle grandi feste religiose e in cui spesso si concorreva non individualmente ma per tribù.

Storia: Roma

Le più antiche tribù del popolo romano erano tre, Tities, Ramnes, Luceres, corrispondenti alle sue tre componenti genetiche, rispettivamente i Sabini del Quirinale, i Romani del Palatino e gli abitanti degli altri colli boscosi (luci) poi aggregatisi a formare la primitiva città-Stato di Roma. Il territorio dello Stato fu dal re Servio Tullio, verso la metà del sec. VI a. C., suddiviso, a scopo censitario e militare, in tribù locali, quattro urbane, Suburana (le zone basse intercollinari), Palatina, Aesquilina e Collina (zona del Quirinale) e sedici rustiche portanti il nome delle località periferiche dei più antichi gruppi gentilizi che vi avevano i loro terreni: Lemonia, Camilia, Pupinia, Pollia, Voltinia, Romilia, Claudia, Fabia, Horatia, Papiria, Menenia, Aemilia, Veturia, Sergia, Cornelia, Galeria. Con l'ingrandirsi successivo dello Stato, altre tribù vennero formate con i nuovi territori occupati nel Lazio e ai margini di esso: nel 495 la Clustuminia, nel 387 la Stellatina, la Tromentina, la Sabatina e la Arnensis, nel 385 la Pomptina e la Publilia, nel 332 la Maecia e la Scaptia, nel 318 la Onfentina e la Falerna, nel 299 la Aniensis e la Teretina, nel 241 la Velina e la Quirina. Fu raggiunto così il numero di 35. I cittadini dei territori ulteriormente incorporati nello Stato in Italia vennero d'allora in poi iscritti nelle tribù esistenti che perdettero così il loro carattere territoriale, ma conservarono l'identità di popolazione. I comizi tributi fin d'antica età si erano affiancati ai comizi centuriati, in cui erano eletti i consoli e votate le leggi dello Stato, assumendo crescente importanza in quanto vi venivano eletti i tribuni della plebe e votate altre leggi di carattere sociale col sistema della votazione per testa, che aveva luogo nell'ambito di ciascuna tribù indipendentemente dalla condizione personale, e non per censo e per età come avveniva nel comizio centuriato. Il comizio tributo divenne palestra d'incandescenti dibattiti nell'ultima età repubblicana. Quando dopo la guerra sociale del 90-88 la cittadinanza romana fu estesa a tutti gli italici, si tentò d'iscrivere tanti nuovi cittadini in un numero limitato di tribù per evitare che si alterasse l'equilibrio nella compagine statale. La tribù che votava per prima, estratta a sorte, era detta praerogativa e spesso il suo voto influenzava quello delle altre. Il nome della tribù di appartenenza diventò dal sec. I a. C. complemento del nome del cittadino romano. Con l'avvento del principato augusteo i comizi tributi perdettero ogni peso politico. L'appartenenza alle tribù e quindi le tribù stesse perdettero ogni importanza con la Constitutio Antoniniana del 212 d. C. che estese la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell'Impero romano.

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